Dall’inizio del Covid mai vista tanta felicità in giro per la città, che appena poco tempo fa piangeva per essere ritornata una città di taglia piccola. Eppure è la sua fortuna. A Firenze il palinsesto è obbligato, a Bologna è libero e non meno generoso. Puoi decidere Tu cosa vedere, gli assembramenti sono meno oppressivi. Non è frenetica. È pacioccona. E ha un ritmo jazz: non improvvisato ma molto personale
di Luca Corsolini, giornalista
È successo in modo talmente inatteso che mi sono segnato il momento, magari è un capitolo importante. Venerdì 25 settembre, ore 17.40: sono in taxi, in piazza Maggiore, fermi al passaggio pedonale a vedere quanta gente ci sfila davanti. Non riesco neanche a chiudere la domanda, “Ma …”, che il tassista mi dice: era da prima del Covid che non vedevo tanta gente in centro. Il tassista è lo stesso che mi ha appena confessato di essere stato fermo 90 minuti in aeroporto e che ha aggiunto: “Quest’anno ho parlato inglese solo 4 volte “.
Ma qualcosa è effettivamente successo perché anche adesso, sabato, 13.30, tornato a casa da un lungo giro in centro ho addosso lo stesso senso di meraviglia, di felicità quasi, e che non sia una esagerazione me lo dice una passeggiata in centro venerdì a Milano che mi ha intubato in pensieri tristi.
Cosa è capitato, insomma? Fino a venerdì eravamo ancora in lutto per la scomparsa della X dalla taglia XL faticosamente guadagnato, piangevamo l’azzeramento del turismo, delle lezioni universitarie in presenza, degli incontri di affari. E oggi invece dobbiamo, oggettivamente, far festa, fosse anche solo per un week end. E prendere appunti.
Nell’epoca non finita, speriamo non infinita del Covid, non ci si afferma solo per attività positive e propositive, ma anche e forse soprattutto per negazioni. Bologna non è una grande città, la metropoli che fa paura. Al tempo stesso è abbastanza grande, come fosse la testimonial ideale del manifesto degli architetti Less is more, meno è meglio, essere piccoli è un modo intelligente di essere grandi.
Bologna non è una città Sky, come Firenze, ma è una città mySky. E questa so bene di doverla spiegare. A Firenze il palinsesto è obbligato: Uffizi, Duomo, Palazzo Pitti, Piazzale Michelangelo. L’offerta obbliga la domanda a lunghe code, a percorsi obbligati, se perdi il Tuo turno sei fritto, e comunque lasci sul piatto un abbonamento pesante, se restiamo alla metafora televisiva: paghi anche per quello che non vedi o per quello che gli orari Ti hanno negato. A Bologna invece il palinsesto è libero: non meno generoso, a guardarci bene, e comunque capisci subito che è la domanda a guidare l’offerta, scegli Tu i programmi, gli orari, cosa vedere e anche cosa rivedere. Paghi quello che consumi, niente di più, eppure ti accorgi benissimo di quanto è bello passeggiare per la T, perché pure gli assembramenti sono mobili e meno oppressivi, riesce facile il calcolo di quante mascherine ci sono in giro.
Magari è solo la suggestione di un week end, o forse è un indirizzo che dovremmo considerare importante come ogni buon consiglio: nelle negazioni Bologna ha trovato una sua affermazione. Anche perché Bologna non è lontana, è vicina a tutto e a tutti, geograficamente e anche emotivamente. Bologna non è una sola idea, è tante idee. E pazienza se il tuo taxi resta fermo qualche minuto a un passaggio pedonale: Bologna non è frenetica, è pacioccona, ha un suo ritmo, jazz verrebbe da dire, tra il classico e il rock: non improvvisato ma molto personale.
Photo credits: Fred Romero (CC BY 2.0)