Elezioni 2021, i sogni metropolitani di Virginio Merola

Un unico comune che associ tutti quelli della provincia soppressa e concentri le loro risorse in un ente esponenzialmente più forte è la nuova idea che appassiona il sindaco di Bologna e che potrebbe farlo decidere a ricandidarsi, dopo il doppio e insuperabile mandato a Palazzo d’Accursio. Ma per riuscire dovrebbe superare i veti incrociati che da anni attanagliano il Pd e già ostacolano la successione da lui avanzata lanciando una coalizione di “semplici ma esperti bastardi”

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Virginio Merola si ritiene un uomo fortunato. Da bambino arrivò a Bologna da Santa Maria Capua Vetere e sognò di diventare primo cittadino della città che lo accolse con apertura e benevolenza. E il sogno si realizzò, dopo alterne e tragiche vicende politiche. Da adulto maggiore, dopo essere stato eletto sindaco per due mandati della città, sogna ora che sia istituita la “Grande città metropolitana” con tutti i comuni provinciali e di diventare sindaco dell’estesa metropoli di circa un milione di abitanti.

Il sogno questa volta sarà più difficile che si avveri, anche se il percorso appare più lineare. Questi vecchi e nuovi sogni il sindaco li ha dichiarati nella tradizionale intervista di Ferragosto rilasciata al bravo giornalista Valerio Baroncini del Resto del Carlino, edizione di Bologna, a cui nel finale ha riservato, sorridendo, la chicca. Eccola:

«E per questo lancio un’ultima proposta-provocazione: perché non pensare a un unico maxi Comune della Città Metropolitana? Perché non unire città, pianura, appennini. Pensate ai fondi che ne deriverebbero e alla potenza di fuoco che avremmo… Sarebbe una nuova città, più forte e più giusta, non omogenea. E se servisse un sindaco… beh, potrei pure candidarmi».

Il disegno della Grande metropoli l’ha tenuto a lungo nel cassetto e solo ora è svelato, e lo fa prima di lasciare libera la poltrona di Palazzo d’Accursio. Merola vuole da instancabile tessitore predisporre l’occupazione delle caselle del potere locale a breve e a lungo termine. Ci riuscirà? Ho l’impressione che debba fare i conti con dirigenti e cacicchi del suo partito affamati di potere e d’incarichi, sempre votati a un’irresponsabile guerra interna, non escluso il fratricidio e il rischio di perdere una competizione anche quando è facile da vincere.

Un esempio è quella che sembra una scontata successione dell’unico bastardo già di fatto pronto per competenza ed esperienza alla corsa a futuro sindaco, che ha scatenato all’interno del Pd e del centrosinistra un pullulare d’intrighi e di commerci che sconsiglierebbe a una persona perbene di scendere in campo. I soliti sabotatori ed elemosinieri mandano a dire al sindaco uscente che come allenatore della squadra dei ‘bastardi’, messi in campo perché uno di loro possa divenire il candidato unico del Pd e poi del centrosinistra nelle elezioni comunali del 2021, non può deciderlo da solo, deve venire a compromessi.

Non parliamo nemmeno dell’ipotesi che lui si ricandidi a uomo forte del futuro, a quello che può unire ciò che l’antica via Emilia divide. Sarebbe crocefisso se volesse essere lui il promotore verso il 2025 dell’aggregazione territoriale città-provincia e di un unico sistema di governo, includendo nella Grande metropoli Bologna la pianura e gli Appennini.

Il progetto è audace, complesso e richiede un robusto concorso d’intelligenze multi professionali nella programmazione e organizzazione di una metropoli futura, “Smart city” e “Smart people”, e come tale europea e competitiva nel mondo. Basti solo pensare a cosa potrebbe divenire l’attrazione turistica strutturando un sistema che metta insieme molteplici centri e periferie, realtà grandi e piccole, storiche e moderne. Di fatto costituirebbero una rete di risorse paesaggistiche, ambientali, artistiche, museali, gastronomiche e di tanto altro di bello e d’interessante. Un territorio tutto da ridisegnare con siti facilmente visitabili, velocemente raggiungibili e impeccabilmente ospitali.

Una rivoluzione, il sogno della Grande metropoli, che segnerebbe una rottura, una radicale svolta rispetto a una città e a una comunità soddisfatte dell’essere ‘piccole e sicure’. Di certo si può dire che a Virginio Merola non manca la determinazione e la voglia di affrontare il nuovo e chi lo combatte. Sembra non temere avversari agguerriti all’interno e all’esterno del suo partito. Sempre nell’intervista di Ferragosto ha dichiarato di sentirsi «esperto, forte e sereno», beato lui.

La sua visione della Metropoli futura è posta con coraggio. Quello che manca, e non è poco, è con quali forze politiche si possa mettere in cantiere un tale progetto. Non certo con gli attuali partiti della sinistra e con le loro attuali alleanze di governo. Non certo con i soliti leader, dirigenti e feudatari che da decenni sono incollati alla sedia e passano da una carica all’altra.

C’è bisogno di leader nuovi, di giovani dalla faccia pulita, di audaci con la loro viva intelligenza, di gente come le 6000 Sardine, di costruttori generosi, di super esperti e di eccezionali competenze. Nella società civile più che nelle file dei partiti del centrosinistra si trovano già questi giovani, queste persone, questi volontari, queste risorse umane e tecniche. Prima di qualsiasi ambizioso progetto di Grande città metropolitana bisogna fare i conti con la miseria di questi partiti e con il galleggiare di questa politica in una realtà già affossata dalla pandemia. Chi organizzerà, coordinerà e rappresenterà il nuovo che avanza nella società civile?

Photo credits: PES Group Committee of the Regions (CC BY 2.0)


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