Mobilità sostenibile, mobilità sicura

È ormai evidente il maggiore traffico di biciclette e monopattini elettrici in ogni zona della città. In un’ottica di espansione della mobilità sostenibile tutto questo è da salutare positivamente, ma avviene senza che ci sia ancora una precisa norma sulla sicurezza e sulle dotazioni da tenere mentre si utilizzano questi mezzi. Per fortuna, la soluzione sembrerebbe a portata di mano

di Ilaro Ghiselli, consulente aziendale


Alcune settimane fa su diverse testate della stampa quotidiana locale sono usciti servizi sull’alto numero di incidenti tra automobili e biciclette in comune di Bologna. Erano più di 150 gli incidenti registrati nel solo mese di maggio.

Pochi giorni prima c’era stato, a Budrio, il primo incidente, purtroppo mortale, tra un’auto e un monopattino elettrico. A Bologna invece, circa una settimana fa in un altro incidente tra un’auto e un monopattino elettrico sono rimaste ferite due ragazze, una in forma lieve e l’altra in maniera più grave.

Mi piacerebbe sperare che questi incidenti siano il frutto della imprevedibilità propria di questi eventi, ma la ragione mi dice che siamo di fronte ad un numero crescente di fatti che potranno avere un  forte incremento. La domanda di biciclette in particolare di quelle assistite elettricamente e la domanda di monopattini elettrici ha avuto infatti un aumento notevolissimo, in considerazione soprattutto degli aiuti messi in campo del Governo per incoraggiare ed incrementare la mobilità leggera individuale al fine di contenere l’uso dell’auto privata, con il conseguente inquinamento, e l’affollamento dei mezzi pubblici in una fase delicata e  purtroppo non ancora conclusa di controllo sui contagi da Covid 19. 

È dunque percepibile visivamente il maggiore traffico di biciclette che vediamo  in ogni zona della città (certo il bel tempo aiuta…) e come siano sempre più numerosi i monopattini elettrici che incrociamo girando per strada. Ma tutto questo avviene senza che ci sia una precisa norma sulla sicurezza e sulle dotazioni da tenere mentre si utilizzano questi mezzi: non parlo di luci e freni ma di utilizzo del casco!

Sono di origini romagnole e la bicicletta mi ha sempre accompagnato. Mio padre, negli anni 50, aveva una società ciclistica ed è stato tra i primi organizzatori del Giro di Romagna; io ho diretto la Mercatone Uno ai tempi di Marco Pantani; ancora oggi mi diverto, con tanti cari amici, a percorrere in un anno alcune migliaia di  chilometri, quasi tutti sulle strade della collina bolognese o in pianura. 

L’unica volta che sono caduto dalla bici, tre anni fa, stavo andando a velocità moderata (18 km/ora) e ho sbattuto violentemente la testa sull’asfalto (per fortuna avevo il casco).  E sapete quale è stata la mia grande sorpresa quando mi sono rialzato incolume? Il casco (certificato per uso sportivo-professionistico) si era rotto presentando una vistosa crepa nel punto di impatto!

Voi vi chiederete perché vi stia a raccontare  questa  mia storia, ma il motivo è presto detto: io andavo a 18 all’ora e sbattendo la testa  ho crepato il casco che me la proteggeva; le biciclette elettriche ed i monopattini elettrici possono andare alla velocità di 25 all’ora ( +40% di velocità d’urto) senza nessun obbligo di indossare il casco a protezione e in prevenzione di incidenti. e vi assicuro che è molto facile, anche con la bici da città arrivare a questa velocità.  

Il fatto che non ci sia una norma di obbligo all’utilizzo del casco non è, a mio avviso, un fatto casuale. Le case produttrici vedono nel casco un possibile limite alla espansione delle vendite dei loro prodotti e ovviamente fanno di tutto  perché non vengano modificate norme del codice della strada che prevedono, oggi, l’obbligatorietà del casco solo per i ragazzi sotto i 14 anni. Basta una rapida occhiata ai loro siti per vedere che non c’è alcun riferimento o consiglio sull’uso del casco quando si usa uno dei loro mezzi. Una analoga delusione viene dai siti di operatori meccanici che lavorano sulla custodia e riparazione delle biciclette a Bologna: anche nei loro siti non c’è alcuna raccomandazione alla prevenzione e alla sicurezza che l’uso del casco può garantire!

Non so a voi, ma a me la mancata obbligatorietà dell’uso del casco per biciclette(elettriche e non) e monopattini elettrici mi suona  come se non fosse obbligatorio allacciare le cinture di sicurezza in auto mentre si guida in città! 

Mi sono dunque chiesto come fosse possibile superare questa lacuna. Credo che non si possa sperare sull’effetto di imitazione, anche se non mancano esempi virtuosi in tal senso. L’obbligatorietà dell’uso del casco in gara per i professionisti dello sci e del ciclismo ha fatto sì che sulle piste da sci  tutti ormai lo indossino (ma anche qui non c’è obbligo se non per i minori), mentre per quanto riguarda i cicloamatori… Se non hai il casco non sei nessuno!

Mi sono chiesto però al contempo se sia possibile e giustificabile sopperire alle lacune normative statali con una azione normativa locale, quale una iniziativa della Giunta della Città e del Sindaco.

La mia ricerca su questa possibile strada normativa mi ha portato alla conoscenza di una puntuale e precisa analisi giuridica sviluppata dal compianto Luciano Vandelli, professore ordinario di Diritto Amministrativo  all’Università di Bologna. In essa, il concetto  di “sicurezza urbana” viene inteso non tanto come garanzia dell’assenza di minaccia ma come rafforzamento di una “prevenzione pubblica positiva”.

In una ottica di prevenzione pubblica potrebbe quindi essere  sostenibile l’emissione di una ordinanza che obblighi tutti i ciclisti di tutte le età e tutti i conduttori di monopattino elettrico ad indossare il casco a tutela e prevenzione della loro sicurezza. E tale intervento mi sembrerebbe ancor più auspicabile considerando il forte incremento di nuove piste ciclabili che l’Amministrazione Comunale sta portando avanti per favorire la mobilità leggera dei cittadini di Bologna.

Oltretutto, l’ordinanza non entrerebbe in conflitto con le normative nazionali, ma semmai potrebbe stimolarle. Scrive infatti Luciano Vandelli a conclusione della sua analisi: “ … sulle questioni di valenza generale, le ordinanze possono essere utili a sperimentare soluzioni; ma una volta individuate regole potenzialmente idonee a tutti i comuni, piuttosto che pensare ad una diffusione a macchia d’olio di ordinanze fotocopia, è più utile individuare quegli aspetti che meritano di essere trattati ad altri livelli (a partire da quello nazionale) e con altri strumenti (a partire dalla legge), concentrando l’ordinanza sulla sua intrinseca e specifica vocazione a modulare regole e interventi in base a concorrenza delle situazioni specifiche” .

In chiusura, mi permetto quindi un invito al sindaco Virginio Merola e alla sua giunta affinché si possa compiere un piccolo passo… scusate… pedalata per  rendere Bologna una città a “prevenzione pubblica positiva”.


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