Bologna è saggia,
fino a che sagge sono le persone
Ma può bastare un nulla
Ora c’è da sperare solo nelle persone
Come sempre del resto
di Gabriele Via, poeta
Pare che a Bologna vi siano cinquanta chilometri di portici; ma di corridoi ve ne sono certamente di più. Lì si trama, si accorda, si disunisce attorno a tutto ciò di cui giornali mercati piazze e bar parlano discutono e favoleggiano con grande indulgenza verso il paradosso e generoso impiego di sfrenate fantasie. E se sui giornali, in piazza e nei bar se sui social è tutto un incitare e un redarguire e un ridicolo indignare un lezioso accalorarsi su etichette scandali e più o meno equine mosse, ecco che nei corridoi un uguale mormorio, come di comune liturgia, gioca a un cupo passamano senza troppi riguardi verso la misericordia tra libbre di sanguinante carne fresca riscatti, pegni, e occulti tributi all’angelo normale del mondo. Lì, dove uguali – come in certi posti che tutti sanno – siedono allo stesso tavolo furfanti gendarmi ricconi prelati e puttane. Bologna è da sempre maestra: questa ambasciata diplomatica che ha visto restaurarsi l’ancien régime con l’innovazione tecnica retorica, giuridica e di costume. Bologna canta suona e fa festa ma non si sbottona mai per la strada. Intanto per le stanze, in gran segreto si firma, si sigilla, si avvelena. E, morto un Papa, se ne fa subito un altro: tutti insieme, tutti riuniti, nel sacro mistero del potere. Ed è così che va il mondo, nonostante un giorno la giovane piazza urli in coro contro il vecchio palazzo: questo mondo che abbiamo ereditato, mantenuto, innovato e sempre testardamente ricostruito. Bologna è saggia, fino a che sagge sono le persone. Ma può bastare un nulla perché un accesso di tracotanza si porti via il buon senso grave che già da tempo ha imparato la responsabilità di fare a meno di Dio. Intanto la Madonna di San Luca sale e scende dal Colle della Guardia, lo squadrone fa il suo lavoro di coesione delle periferie umane e il partito rimpiange quei giorni quando Don Camillo giocava a scopa con Peppone. Giovedì fagioli o trippa venerdì pesce sabato tagliatelle domenica tortellini. La democrazia è oramai ridotta a una mera protesta verso il giudice di gara – ormai fuggito per sempre come Dio – per quella traccia sulla terra battuta di qua o di là dalla linea del campo, e non si tratta più di un orizzonte comune: non si tratta più di un ideale da incarnare. E le grandi squadre, si sa, sono tutte in mano a squali senza scrupoli che pensano solo a ingrassare mentre piangono e fottono. Chi è rimasto a parlare di democrazia in questa bolgia spregiudicata non si è accorto dello slittamento della realtà. Ora c’è da sperare solo nelle persone come sempre del resto senza il volano sociale di un buon sistema senza il conforto spirituale della cultura senza più la terra sotto i piedi e il cielo, sopra. Sono rimaste le persone, impaurite, spaesate le povere persone, nella loro buona pasta, nella loro autentica qualità. Il meccanismo è spietato, l’algoritmo veloce: morto Dio, “configurazione originaria dell’immortalità”, precipitati in mano al terrore della morte distante come l’uva dalla volpe, siamo ormai a un passo dall’orrore. Ci resta solo la salvezza e “la salvezza è totale, perché il pericolo è estremo”. (fra virgolette frammenti di Emanuele Severino)
Photo credits: Paolo D’Andrea
insomma vuoi scegliere tu il Sindaco :-)? Un Partito come il PD sceglierà con le sue modalità che annunciate sono aperte a tutti. In Tempo di Covid non si possono fare le Primarie.
Questa visione dei corridoi mi spaventa e non credo che sia tutto cosi nell’oscuro e bui corridoi.
Certo sarebbe stato bello che Merola,un ottimo Sindaco, dopo quello che è successo,non rimembro!
scegliendo nelle regole un suo assessore che portasse a compimento le idee espresse in questi anni meroliani e ne portasse di nuove. troppi anni la Città ha perso, troppi!
Diamo una mano tutti per il nostro nuovo Sindaco senza che la raccontiamo nei bui corridoi..