Dopo la nuova stretta sui locali, tante sono state le proteste da parte dei più colpiti dal nuovo Dpcm. Ma cosa chiedono i commercianti di Bologna? Ecco che cosa risponde Francesco Bonfiglioli, il gestore dello storico Cafè de le Paix che abbiamo già ospitato nelle nostre pagine a pochi giorni dalla riapertura
di Meri De Martino, consigliere di quartiere, Bologna
Partiamo dall’inizio, Francesco: quale era la situazione nel tuo locale prima dell’ultimo Dpcm? Prima di queste ultime misure eravamo arrivati al 50-60% del fatturato rispetto a un anno prima. A giugno e luglio lavoravamo al 30%, ma adesso ci stavamo avvicinando a un recupero interessante. Certo, chi come me è abituato a guardare un poco più avanti dell’oggi era spaventato della ripresa in contemporanea di tante attività della vita. Paradossalmente questo ritorno alla normalità faceva un po’ paura. Si è rivelata fondata e siamo tornati in piena emergenza.
Credi che questa chiusura anticipata possa aiutare o sarebbero state migliori altre soluzioni?
Credo non vi fossero molte altre strade da percorrere in tempi così ridotti. Certo una chiusura anticipata della ristorazione, lo stop allo sport, alle attività culturali e la didattica a distanza sono misure che rallentano il paese, ma possono rallentare anche la circolazione di questo nemico infido. Semmai credo si debba valutare meglio il modo di comunicare queste scelte, ”le parole sono importanti”: lo sport, la cultura e la ristorazione non si possono definire attività non essenziali. Hanno un ruolo fondamentale. Il nocciolo non è se sia stata o meno giusta la scelta, ma è il valore che si è dato alle persone che ne sono state colpite. Bisognava dire: “Ristoratori, operatori dello sport, della cultura, siete un pezzo importante del cuore di questo paese. Dopo grandi sacrifici vi chiediamo di fare un ulteriore passo indietro per far rallentare il battito di questo cuore che altrimenti non riusciamo a curare. Vi aiuteremo a ripartire, ma ora abbiamo bisogno del vostro sacrificio”. Mi scuso per il romanticismo ma faccio il mio lavoro con passione e orgoglio. Onestamente mi sento molto essenziale!
Comprensibile. E gli altri commercianti cosa ne pensano?
La categoria è varia e vive di opinioni, paure e situazioni enormemente differenti. Ogni piccola impresa ha una propria storia. La paura e lo stress sono altissimi, come l’incertezza. Quando ho scelto di fare questo lavoro ho imparato sulla pelle cosa volesse dire indebitarsi, avere a che fare con fatturati buoni o pessimi e cosa significhi la responsabilità per i dipendenti. L’esperienza aiuta, ma le notti insonni restano le stesse. Chi ama questo lavoro prova fino all’ultimo a resistere e stare in piedi. Bisognerà essere uniti e fare richieste mirate con una visione di futuro capace di andare oltre a interventi immediati. E provare a supportare tutti nessuno escluso.
Cosa ne pensi delle manifestazioni in programma?
Che sono importanti se pacifiche, ben organizzate e non politicamente strumentalizzate. Abbiamo bisogno di identificarci come categoria unita, solidale, propositiva perché in un momento di grandi paure e tensioni sociali il rischio di derive negative è molto elevato. Ho la fortuna di essere coinvolto in alcune proposte di Confesercenti e come altri ristoratori lavorerò in quelle sedi per portare avanti le mie idee. Spero di poter essere utile in qualche modo, è il mio modo di manifestare.
Come vi organizzerete per i prossimi giorni? I ragazzi in formazione continueranno a venire?
Abbiamo riorganizzato gli orari e utilizzeremo in parte gli ammortizzatori sociali per i dipendenti. Per quanto riguarda i ragazzi/e che in questo momento accogliamo in tirocinio, il primo pensiero è stato proteggerli ridisegnando i percorsi di apprendimento. Tenteremo in ogni modo di non fermarli. A oggi credo siano tranquilli, ma anche loro percepiscono una tensione sociale crescente e bisogna essere attenti a spiegare bene cosa sta accadendo.
Cosa vi aspettate dal governo e dalle amministrazioni locali per avere sollievo?
Le richieste nazionali sono rivolte sia all’aiuto finanziario immediato sia a sgravi e sussidi futuri. A livello regionale, recependo le normative nazionali, credo sia utile pensare al rilancio del settore turistico e fieristico e allo sviluppo di politiche mirate ai centri storici e ai piccoli produttori locali, un’area di indotto fragile che in una situazione come questa può soffrire maggiormente. A livello locale credo che lo sgravio delle imposte e il supporto alle iniziative di strada siano fondamentali. Come categoria abbiamo bisogno di essere sempre più parte integrante del tessuto cittadino, collaborando con le amministrazioni per combattere le aree di degrado fuori e dentro i centri storici. La sfida è pensare a incentivi nel medio termine che migliorino la città (bosco urbano, pedonalità, ciclabilità), dare incentivi immediati per superare la crisi e estendere anche alla nostra categoria il patto di collaborazione per renderci responsabili ma anche attori protagonisti del territorio.