Da metà gennaio di quest’anno, le strade raccontavano un invito alla rivendicazione. Oggi, nel mezzo di un’estate che si divide tra rinascita e timore, a quell’invito fa seguito la parte conclusiva del progetto. Ne parliamo con Flavia Tommasini di CHEAP
di Andrea Femia, digital strategist
Ci sono progetti artistici che si sviluppano lungo un arco di tempo abbastanza lungo, tale da prevedere un Vol.1 e un Vol.2; accade per i dischi musicali, accade per i Film e accade sulle strade di Bologna, dove delle camminate disattente si trasformano in momenti di riflessione. Nel 2019 lungo la città iniziavano a notarsi delle affissioni particolari, con domande che appartengono alla società in cui viviamo in una maniera così radicalizzata da apparire più simili a mantra che a veri interrogativi: a chi appartiene il tuo tempo? Chi decide del tuo corpo? Torni mai a casa sola di notte?
Rivendicare qualcosa che è tuo. Un desiderio. A metà gennaio di quest’anno, le stesse strade raccontavano un invito alla rivendicazione. Un caldo monito: Reclaim. Oggi, nel mezzo di un’estate che si divide tra rinascita e timore, a quell’invito fa seguito la parte conclusiva del progetto. Ne parliamo con Flavia Tommasini, che ci racconta non solo Reclaim, ma ci aiuta a capire meglio anche CHEAP.
Flavia, grazie per aver accettato il nostro invito. Partirei da una domanda/sfida: Descrivi Reclaim in un modo che lo capiscano tutti. Ma proprio tutti tutti.
Reclaim è un proposta di riflessione. Nasce da delle domande che partono dalle nostre vite dentro la città in questo momento storico ed è arrivato nell’anno della pandemia, cosa che ci ha portato a estendere ancor di più la riflessione. È un’indagine su come il tempo, il corpo, lo spazio, la città si intersecano con i diritti e la negazione o la riappropriazione degli stessi.
Un multiverso artistico che tiene cura di ogni espressione artistica: Come nasce l’idea di unire tante forme d’arte in un unico progetto?
Credo che questo dipenda dalla natura stessa del progetto. CHEAP è nata ibrida e contaminata e fin dall’inizio si è posta il tema dell’indagare lo spazio pubblico con tanti strumenti artistici differenti. La Call for Artist annuale è sicuramente l’esempio più importante di come lavoriamo e di come è nata CHEAP. Ci rivolgiamo a tutt* e non solo agli artisti: grafici, illustratori, fotografi, designer, street artist, artisti visuali, ma in generale a tutte le persone che vogliono contribuire assieme a noi per creare una grande discussione collettiva e aperta, che si svolge sui muri di Bologna attraverso dei poster.
Punti il dito sul mappamondo e, oceani esclusi, trovi il luogo di un’artista che ha risposto alla call. Vi aspettavate così tanta partecipazione?
Come dicevo è incredibile pensare al fatto che, ogni anno, il tema che proponiamo venga rielaborato in così tanti luoghi diversi: dall’Iran al Messico, dalla Nuova Zelanda alla Cina, passando per l’Europa e la Russia. Dedichiamo molto tempo alla selezione dei poster e alla loro collocazione nello spazio pubblico, ma anche alla loro contestualizzazione spaziale dentro la città. È evidente che parlare di temi come la riappropriazione di diritti, i confini, l’ecologia, il femminismo sia diverso se ti trovi in Brasile piuttosto che negli Stati Uniti, però è incredibile trovare sempre dei tratti comuni di ragionamento con tutte le persone che partecipano alla nostra call.
Sembra non vi fermiate mai. Avete già in serbo qualcosa di nuovo?
Molte cose. Già a settembre usciremo con delle nuove campagne, soprattutto con tante collaborazioni che verranno riconfermate e che ci forniscono molti stimoli per conoscere le realtà culturali della nostra città. CHEAP è di per sé un’indagine, uno strumento che ci permette di conoscere e indagare il territorio attraverso l’arte e la comunicazione.
Finirei con una domanda che NESSUNO ti avrà mai posto: Cos’è CHEAP, come nasce e cosa si propone?
Non è una domanda semplice a cui rispondere. CHEAP vive da otto anni ed è un soggetto in divenire continuo, nasce dall’idea dell’impermanenza e come questa possa lasciare delle tracce. Parte dall’utilizzo della carta sui muri e sviluppa messaggi che con questa tecnica posso essere veicolati dentro la città. Si modifica continuamente perché è la sua natura: CHEAP era un festival che ha deciso nel suo momento più alto di non esserlo più e di diventare un’esperienza più fluida, situazionista, estemporanea. Ci proponiamo di continuare la nostra indagine. Non sappiamo dove ci porterà questa ricerca. L’unica certezza è che continueremo a essere sulle strade e chissà, forse non solo quelle di Bologna.
Photo credits: Michele Lapini
Un articolo molto utile, di servizio, ottimo.
Per uscire da un labirinto di ambiguità dico solo: sono sicura di non aver capito nulla.
Siccome Cantiere Bologna è un indirizzo quanto mai concreto, dove si vuole ragionare di politica – e la politica richiede un parlar chiaro- vorrei che qualcuno traducesse l’ intervista, soprattutto le risposte.