Dalle parole di Virginio Merola uno spunto per chi verrà dopo di lui. C’è sì bisogno di competenza ma soprattutto di identità di Sinistra, che è fatta di diritti, lavoro, giustizia sociale, ecologia, cultura. È di queste grandi tensioni ideali che si alimenta il buon governo. Se vuole migliorarsi, Bologna non può accontentarsi di qualcuno che amministri bene ciò che già c’è ma di qualcuno che le indichi una prospettiva di cambiamento
di Pier Francesco Di Biase, studente
Sono sinceramente convinto che Virginio Merola sia stato, e sia, un ottimo sindaco. E, come tutta la redazione, sono onorato che abbia scelto questa rivista, pochi giorni fa, per tirare in qualche modo le somme dei suoi dieci anni di governo (qui il testo).
Alle mie orecchie, le sue parole sulle giovani generazioni hanno fatto il paio con quelle pronunciate pochi giorni prima da Romano Prodi, che invitava le stesse all’azione. E forse peccando di presunzione, lo confesso, mi sono sentito chiamato in causa. Spero quindi che il Sindaco non si adiri se prendo spunto dalle sue considerazioni per rivolgermi, da cittadino, a chi verrà al suo posto dopo di lui, condividendo naturalmente l’auspicio che possa essere, senza dubbio, il meglio che la città ha da offrire.
Da ormai troppo tempo la Sinistra, non solo a Bologna, vive nel mito del buon governo. Un mito antico, ma apparentemente inossidabile. Talmente radicato da aver soppiantato, negli anni, qualunque altra narrazione preesistente su cosa la Sinistra sia davvero. Si dice “Sinistra uguale eccellente amministrazione” e tanto basta. Ma la Sinistra, a mio modesto parere, non può e non deve essere ridotta soltanto a questo. E non certo perché non sia vero, ma semplicemente perché una simile riduzione non le renderebbe giustizia.
E si potrebbe anche credere alla vulgata che vuole la nostra come un’epoca post-ideologica, ma non mi pare che questo autorizzi a pensare che possa esistere al contempo anche una politica post-ideale. Perché esiste anche il buon governo di destra, ma io mai vorrei uno Zaia come governatore.
Amministrazione e cultura politica sono due aspetti indubbiamente connessi, ma non sono certo la stessa cosa. Viviamo tempi in cui la politica è sempre più spesso propensa a fermarsi davanti al dissenso di categoria, al parere negativo di un tecnico comunale o a un avviso di garanzia per abuso d’ufficio. A molti questo atteggiamento potrà forse sembrare un esempio di buona amministrazione, ma a me pare si possa dire con certezza che essa non sia un esempio di altrettanto buona politica. Dall’acqua agli occupanti di via Fioravanti fino alle ultime turbolente vicende in Fondazione Carisbo, quando ha dovuto compiere un atto politico, pur controverso, bisogna riconoscere a Merola di averci messo la faccia. E questo, a mio avviso, si fa solo se si ha alle spalle una forte cultura politica.
E dunque c’è sì bisogno di competenza, ma ce n’è altrettanto di identità. E l’identità della Sinistra è fatta di diritti, di lavoro, di giustizia sociale e di genere, di ecologia. L’identità della Sinistra è Cultura. Ed è di queste grandi tensioni ideali che si alimenta il buon governo. Non viceversa.
Se vuole crescere e migliorarsi, Bologna non può accontentarsi di qualcuno che amministri bene ciò che già c’è, o che percorra a testa bassa un cammino prestabilito. Ha bisogno allo stesso tempo di qualcuno che conservi innovando, che soddisfi il bulimico bisogno di contaminazione che questa comunità esprime ogni giorno. Ha bisogno, in poche parole, di qualcuno che le indichi una prospettiva di cambiamento.
Dice bene il sindaco, basta con l’uomo solo al comando. E io aggiungo che se non è giusto credere all’uomo (o alla donna) della provvidenza, non lo è nemmeno pensare che ci possa essere un futuro brillante per la Sinistra se questa si affida a personaggi camaleontici, buoni per tutte le stagioni. Perché la politica sarà anche tattica e strategia, ma è soprattutto ascolto, studio, visione. Si può giocare quanto si vuole dentro e fuori dai partiti, ma senza dimenticare mai che alla porta starà ad aspettarci la vita vera. E da quella non si scappa, esige sempre risposte convincenti.
Ma vorrei spingermi se possibile un poco più in là, per dire che quand’anche venisse a mancare il principio di realtà, cagionevole com’è, non bisogna dimenticare che si può sempre ricorrere al buongusto. Per intenderci: non è carino candidare nelle proprie liste un giovane assessore e poi defenestrarlo il giorno dopo aver vinto le elezioni. N’est pas?
E restando in tema di buone maniere, il politicamente corretto forse ripulisce le coscienze, ma non migliora le cose. Per questo ci vogliono azioni concrete. Alle ultime regionali nella circoscrizione di Bologna una candidata indipendente, credibile e preparata ha ricevuto, da sola, quasi 16.000 preferenze. Nessuno, tra i candidati nella lista Pd, ha potuto altrettanto. Più chiaro di così…
Possiamo mettere in fondo alle parole tutti gli asterischi e le chioccioline che vogliamo, ma resta il fatto che Politica, come Sinistra, è un sostantivo singolare femminile. Sarà il caso di ricordarselo un po’ più spesso, d’ora in avanti, così come sarà il caso di non dimenticare mai la lotta contro la violenza di genere e l’omotransfobia. Del resto anche questa, come quella antirazzista, è una battaglia culturale, ancor prima che politica.
Nell’attesa di vedere all’opera la prossima giunta, aspettiamo senza avere paura il domani. Come me sono tantissime le persone in attesa di vedere una luce, di sentire una voce che parli loro di speranza e futuro dopo dieci anni difficili, iniziati con una crisi economica e terminati con una crisi sanitaria. Chiunque governerà la città cerchi, se potrà, di non deluderle mai.
ll mio consiglio non richiesto a coloro che si candideranno alle prossime elezioni è, banalmente, di essere colombe con gli oppressi e falchi con gli oppressori, senza dimenticarsi mai di volare più in alto dell’ordinario. Perché è soltanto lassù che si trova la grande politica.
Photo credits: Natasha Arefyeva
Un ottimo articolo, come tutti quelli di Pier. Più controllato e mediato degli altri, attento e cortese nei confronti del primo cittadino al quale si rivolge o al quale fa riferimento. Annoto solo che da quando il sindaco è eletto direttamente dai cittadini ed ha il potere di designare, nominare, revocare gli assessori, definire le loro deleghe e cambiarle in corso di mandato, sceglierli anche fuori dal Consiglio ( “adjoint” , come definiti in Francia, sue appendici) e cioè dal 1993 (legge n. 81), egli è giuridicamente l’uomo solo al comando, grazie anche al meccanismo elettorale maggioritario che garantisce non meno del 60% dei seggi alla coalizione che lo ha appoggiato e che difficilmente si discosta dalle proposte della Giunta e una minoranza spesso inesistente.