Matteo Lepore ha il merito di aver attivato un dialogo ed un dibattito che, come ha fatto notare Romano Prodi, non sono altro che gli strumenti democratici destinati alla costruzione del consenso. Questo dialogo-dibattito mi attira e mi spinge a dare un piccolo contributo, innestato sulla proposta di Lepore e sui suoi pilastri fondativi (sociale, ambiente, economia, città della scienza e dei giovani)
di Flaviano Celaschi, professore ordinario, Dipartimento di Architettura Unibo
Bologna è una magica città nella quale vive la capacità diffusa di integrare sostanza e materialità concreta con creatività e cultura. La manifattura internazionalizzata vive accanto alla scienza, ma anche all’immaginazione creativa, nutrendosi e sostenendo nel contempo le condizioni sociali e culturali che intessono il territorio. Non è possibile togliere uno di questi elementi alla costruzione di Bologna; economia, sociale, cultura e creatività, manifattura, cibo, qualità della vita, sono elementi intrecciati ed indissolubili tra loro.
Non è stagione di voli pindarici, ma di paziente esercizio dell’ascolto di più persone possibile, di comprensione profonda delle regole di questo gioco e di registrazione attenta degli stimoli, da qualsiasi parte giungano. Abbiamo davanti alcuni mesi per aprire i cancelli e far entrare energie e passioni, registrare sofferenze e critiche, ammettere i problemi legati all’emergenza ed agire subito laddove i tempi della pandemia non potranno attendere quelli della democrazia.
Insomma un paziente lavoro sistematico che assorbirà tanta energia e richiederà alcuni strumenti nuovi per ascoltare, registrare e cercare di capire, elaborando soluzioni e innovazioni, perché la Bologna post covid19 è una città che si aspetta di essere ascoltata, perché la Pandemia non è finita e perché altre ne verranno e forse non saremo più gli stessi di prima.
Ma intanto che questo processo si innerva ed emergono i dettagli della situazione che stiamo vivendo è indispensabile immaginare un canovaccio generale intorno a cui intessere le cento trame possibili. Parallelamente è importante elaborare i segnali che già abbiamo raccolto, fare sintesi delle esperienze, conoscere le tendenze, capire le tecnologie, valorizzare la nostra storia e il nostro patrimonio, immaginare futuro e condividere valori che sono il livello più alto delle organizzazioni da cui dipendono le strategie e le tattiche. In poche parole serve giocare d’anticipo e progettare, ce lo chiedono l’Europa e lo Stato per affidarci risorse, ce lo chiedono i tempi difficili della concertazione sociale.
Per parte mia provo a introdurre in questo dibattito, che spero aperto e ricco di punti di vista ed esperienze, un pensiero sul rapporto tra la Città di Bologna (in questo caso la sua amministrazione) e i centomila cervelli che sono gli studenti, i ricercatori e i professori che ogni anno la popolano per frequentare una delle scuole di livello universitario che qui hanno sede, siano esse l’Alma Mater, le altre venti istituzioni che erogano formazione di alto livello universitario nella nostra città o il fenomeno crescente delle Corporate University o Academy Aziendali.
Centomila cervelli di studenti e ricercatori di livello universitario (nei migliori anni della loro vita intellettuale e fisica) producono idee, fanno progetti, studiano problemi reali, fanno volontariato sociale, si calano nei temi se questi gli vengono offerti, se qualcuno li cerca, li valorizza, li organizza e li paga. Davvero un incredibile esercito in erba che in momenti di emergenza come questo sarebbe bene arruolare. Chi non ricorda la bellezza, anche estetica, degli universitari del ’66 che diedero il loro aiuto alla Firenze sepolta dal fango?
Ma perché tutto questo accada, bisogna sgombrare il campo dall’idea che gli studenti siano dell’Università, che il Magnifico Rettore sia l’unico a dover provvedere a tutto questo, che questi giovani siano i soldatini del suo esercito. L’Università di Bologna è stata inventata dagli studenti, i quali, ancora oggi, non sono i clienti-utenti di un servizio (come fossero consumatori), ma coloro senza i quali semplicemente essa non esisterebbe.
Forse è arrivato il momento, nel senso che la Pandemia esige, di avere un vero e proprio “esercito della salvezza” fatto di queste energie e di questi cervelli. Nell’epoca della blockchain, dobbiamo insistere affinché siano decentrati e disintermediati dall’Università e trattati come gli adulti senzienti che sono (e che votano). Auspico un’amministrazione capace di ingaggiarli in questa Comunità e di valorizzarli come individui e come professionisti. Capace di far diventate Bologna davvero la loro città.
Photo credits: Marco Testi