I T Days? Anglicismo a parte, una bellissima cosa: ma incompiuta. Una giunta lungimirante fu nel 1984 la prima in Italia a chiedere alla città se volesse un progressivo divieto di ingresso dei mezzi privati a vantaggio di bus e residenti. Sirio anni dopo diede un parziale seguito. Il blocco totale per due giorni è un palliativo. Occorre volare, come volò Imbeni, per chiudere davvero e favorire la mobilità sostenibile: perché questo votò il 69,9% dei bolognesi
di Giampiero Moscato, giornalista
Senz’auto si vola, in centro. Perché volare solo il sabato e la domenica? Premetto un dato, per proseguire in chiarezza il mio appello a una chiusura vera e perenne del nucleo storico della città. Quello che leggerete in questo foglio è un pensiero del tutto personale. Non ho consultato Cantierebologna.com, non so come la pensino gli altri soci fondatori. Scrivo da cittadino, non da direttore della testata. Nello spirito più puro di Cb, luogo di incontro tra diversi, purché si rispettino.
È dunque con rispetto che mi dissocio da chi ha aderito con gioia ai “T Days”, come fossero il ritorno all’Aposa di etrusca memoria, quando le trote si pescavano a mani nude là dove sarebbe sorto il Foro romano. A partire dal nome: T Days? Forse fa fico parlare americano. La T, ricordo, sta per i due assi ortogonali della città (Bassi-Rizzoli/Indipendenza), i days, giorni in inglese, indicano la temporaneità del blocco, i sabati e le domeniche. Era difficile inventare un nome italiano? Non sono un creativo, ma uno slogan tipo “A piedi T piace di più” o ancor meglio “Giorni T” magari eviterebbe di parlare come Fonzie, che poi negli Usa è considerato fico, “cool”, perché è il classico italiano, nel loro immaginario. Guarda un po’ tu il mondo.
Happy Days a parte, sono da sempre nettamente contrario alla scelta di pedonalizzare il centro a intermittenza: la fine settimana stop a tutto, bus e taxi compresi, dal lunedì al venerdì tutto come prima. Due giorni di chiusura son meglio che niente, se ne rende conto anche un deluso come me, che ringrazia comunque chi li ha pensati. Ma quei “Giorni T” sono la prova del compromesso al ribasso. Un mezzo cedimento. Un’Incompiuta. Se vuoi volare, vola sempre. Una politica che vola alto passa alla storia e semina bene anche al di fuori del proprio bacino elettorale.
Serve un piccolo ripasso. Bologna, 1984. Avevo 26 anni, ex settantasettino, cuore verde, spirito radical-liberale, anima pacifista, cervello libertario. Molte cose mi facevano vivere il Pci come un totem monolitico su cui fare innesti urgenti di liberalismo. Epperò, cristo, quante cose ha fatto quel Pci lì, il “comunismo all’emiliana”, per rendere questa terra un po’ più giusta e solidale e moderna di altre. Avevo amici americani, inglesi, francesi che venivano a Bologna a respirare un clima e a vedere un modello di amministrazione che non aveva molti eguali nel mondo: il sistema delle scuole di infanzia, dei trasporti, dei servizi, della gestione delle periferie. C’erano problemi anche qua, chi li nega? Ma era un angolo di Scandinavia costruito in pochi anni in una delle aree più povere d’Italia nel dopoguerra: basta guardare le cifre dell’emigrazione da Bologna e dintorni per capire cosa intendo. Dunque, pur da settantasettino che del Pci visse anche la fase della repressione, c’erano cose di quella classe dirigente cittadina e regionale che mi convincevano. Saranno stati pure burocratici e filosovietici (manco tanto), ma vedevano più avanti di altri teoricamente più moderni e occidentali.
Fu la giunta Pci-Psi guidata da Renzo Imbeni a promuovere il referendum in cui si chiedeva se si intendeva «vietare progressivamente la circolazione delle vetture private nel centro storico, per consentire il transito ai mezzi pubblici e ai veicoli dei residenti». Era la prima città d’Italia a porsi la domanda e l’interrogativo non venne da un comitato civico, ma da chi amministrava. Quando la politica vola, vola alto, si diceva. Partecipò al voto l’88 per cento dei bolognesi iscritti alle liste, il referendum passò con il 69,9% dei sì, con un’adesione plebiscitaria tra i residenti in centro e una certa resistenza tra chi viveva sui colli, che avrebbe avuto più problemi a raggiungere la piazza. Passarono molti anni e fu Sirio, finalmente, a dare un seguito a quella volontà prima politica, poi popolare. La tecnologia controllava gli accessi e scovava i furbetti: era fatta. Sembrava l’inizio della vera chiusura. Sembrava…
I T Days non rispettano del tutto quel referendum. Per due giorni rendono bellissima la T (chi lo nega?) ma bloccano o modificano pesantemente per un tratto il trasporto pubblico, insieme a quello privato. Spostarsi da est a ovest il sabato e la domenica diventa un’impresa, con i mezzi pubblici, e per chi ha problemi di deambulazione o anche solo di borse da spostare diventa quasi impossibile. È un sistema provvisorio, che non induce a pensare a quelle migliorie di trasporto e di parcheggio e di mobilità e di ciclabilità che per funzionare bene devono essere permanenti, sul modello delle grandi città del nord Europa. Costringe a continue modifiche, non rende possibili certi interventi in perpetuo. Una bell’invenzione, che non fa decollare l’idea di un trasporto alternativo.
Al prossimo sindaco chiedo di far volare ancora una volta Bologna. Un centro chiuso per davvero, e un piano dei trasporti coerente – con mezzi pubblici che attraversino comunque l’area della T – magari aiutano chi fuma (con l’auto) a smettere.
Photo credits: Andreeew Hoang
una politica che vola alto !!! Aria, futuro, soprattutto un’idea di futuro
Tra i voli di vecchie lodevoli amministrazioni ricordo anche la gratuità dei mezzi pubblici a fasce orarie.
Ho detto già che l’ estensione dei giorni T all’ intera settimana avrebbe come prima conseguenza la fine del deprecato doppio programma dei mezzi pubblici. E soprattutto il ritrovato piacere delle passeggiate in compagnia.
Finalmente, ottima idea come “punto programmatico per il nuovo sindaco”. Aree pedonali e rete TPL sempre uguali 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Un’area pedonale storica che unisca Due Torri, Piazza Santo Stefano e Piazza Maggiore sarebbe una delle più belle per tutti. Bisogna riorganizzare il TPL spostando l’interscambio fuori dal centro, cosa possibile se non decide T-PER a cui questo sistema è molto comodo ma può essere cambiato. Ugo mazza