Dopo l’ennesima proroga dello stato di arresto per ulteriori 45 giorni, la vicenda dello studente egiziano dell’ateneo bolognese si complica. Nel frattempo non c’è giorno che passi senza che il silenzio che echeggia dalla Farnesina si faccia più riprovevole. Dio benedica Amnesty International
di Andrea Femia, digital strategist cB
Viviamo in uno Stato che ci consente di esprimere le nostre opinioni in maniera tutto sommato libera. Ci è dato di pensarla diversamente su un sacco di cose, praticamente tutte. Possiamo dirle, addirittura pubblicamente, perché è questo che succede negli Stati civili. Nell’epoca dei social network, questa possibilità, questo diritto, si è presto trasformato in distorsione. La possibilità di esprimere ciò di cui si sentiva la necessità è diventata la necessità di esprimersi per il solo fatto di averne la possibilità. Troppo spesso i toni si alzano, diventano devastanti e vanno a porsi in una disperata terra grigissima in cui – probabilmente – in molti pensano (pensiamo) che va bene la libertà di espressione, ma forse un paio di limiti in più bisognerebbe metterli prima che il culto del falso metta a repentaglio i sistemi democratici, esattamente come sta avvenendo negli Stati Uniti, per citare il caso più eclatante.
In uno scenario del genere, di sovrabbondanza di parole, post e tweet, non può che suonare strabiliante il silenzio che echeggia giorno dopo giorno dalla Farnesina sulla vicenda di Patrick Zaki.
Sia chiarissimo, avere a che fare con l’Egitto deve essere estremamente difficile. Bisogna tenere conto che una parte del tuo Pil dipende dalle armi che gli vendi da anni. Devi tenere conto che hai a che fare con uno Stato sovrano al quale non puoi certamente imporre di leggere il Corano cercando di interpretarne i messaggi positivi piuttosto che quelli oppressivi.
A tal riguardo, uno degli errori più grossi che si possano fare nel leggere queste situazioni è quello di addossare tutte le responsabilità alla natura intrinseca delle religioni. Taluni sarebbero portati a pensare che in uno Stato di matrice cristiano-cattolica tutto ciò non sarebbe mai potuto accadere perché i messaggi della Bibbia sono messaggi di serenità e distensione. Peccato che, leggendo alla lettera il vangelo, Gesù prometta di bruciare chiunque non lo segua, solo per dirne una; la virtù di chi ha incastonato quei messaggi nella realtà è stata principalmente quella di sapere interpretare le parole senza assolutizzarle.
Il problema è molto più complesso, e non è detto che stia a Luigi Di Maio di doverlo risolvere.
La situazione si è molto complicata per Patrick Zaki. Negli ultimi giorni sono stati fermati diversi dirigenti dell’organizzazione per la quale lavorava, la Eipr (Egyptian Initiative for Personal Rights). L’accusa essenziale, così come era stato per lo stesso Zaki, è quella della propaganda riferibile a istanze LGBTQ. L’Eipr, però, non si occupa solo di ciò; sorge quindi spontaneo domandarsi se queste non siano lo specchietto per le allodole usato per estirpare il dissenso dei propri connazionali facendo leva su uno sfrenato conservatorismo spacciato per fede.
Tenuto conto di tutte queste complessità, però, rimane francamente disgustoso il totale silenzio del ministro degli esteri per quanto concerne la situazione di Patrick Zaki, che ha visto ulteriormente rinnovati di 45 giorni i suoi giorni di detenzione. Non sempre i problemi si possono risolvere, non si è in questo pianeta per immaginare davvero che ogni cosa venga rimessa a posto nel migliore dei modi, perché quello sarebbe illudersi di vivere in un mondo semplice da gestire.
Non è così, è chiaro che non sia così, ma c’è una distanza grande quanto il mar Mediterraneo tra il provare a gestire una situazione complessa pur essendo consci del poter fallire e il totale disinteresse.
Magari verremo smentiti e scopriremo che giorno e notte negli uffici del ministro Di Maio non si faccia altro che pensare a Zaki, ma il compito della politica è anche quello di sensibilizzare, aggiornare, darci metodo e modo per conoscere almeno parte di quella complessità che loro sono chiamati a governare. Soprattutto quando non si è in grado di risolvere, è bene informare.
Dio benedica Amnesty International, senza la quale saremmo quasi totalmente sprovvisti di aggiornamenti e novità. Di speranze e disillusione. A volte serve anche quella.
Photo credits: Amnesty International