Un gioiello del neoclassico che va assolutamente restituito alla città. Un primo passo sembra essere il fatto che dall’1 al 16 agosto la dimora che strabiliò Napoleone è ritornata a vivere, anche solo per due settimane, ospitando uno spettacolo, Antigone/Nacht und Nebel di Archivio Zeta. Ma serviranno fondi per il restauro e, una volta recuperata, la decisione sul suo destino: un argomento da discutere durante la prossima campagna elettorale
di Ilaria Chia, giornalista
Quando ero alle scuole elementari (non ricordo esattamente se in quarta o in quinta), la maestra Renata Bettini ci portò in gita a Villa Aldini. Già allora (e sono passati parecchi anni) l’interno dell’edificio non era visitabile, così ci dovemmo accontentare di ammirarlo da fuori, seduti sul grande prato, che si protende sulla città come una terrazza panoramica.
Ovviamente a quei tempi sapevo a malapena chi era Napoleone Bonaparte, né mi faceva effetto pensare che l’uomo, che era stato “dalle Alpi alle Piramidi” e “dal Manzanarre al Reno”, fosse rimasto stregato dalla vista che offre il nostro colle. Tanto meno conoscevo lo stile “neoclassico”, che caratterizza la villa, né avrei saputo distinguerlo dal “barocco”, così evidente nell’altra meta della nostra gita, il santuario della Madonna di San Luca. Tuttavia quella villa svettante e solitaria mi è rimasta nel cuore, con la tenace dolcezza di tanti ricordi d’infanzia.
Non so quanti bambini o ragazzi oggi siano stati a Villa Aldini, forse l’hanno intravvista di sfuggita passeggiando per le vie del centro o a malapena l’hanno sentita nominare. Ed è un vero peccato, perché l’edificio, oltre a essere un gioiello del neoclassico, è stato anche il set di un film di Pier Paolo Pasolini.
C’è però una buona notizia. Dall’1 al 16 agosto Villa Aldini ritornerà a vivere, anche solo per due settimane, ospitando uno spettacolo, Antigone / Nacht und Nebel di Archivio Zeta.
La scelta di destinare questo spazio, di indubbia rilevanza storico-artistica, a un’iniziativa culturale è stata dettata, come è noto, da motivazioni contingenti. Tuttavia mi auguro che questo sia il primo passo perché l’edificio, un giorno, possa essere finalmente restituito alla città.
Certo, rimane il nodo dei lavori di ristrutturazione, sicuramente onerosi, in un periodo di crisi economica, aggravata dall’emergenza sanitaria, che a sua volta non mancherà di produrre disagio e disoccupazione. Non sarà facile trovare i fondi, eppure sarebbe bellissimo vedere la villa tornare al suo antico splendore, dentro come fuori. Non è solo una questione estetica, si tratta della nostra storia, di un pezzo di noi.
Altra questione sarà cosa farci, una volta recuperata. A questo proposito credo che le possibilità non manchino. Ne cito solo una tra le tante possibili, dare finalmente una sede degna a un’eccellenza di Bologna, riconosciuta anche dall’Unesco, il Museo della Comunicazione di Giovanni Pelagalli. La questione di Villa Aldini mi sembra un ottimo argomento da affrontare in vista delle prossime elezioni amministrative, nella campagna elettorale che è ormai alle porte. È un tema concreto, che richiede la capacità di trovare risorse e di disegnare il futuro, attraverso un progetto che da una parte valorizzi il nostro patrimonio, dall’altra sia economicamente sostenibile.
Photo credits: Maretta Angelini (CC BY-SA 4.0)