Empiria: educare innovando, all’ombra degli alberi

Continua il nostro viaggio nel mondo dell’educazione e della formazione, con un focus speciale sugli spazi formali e informali che la città offre ai bambini e alle bambine. Il nostro approfondimento di oggi ci porta nel quartiere Savena dove muove i suoi passi il progetto di Empiria – imparare facendo

di Cristian Tracà, docente


Cominciamo dalla classica domanda. Quando e come nasce l’idea di Empiria? Empiria nasce nel 2019 dall’incontro di quattro amici con esperienze lavorative diverse ma complementari sul piano della realizzazione di un progetto educativo. L’idea era quella di unire le forze e le diverse conoscenze per creare uno spazio – fisico e immaginario – dove i bambini potessero giocare liberamente in natura e, soprattutto, imparare facendo. Ai tempi delle nostre prime “chiacchierate” il motore che ci spingeva era sicuramente l’entusiasmo di creare qualcosa insieme e di mettersi in gioco scommettendo sulle nostre capacità ma, pian piano, a questo si è aggiunto un altro obiettivo. Abbiamo cominciato a pensare “in grande” e a capire quanto potesse essere utile e benefico per i bambini creare un’alternativa all’educazione formale in una città come Bologna, ricca di offerte e con un gran fermento culturale, certo, ma pur sempre città, caotica e urbana come tutte.

Durante e dopo il lockdown si parlava molto di ripensare il modello didattico dando spazio al tema dell’esperienza e dell’outdoor. Molto rumore per nulla o notate che qualche passo avanti di consapevolezza si sia fatto?

L’essere umano, purtroppo, ha sempre bisogno di grandi momenti di crisi per ristabilire  le priorità per il benessere psicofisico e un equilibrio con l’ambiente. Durante la quarantena, come tante volte in passato, si è riacceso il dibattito politico e sociale sui metodi didattici della scuola italiana. Purtroppo, però, una cosa è la consapevolezza di noi cittadini, un’altra è discutere sul piano della politica dei fatti. Si sa, i cambiamenti sociali richiedono più tempo e pazienza. Prima di tutto dovrà cambiare la scuola formale, in quanto istituzione fondamentale e punto di riferimento per ogni cambiamento reale nella cultura di un paese. Siamo convinti che i cittadini di oggi, in quanto individui, si siano resi conto, durante la quarantena, di quanto sia importante ripristinare un contatto diretto e genuino con la natura.

Tempo fa in un articolo di Cantiere abbiamo fatto notare come la scuola fosse ancora di stampo tradizionale gentiliano, nonostante molte riforme. Qual è la vostra percezione?

 Abbiamo la sensazione che la scuola italiana pensi più ad aggiornarsi sul piano digitale e materiale che su quello contenutistico e metodologico. Finché penseremo a inserire nei programmi educativi solo nuovi strumenti tecnologici e digitali, senza pensare ai valori che stiamo trasmettendo agli adulti di domani, la scuola cambierà solo copertina, conservando la stessa anima.

Possiamo raccontare qualche progetto che avete in mente?

“I pomeriggi di Empìria” da ottobre 2020 vedrà coinvolti bambini dai 3 ai 10 anni. Ciò che proponiamo sono giochi all’aperto, attività ludiche in inglese, il gioco della capoeira e lavori manuali con professionisti del settore. Oltre ai pomeriggi, offriamo anche la possibilità di iscriversi alle stesse attività di mattina. Tutto, ovviamente, nel rispetto delle regole vigenti riguardanti il Covid-19.

Il vostro laboratorio di Bologna come lo avete pensato?

Il progetto avrà come punto di riferimento la Sala Camino, una graziosa sala gestita dagli amici dell’associazione SALTinBANCO in zona Savena a Bologna. Chiaramente, tutte le attività saranno svolte all’aperto nel parco antistante la struttura, nella quale ci “rifugeremo” solo in caso di condizioni meterorologiche avverse. Gli incontri Empìria sono pensati come momenti di libertà e gioco in un ottica non direttiva. Questo vuol dire che l’attività ha una sua organizzazione e struttura sommaria ma gli operatori daranno ascolto prima di tutto alle necessità e ai desideri dei bambini. Insomma, si faranno giochi in inglese, si danzerà la capoeira, ci si arrampicherà sugli alberi, si esplorerà la natura, si intrecceranno fili e si lavorerà con le mani ma sempre con l’obiettivo di fare esperienza e non di imparare semplici nozioni.

A Bologna la cultura di rete è fondamentale. Ci sono altri soggetti con cui entrerete in relazione per fare delle proposte?

La prima associazione con la quale abbiamo interagito è stata Saltinbanco, dove svolgeremo le attività del nostro progetto. Crediamo che, in un settore come quello dell’associazionismo, il mantra da ripetere sia “l’unione fa la forza”. Solo attraverso la collaborazione e il sostegno reciproco si può creare qualcosa di bello ed efficace. Sin dall’inizio abbiamo assunto questo atteggiamento, guardandoci intorno e cercando di entrare in contatto con realtà amiche, non sempre è andato a buon fine ma siamo convinti che in futuro andrà meglio. Per esempio, siamo all’interno di Cinnica, la consulta per una città amica dei bambini e stiamo dialogando con Family Share Bologna, un progetto europeo basato sull’aiuto e sulla solidarietà tra famiglie. Oltre al mondo dell’associazionismo, entreremo sicuramente in contatto con i vari asili nel bosco che ci sono nel territorio, con le istituzioni e con le scuole pubbliche per proporre collaborazioni e progetti paralleli e complementari alla didattica formale.

In queste settimane i candidati a sindaco stanno cominciando a definire le loro proposte. Avete un suggerimento da dare sui temi del gioco e dell’educazione?

Desidereremmo una città più a portata di bambino, con strade e spazi pubblici più sicuri e pronti ad accogliere i bambini. Ciò che suggeriremmo ai vari candidati a sindaco è quello di rimanere in ascolto e considerare ogni proposta fatta da chi dell’educazione e della scuola ha fatto il proprio mestiere. In un settore così importante e delicato, infatti, i politici -se non esperti di questi temi- non possono fare altro che accogliere le varie iniziative e fidarsi di chi i bambini li conosce nel profondo. Quindi, più spazi verdi, più educazione all’aperto, più comunicazione tra scuola formale ed enti di educazione non formale e, soprattutto, più sostegno alle famiglie bisognose e alle associazioni che si occupano di educazione all’aperto. Perché imparare facendo e in natura è il futuro della scuola, su questo non ci sono dubbi. Si può scegliere di assecondare il cambiamento oppure di rimanere avvinghiati a vecchi sistemi non più funzionali.

Per ulteriori informazioni: www.educazione-empiria.com


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