La città sembra essere tornata indietro nel tempo, quando non era ancora una meta turistica. Ci sarebbe bisogno che un settembre energico spazzasse via questi ultimi sei terribili mesi. Io sono un tipo ottimista e la speranza è l’ultima a morire
di Mario Bovina, avvocato
L’agosto 2020 a Bologna sembra la meta di un viaggio a ritroso nel tempo. Pare di essere tornati ai mesi di agosto di quando Bologna non era ancora nota e apprezzata come meta turistica di massa.
Agosti torridi, strade deserte, esercizi commerciali talmente e tanto chiusi da rendere necessarie rubriche sui quotidiani per segnalare i pochi rimasti aperti. Bassa marea umana che lasciava emergere gli emarginati di ogni genere e specie a formare un’onirica e strampalata truppa d’occupazione della città.
Dilatazione del tempo e irriconoscibilità degli spazi, stravolti dal vuoto umano. Senso di naufragio, bisogno di altri con cui condividere l’ingrato destino dell’agosto cittadino e conseguente diffusa disponibilità a brevi e roventi storie d’amore. Opportunità impensabili nei restanti mesi dell’anno.
Ma non è tutto. Quello del 2020 è un agostone, un agosto eterno idealmente cominciato con l’imposizione del lockdown i primi giorni di marzo, con la città desertificata e silente, molti esercizi commerciali serrati, le scuole chiuse, i radi passanti divenuti alieni a causa dell’uso della mascherina e un crescente senso di estraniazione. Con una riapertura rapidamente scivolata in una prolungata vacanza di massa, che ha riempito le località turistiche e svuotato le città.
Permane un clima lattiginoso, un umore nella migliore delle ipotesi altalenante e un senso di vaghezza e incertezza. Perché mentre negli anni passati il 31 agosto segnava la fine della lisergica agostana Bologna, quest’anno il confine temporale non è netto, col rischio che la città si strascini un po’ allucinata in ciabatte, pinocchietti e mascherina fino ai primi freddi.
E invece ci sarebbe bisogno che l’agostone finisse e un settembre energico spazzasse via questi ultimi sei terribili mesi. Io sono un tipo ottimista e la speranza è l’ultima a morire.
Photo credits: Gilles Desjardins