Se non c’è appoggio del partito non vedo nulla di male nel fatto che una donna cerchi il modo di costruire una sua candidatura
di Barbara Beghelli, giornalista
Ebbene sì: scopriamola, l’acqua calda. Mancano le donne in politica. È una problematica atavica, divenuta simbolica, cultural-civile. Ci si sente più sicuri ad essere guidati da chi porta i pantaloni e si ha timore che la barca abbia una femmina al timone? In Italia sembra sia così. Se poi, in aggiunta, non ci sono partiti organizzati, le donne dove trovano sostegno se intendono fare politica? Il rischio che vengano escluse ancora prima di competere è reale.
Inizia così il dialogo con la teorica della politica Nadia Urbinati, riminese di nascita e bolognese d’adozione, quindi accademica americana dal 1987 con casa a NY dal 1996, tra la 113^ Strada e l’Hudson River.
Giornalista e scrittrice, insegna Teoria della politica alla Columbia University. Quattro mesi all’anno abita sotto le Due Torri, partecipa ai dibattiti nazionali da vicino, e anche a quelli nostrani. Soprattutto dal 12 febbraio, visto che è a Bologna, in semestre sabbatico.
Quando è Oltreoceano le manca, un po’, Bologna?
“Certo. E ho nostalgia di NY quando risiedo qua. Ma con la mente sono sempre in Italia, diciamo che sono immigrata fino a un certo punto. Poi ho mia madre a Rimini”.
Sta seguendo il dibattito sulle prossime Comunali?
“Sì, ma le primarie non mi convincono tanto. Sarà che in America, in questi ultimi anni, hanno contribuito a polarizzare la politica e premiato leader mediocri, più che mediani…”
Qualcos’altro le crea perplessità nel Pd, visto che è l’unico ad usare le primarie?
“È in una fase di ricomposizione un po’ lunga. Andrebbe rivitalizzato. Non sono pochi al suo interno quelli che si impegnano in questo senso, però… Cambierei lo statuto, la struttura interna. Perché così com’è risulta meno portato alla partecipazione degli iscritti e quindi alla circolazione di nuova linfa”.
Per caso rimpiange la vecchia scuola di partito?
“Mancano indubbiamente luoghi di formazione della leadership che siano una pratica di linguaggio pubblico: non possono mica essere esclusivamente le professioni che danno linfa alla politica democratica: avvocati, commercialisti, imprenditori”.
Pare che la prossima tornata elettorale bolognese sarà quasi tutta in salsa maschile.
“Vedo che Cathy La Torre ha alzato la manina, a sinistra. Lei c’è. Non giudico le scelte. Dico solo che se una cittadina vuole entrare nell’agone e se i partiti rendono questa scelta difficile o proibitiva, allora è prevedibile che segua altre strade. Il rischio è che faccia una ‘candidatura di testimonianza’, e quindi resti minoritaria. Ma se c’è qualche donna che se la sente di competere è giusto che avanzi la sua candidatura. Comunque il problema è in tutta Italia. In Europa è diverso. Merkel, Von der Leyen, Lagarde”.
Ma come fa una donna a candidarsi senza il consenso del partito?
“Se non c’è appoggio non vedo nulla di male nel fatto che una donna cerchi il modo di costruire una sua candidatura. È triste doverlo dire. Ma che altro si può fare per rompere l’incantesimo contro le donne candidate in posti di dirigenza? Mettere in moto associazioni? Facile a dirsi”.
Insomma, vale sempre il detto ‘competition is competition’, anche se alla bolognese.
“Sì. Ci vuole un po’ di centrismo? Ok. Un po’ di sinistra? Eccola. Una donna del Pd? Bene. Non si può dire quella sì, quella no: chi decide? Ben vengano le candidature. Del resto, non si sono abbracciate le primarie proprio con questo scopo? Sappiamo bene che c’è una gran competizione di galli; se ci fosse un gallo femmina col rostro, perché non dovrebbe lanciarsi? Ci provi. Mica può qualcuno sentenziare chi è adatta/o e chi no. E poi se si mette in pista che so, Gianluca Galletti, perché non può farlo una signora?”.
Due politiche bolognesi che le piacciono.
“Schlein e Saliera, la ex vicepresidente della Regione. Elly ha dimostrato di avere tempra, certo l’ha fatto per essere eletta, ma perché scandalizzarsi? Si è impegnata molto. Poi è giovane, ha una lunga carriera politica davanti a sé, può fare ancora molto altro”.
E sull’etichetta di ‘semplici bastardi’ coniata dal sindaco, cosa mi dice?
“Ah, beh. È un’espressione coloratissima, che però alla fine fa parlare di Merola più che del problema giusto sollevato da quel termine. E il problema dell’assenza di donne candidate in posizioni forti, rimane”.