Per la sindaca di Monte San Pietro le primarie non si devono fare per forza, non è un esercizio di democrazia farle. Parlare di temi invece sì
di Barbara Beghelli, giornalista
Altro che mezzi toni. La voce limpida e piena di Monica Cinti, prima cittadina di Monte San Pietro, Comune che supera i 10mila abitanti, emana note nette. Iscritta al Pd fin dal suo sorgere, appassionata di temi ambientali, crede nell’innovazione sociale territoriale, che parte dai bisogni della collettività per approdare alla tecnica. Ha un marito e tre gatte: Covin, Silla e Trilly. Anche il suo percorso è nitido: consigliera comunale nel 2009, assessora al turismo, ambiente e promozione territoriale nel 2014, eletta sindaca nel 2019 con una coalizione di Pd, sinistra e verdi. 40,49 % i voti ottenuti, 50 anni non ancora compiuti.
Le chiedo innanzitutto come va, mi risponde con una battuta: “Ha una domanda di riserva?”. Scherza, ma neanche tanto: è il primo giorno di mini-coprifuoco ed è seriamente preoccupata.
Siamo in stato di allerta, come l’hanno presa dalle sue parti?
(Lungo sospiro) “È tutto molto sfidante, la situazione dei numeri è allarmante. Hanno stretto su tutto privilegiando scuola e lavoro, per evitare di chiudere. Chiedono di uscire solo per necessità e qui sono tutti esterrefatti, anche perché gli iter della sicurezza li hanno seguiti alla lettera, ma nel giro di due giorni tutto si è capovolto. I dubbi sono tanti, mi scrivono di continuo”.
Cosa chiedono?
“I ristoratori scongiurano di rivedere gli orari pomeridiani, sono arrabbiati e affranti. Non vedono la loro attività come pericolosa. Poi in un Comune appenninico, se non aprono per cena, quando lavorano? Non ci sono aziende che fanno i pranzi, qui”.
Pensa che siano ingiuste queste nuove restrizioni?
“Potevano ascoltare di più le Regioni e legare fon da principio le ‘strette’ all’indice Rt (livello di contagio). Le persone si sono subito rivolte ai sindaci, noi siamo loro vicini, ma l’amministrazione può dare solo piccole soluzioni, o restringere ancora di più”.
Il sindaco della città metropolitana ha detto che questo non è il momento delle polemiche.
“Per fortuna abbiamo ancora libertà di pensiero e possiamo parlare. Lo capiamo tutti che le condizioni si sono molto aggravate nelle ultime due settimane, però alcune scelte ci lasciano basiti. La messa si può fare, il cinema no: perché? Va spiegato. È un problema di ventilazione? Potrebbe anche essere, ma bisogna far capire alla gente delle cose. Speriamo arrivi presto il vaccino”.
È difficile fare la sindaca, di questi tempi.
“Con regole chiare si risparmia sia tempo che energie e soprattutto si danno soluzioni condivise, comprensibili e democratiche. Detto ciò, io sono felicemente sposata da 10 anni, mio marito non è uno che si arrabbia se invece che alle otto gli dico che arrivo alle nove di sera”.
A proposito, le polemiche del momento investono anche le primarie del Pd, che poi online per statuto non esistono.
“Non si devono fare per forza, non è un esercizio di democrazia farle. Parlare di temi invece sì. Se ci sono più figure candidabili su Bologna si vedrà, una cosa è certa: la politica deve semplificare e fare sintesi, non il contrario”.
Ma non è un tantino lunga questa diatriba?
“La democrazia è una delle cose più difficili, ma il nostro segretario provinciale è un ottimo mediatore, lasciamolo lavorare. E poi ricordiamoci una cosa: il grande e risoluto decisore non è più intelligente di chi concilia. In alcune aree ci sono più soggetti candidabili? Auspichiamo di arrivare ad una sintesi, ma non è scontato. C’è stata la conferenza nei circoli, ora si parla di temi, consultazioni, poi vedremo”.
Ci sono dei passaggi liturgici.
“Non è così: certo possono essere comunicati meglio, tutto è perfettibile. Sarà anche una procedura lunga, ma certo noi non decidiamo il nome del candidato sindaco davanti a una pizza”.
Parliamo di donne.
“Ritengo sia in atto un cambiamento, una rivoluzione importante. Ma siamo ancora lontane dalla méta: quante presidenti di regione e segretarie di partito abbiamo? I miei cittadini apprezzano di poter parlare con un’amministratrice, per loro è più semplice, dicono. Bene”.
Cosa rimane da fare, allora, per rompere il soffitto di cristallo?
“Gli uomini sono più bravi a fare squadra ma noi, oltre che dover essere molto brave, abbiamo una grande arma: siamo madri e alleviamo uomini. Insegniamogli ad apprendere la cultura del rispetto fin da piccoli. Solo così cambieremo”.