Le Primarie non sono la panacea di tutti i mali della democrazia; però sono, o possono essere, un buon inizio per tenerla viva e magari rinvigorirla. L’aver sollevato la questione per la scelta del candidato sindaco (del Pd o della coalizione) a Bologna è senz’altro positivo di per sé. Ma c’è di più perché la questione punta dritto su una questione assai più cruciale: quale debba essere il ruolo dei cittadini, non solo nella vita di uno specifico partito politico, ma nel governo della città e nelle scelte da prendere, o da non prendere
di Rodolfo Lewanski, docente di democrazia partecipativa
A Bologna la parola partecipazione ricorre spesso. Ma è partecipazione vera? Influenza le decisioni? I cittadini sono coinvolti in modo significativo? Per rispondere si può ricorrere alla ‘scala della partecipazione’ proposta oltre mezzo secolo fa dalla studiosa statunitense Sherry Arnstein, nel clima del ’68.

Come si vede nella figura, ciò che viene spacciato per partecipazione può in realtà essere una forma di manipolazione o di ‘terapia’ delle proteste o dei conflitti. Altre forme rivolte semplicemente a informare – di decisioni già prese –, a consultare – le decisioni vengono assunte altrove – o a placare gli animi svolgono una funzione simbolica-rassicurativa: ai cittadini è data l’illusione di essere coinvolti. È solo negli ultimi tre gradini della scala che essi esercitano una qualche influenza sulle scelte: le decisioni vengono prese tra partners alla pari, o vengono anzi delegate ai cittadini o, in una situazione di reale empowerment (in italiano non abbiamo la parola, sarà un caso?) sono i cittadini ad avere il potere di decidere. L’effettiva influenza sulle decisioni significative per la vita della comunità è la cartina al tornasole della partecipazione.
Questa è la mia lettura. A lungo nel dopoguerra il canale principe di ‘partecipazione’ a Bologna era il Partito Guida, con rituali ispirati dal ‘centralismo democratico’ ma ampiamente partecipati. Negli anni ’60 Bologna inventò i quartieri, forma di decentramento amministrativo ma anche di coinvolgimento dei cittadini; l’innovazione ebbe successo; fu imitata da molti Comuni e recepita dalla legislazione nazionale. Poi la spinta innovativa si è affievolita se non arrestata. La ’partecipazione’ viene sbandierata ma appare modesta: i quartieri non sono più luogo di partecipazione; i cittadini vengono – talvolta – coinvolti nelle decisioni micro (i Bilanci partecipativi in cui le somme in gioco sono minime), mentre sono esclusi dalle scelte rilevanti. Esempi? Il Passante: solo dopo aver deciso l’allargamento della tangenziale/autostrada si è aperto il ‘Confronto’, processo manipolatorio in cui si é potuto parlare solo di dettagli, non del se né del dove eventualmente farla. Nel caso Prati di Caprara sono stati i cittadini a organizzare un percorso di progettazione partecipata a fronte delle scelte di edificazione dell’area fatte dall’Amministrazione.
Al di là dei proclami i cittadini a Bologna contano poco. Secondo il pensiero ‘realista’ dominante i cittadini sono incompetenti, manipolabili, irrazionali, disinteressati. Esiste un modo efficace di coinvolgerli nelle scelte importanti?
Esiste in molti Paesi: nella revisione del sistema elettorale in Canada, nella riforma della Costituzione nella Repubblica d’Irlanda, nella riflessione sulle politiche di contrasto al cambiamento climatico a livello nazionale in Francia e a livello locale in Gb, Polonia, Usa. Ancora più avanzato il caso della Regione Ost-Belgie che ha creato una seconda camera con compiti legislativi formata da cittadini estratti a sorte (a chi pensa che tali innovazioni nel nostro Paese siano impraticabili segnalo che qualche processo di questo tipo si è svolto anche qui, ad esempio grazie alla legge 69/07 della Regione Toscana, governata dal Pd…).
Anche il Sindaco Merola aveva sposato l’idea di creare una assemblea di cittadini scelti a ‘campione pagati per dire la loro sulle scelte dell’amministrazione… prima che le decisioni vengano prese dal Consiglio’ (la Repubblica Bologna 4.3.14); finita la campagna elettorale, non se ne fece nulla.
Peccato. Ciò cui faceva riferimento il Sindaco è una forma assai nuova: la ‘partecipazione deliberativa’ mira a consentire a un gruppo di cittadini – rappresentativo della comunità – di giungere a un’opinione informata attraverso l’acquisizione di informazioni e conoscenze bilanciate e grazie a un reale dialogo tra pari, deliberando su questioni anche ‘difficili’ per formulare indicazioni.
Già un anno fa Extinction Rebellion ha chiesto all’Amministrazione una Assemblea di cittadini sul clima. Dopo uno sciopero della fame di un esponente di XR, il Comune sembra ora disponibile a introdurre una Citizens’ Assembly. Anche Politici Per Caso sta promovendo una Proposta di legge nazionale per l’introduzione delle Assemblee sul clima a tutti i livelli di governo. Sarebbe un’ottima occasione per riportare i cittadini alla politica.
Le primarie sono dunque importanti sì, ma come primo passo verso una profonda innovazione del modello democratico; scelte interne agli apparati dei partiti sono insufficienti, anche considerando come la base si sia ristretta ovunque; le primarie sono efficaci nel suscitare interesse fra i cittadini per la competizione elettorale, colmare la distanza con le élites e ‘sospingere’ se non costringere i candidati a un minimo di confronto, impegni e trasparenza.
Il ruolo dei cittadini nelle scelte collettive è un aspetto centrale. Bologna è stata esempio non solo di buona amministrazione (anche negli standard europei), ma anche di innovazione. Due emergenze incombono: la crisi della democrazia (rappresentativa) e quella climatica. Abbiamo bisogno di innovazioni profonde e coraggiose; Bologna torni a essere un laboratorio di innovazione democratica.
Photo credits: Stefano Zocca