Non si sgomberano gli invisibili

Di fronte a vecchie e nuove marginalità, la presidente del quartiere Santo Stefano e il portavoce nazionale giovani di Fratelli d’Italia preferiscono nascondere la polvere sotto al tappeto e ricorrere allo sgombero di “clochard molesti e violenti” e “accattoni”. Per noi volontari un motivo in più per rafforzare la nostra rete di solidarietà. Perché non c’è niente di alternativo o di innovativo nel reprimere, nel far finta di non vedere, nell’essere infastiditi o inorriditi dalla povertà e dal disagio sociale

di Laboratorio di Salute Popolare


Come Laboratorio di Salute Popolare abbiamo vissuto molto da vicino il quartiere Santo Stefano e in particolare la zona di Porta Castiglione in piena pandemia. E lo abbiamo fatto attraverso varie attività svolte nel corso di diverse settimane. Dalla distribuzione di Dpi e dépliant informativi contenenti le principali norme di sicurezza da adottare, alla diffusione di tutti i numeri da contattare per ogni tipo di emergenza abitativa/legale/sanitaria, alla distribuzione serale di pasti e bevande, quest’ultima nata inizialmente come attività di affiancamento alle Staffette Alimentari Partigiane di Ya Basta, Tpo, Làbas e poi portata avanti dalle e dai nostr* volontar* anche dopo la loro conclusione. 

Abbiamo costruito una rete di attività solidali poiché crediamo fortemente che i bisogni di salute degli invisibili non siano accolti purtroppo ancora oggi dal nostro Ssn e che, anzi, siano stati ulteriormente aggravati dalla pandemia. Porta Castiglione è stato quindi per noi un punto di partenza in cui poter raccogliere tali bisogni per poter poi cercare di darvi risposta, fornendo assistenza medica e psicologica gratuita ai senza fissa dimora, a coloro i quali vengono definiti – e, di fatto poi, trattati – dalla presidente del quartiere Santo Stefano e dal portavoce nazionale giovani di Fratelli d’Italia come “clochard molesti e violenti” o”accattoni”. 

Per noi e per chi come noi vede in tali situazioni di marginalità (peraltro fortemente diffuse in tutta la città) un motivo in più per lottare contro un sistema fin troppo esclusivo e per niente inclusivo, trovare soluzioni “alternative” NON significa attivare una task force che effettui sgomberi quotidiani. Invece di provare ad immaginare nuovi canali o a potenziare quelli già presenti sul territorio al fine di garantire un’esistenza degna a queste fasce sociali – come un percorso sui dormitori, sulle cure mediche, sulle residenze, sui servizi mensa o ancora sui supporti psicologici – si decide in modo reazionario di spostare il problema e chiudere gli occhi, nell’ottica strategica di rendere lo spazio cittadino destinato all’uso esclusivo di chi è capace di garantirsi un’esistenza pulita, brillante, funzionale, smart e produttiva.

Il modello è chiaramente ancora di stampo capitalistico “vittoriano”: l’emarginato non è considerato come il prodotto di un sistema che non funziona, ma semplicemente un individuo incapace di sopperire da solo ai suoi bisogni, dedito all’accattonaggio, alle tossicodipendenze e pericoloso per i bravi cittadini. La colpa – come il successo -in quest’ottica è individuale, mai collettiva. Ma è chiaro che non c’è niente di alternativo o di innovativo nel reprimere, nel far finta di non vedere, nell’essere infastiditi o inorriditi dalla povertà e dal disagio sociale. 

Proprio per questo motivo continueremo, con ancora più forza, a cercare di costruire una rete, intessuta con il prezioso aiuto di tutte le altre realtà sociali che come noi vedono nell’essere solidali, nell’includere, nel dar voce agli invisibili, l’unica soluzione alternativa possibile.


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