Nata il giorno della caduta del fascismo, è la prima donna a capo dell’Anpi
di Barbara Beghelli, giornalista
Il motto ‘Resistere-resistere-resistere’ è ancora attuale. Tre-parole-tre contro la negazione della storia antifascista e delle stragi di civili volute dai nazisti. Un concetto che si sposa bene con l’attività di Anna Cocchi, presidente dell’Anpi Bologna. Una signora dai forti ideali, che la memoria storica mantiene vivi, giorno dopo giorno, anno dopo anno Perché “la Resistenza non è una ricorrenza” ma, un esercizio continuo di liberazione che abbraccia il tempo, passando dall’esperienza del passato al presente, che guarda con attenzione al futuro.
Nata il 25 luglio di 71 anni fa, guarda caso la data della caduta del fascismo, è la prima donna a capo dell’associazione nazionale dei partigiani. Laureata in Economia e commercio, per 16 anni ha lavorato nel negozio dei genitori. Poi la politica le ha chiesto una mano. Il Pds, i Ds e infine il PD. Ex sindaca di Anzola, assessora poi consigliera provinciale, è amministratrice unica dell’azienda di servizi Asp Seneca. Divorziata, ha una figlia, Samanta. Ed è nonna di Alessia e Michela, di cui va molto orgogliosa e a cui consiglia sempre di studiare-studiare-studiare.
Partiamo dall’attualità. Il referendum: per voi non è andato benissimo.
“Mi è dispiaciuto che non ci sia stato un risultato più lusinghiero, ma a Bologna il voto dei no è stato alto. Ora sono preoccupata. Spero si percorrano le strade auspicate da Anpi, che non venga esclusa la rappresentatività”.
Quindi alla Festa dell’Unità eravate in casa nemica?
(per fortuna ride) “No, no. Il PD mi ha subito assicurato: “qui vige il plurale, siete i benvenuti”. Eravamo presenti con l’Osteria Partigiana, per noi è stata la prima esperienza alla Festa, lo considero un atto di coraggio, una scommessa, di tempo ed economica. Ma è andata benissimo, 150 volontari, 2.400 avventori … sono venute tante persone per conoscerci e parlare, studenti soprattutto”.
Giovani?
“Sì, l’Anpi conta tanti ventenni e trentenni, mica solo anziani partigiani. Sono molti di più di quelli che possiamo immaginare, davvero. Facciamo anche dei corsi di formazione, il prossimo al quartiere Santo Stefano, c’è ancora posto, per chi volesse partecipare. È dal 2016 che c’è stato uno scatto, dovuto all’azione di difesa della Costituzione. Molte sono ragazze e c’è una potenzialità immensa in loro: noi cerchiamo solo di coglierla. Sul nostro sito ci sono tutte le iniziative”.
Quanti siete a Bologna?
“6600 iscritti e mi auguro che aumentino. Alla kermesse del Parco Nord si sono iscritti in 300. Ci sono tante persone e molti ragazzi che hanno voglia di parlare con noi, capire la storia e sapere le nostre programmazioni”.
Quale motivazione l’ha spinta ad avvicinarsi alla realtà Anpi?
“Mia zia, moglie del fratello di mio padre. Scappò da Marzabotto, uccisero 8 suoi familiari. Io avevo 6 anni. Ascoltavo i suoi racconti gonfi di disperazione, immagini senza ritorno. È morta pochi mesi fa nella residenza Seneca, a 92 anni. Le operatrici sapevano la sua storia, ma col tempo lei era diventata particolarmente silenziosa. Chissà che pensava”.
Cosa rappresenta per lei Monte Sole?
“Un posto dove tutti dovremmo andare, grandi e piccini. Per ascoltare cosa dicono i sassi, gli alberi, il cielo. È un luogo sacro che parla di sacrificio. La nostra memoria”.
Rimprovera qualcosa alla politica dell’oggi?
“Sì, di aver chiuso la Provincia e perso in gran parte il controllo del territorio, dall’ambiente ai rifiuti, al clima. E siccome indietro non si torna mi auguro che venga realizzata la redistribuzione della forza lavoro, ci vorrebbero molte più persone”.
Quando lei è diventata sindaca, nel 1995, eravate 12 in tutta la provincia.
“Vero, ma oggi ci sono parecchie brave giovani amministratrici alla guida dei nostri comuni. E aumenteranno, sono fiduciosa”.
Il suo consiglio alle ragazze, nipoti comprese.
“Dico loro di formarsi per essere padrone di sé. Occorrerebbe che lo Stato le aiutasse ad individuare le occupazioni mancanti: medici di base, infermieri, assistenti di base. Chi ci governa deve saper risolvere il presente e proiettarsi nel futuro”.
Complessivamente le vittime di Marzabotto, Grizzana e Vado di Monzuno furono 1.830. Fra i caduti, 95 avevano meno di 16 anni, 110 ne avevano meno di dieci, 22 meno di due, 15 meno di uno. Il più giovane si chiamava Walter Cardi: era nato da due settimane, oggi avrebbe 76 anni. Da molti anni il presidente del ‘Comitato per le onoranze ai caduti’ è Valter Cardi, stesso nome del piccolo trucidato, suo zio. Erano otto i fratelli Cardi, ma i tedeschi ne risparmiarono solo due, che rimasero anche orfani di padre, nell’eccidio più grande che si ricordi. E fu proprio allora che fecero una promessa a se stessi: il primo figlio maschio della famiglia si chiamerà Valter, e così fu. Il resto è storia d’oggi: resistere-resistere-resistere.