Napoleone a Bologna: rigenerazione urbana o saccheggio?

L’arrivo dei francesi per alcuni storici fu l’innesco del Risorgimento italiano, ma se Bonaparte avesse vinto la sua scommessa l’Italia sarebbe stata vassalla di Parigi. Le armate rivoluzionarie fecero razzia nella cassaforte della città, il Monte, ma si “sdebitarono” offrendo a prezzi stracciati alla nascente borghesia tutti i beni rubati alla Chiesa. Ecco un “promemoria”, girando per il centro e nei dintorni, di conventi e chiese spogliate del loro ruolo ma che conservano un alto valore storico e paesaggistico

di Angelo Rambaldi, giornalista


A Bologna spesso leggiamo positivi e interessanti dibattiti sulla tutela dei nostri centri storici che, per diffusa dimensione sul territorio del nostro Paese, sono un aspetto unico nel mondo. Si parla e si accusano spesso le amministrazioni di volere musealizzare i centri storici e, a volte, si citano alcune “rigenerazioni” urbane, che per la verità, ma è solo una mia opinione, troppo spesso hanno avuto esiti per nulla entusiasmanti.

Ci fu un tempo in cui avvenne una grande “rigenerazione” nelle città italiane, quando arrivarono gli eserciti della Francia rivoluzionaria e poi napoleonica e la “libertà italiana”. Oggi in giro ci sono studiosi e storici, per fortuna non tutti, che ritengono Napoleone un pronubo del Risorgimento italiano. In verità mi pare che l’identità italiana sia stata presente sempre anche quando la penisola era divisa fra Stati diversi. Nel caso in cui poi Napoleone avesse vinto la sua scommessa, l’Italia sarebbe stata una nazione vassalla della Francia, e la sua libertà e la sua “indipendenza” sarebbero state satellitari allo Stato francese. Sebbene sia vero che Napoleone liberò le forze dello sviluppo borghese in senso capitalistico.

A proposito di borghesia e tornando all’aspetto della conservazione dell’antico, il da poco purtroppo scomparso Phillippe Daverio affermò che la borghesia aveva avuto con il suo avvento grandi meriti, con un difetto: essa tese a distruggere tutto quello che era stato prima di lei.

A Bologna le armate rivoluzionarie di Napoleone, dopo aver razziato tutto quello che c’era nella più grande banca della città, il Monte, e dopo aver preteso e ricevuto un enorme somma di denaro, pensarono di sdebitarsi offrendo alla nascente e arrembante borghesia, a prezzi stracciati, tutti i beni rubati alla Chiesa, le tenute agricole, le proprietà immobiliari e i conventi, dopo averne sloggiato frati e monache. A Bologna andò meglio che a Venezia, dove Napoleone si era messo in testa di fare della città lagunare una città di terra, quindi vennero, tanto per cominciare, interrati alcuni canali. Ovviamente sia a Bologna che a Venezia furono razziate numerose opere d’arte, compresi i cavalli di San Marco. La parte migliore prese la via della Francia, con qualche eccezione per la destinazione verso Milano, la città italiana prediletta da Napoleone, il resto fu venduto, a prezzi stracciati, al nascente nuovo “generone”. Per fortuna, caduto Napoleone, e con la protezione del Papa e dell’austriaco Metternich, Antonio Canova tornò da Parigi con un immenso convoglio di carri pieno di buona parte delle opere trafugate.  

Bologna era allora la seconda città dello Stato della Chiesa, e un quinto della città dentro le mura era occupato da chiese e conventi, i cui ospiti rappresentavano il 6% della popolazione totale. Questi Conventi erano in gran parte molto belli, e lo vediamo ancor oggi grazie all’opera di Istituzioni intelligenti che hanno fatto un regalo alla città ridando ai conventi vita e funzione, in prima fila la Fondazione della Cassa di Risparmio ma anche la Fondazione del Monte. La vendita sempre a prezzi stracciati delle grandi tenute agricole fece nascere il capitalismo agrario che, a parte indubbi esiti, peggiorò di molto lo stato e la miseria dei contadini i quali, solo in parte, si risollevarono con le loro lotte fra otto e novecento, ma il vero riscatto avvenne solo dopo la seconda  guerra mondiale. Per quanto concerne i beni urbani, nel 1796 partì una “rigenerazione”, con esiti che a me paiono ben poco entusiasmanti. Con l’avvento dello Stato unitario avvenne poi una seconda “rigenerazione”, ma questa è un’altra storia.

 A girar attentamente Bologna e dintorni, soprattutto collinari, si capisce di cosa si sta parlando, ma come pro memoria per una “storia della rigenerazione urbana” vi offro una sintesi parziale con un elenco dei conventi e chiese soppressi, in periodo napoleonico, e del loro non brillante destino. Tutti i conventi hanno, ancora oggi e nonostante gli scempi subiti, un alto valore storico e, soprattutto in termini di bellezza, sono tra i segni distintivi del paesaggio cittadino.

  • CONVENTO DI SANT’AGNESE, convento di suore in via Castelfidardo, ha un bellissimo chiostro. Chiesa a uso militare. 
  • SAN GIROLAMO DELLE ACQUE, subito fuori porta San Mamolo, convento prima dei Gesuiti poi degli Olivetani, la chiesa è stata abbattuta e oggi rimangono solo i resti del convento.
  • CONVENTO DEL CORPUS DOMINI di via Tagliapietre, gestito dalle suore Clarisse, in parte ancora oggi residenza conventuale. La chiesa restaurata dopo gravi danni bellici, la maggioranza del complesso è a usi militari.
  • S.S.ANNUNZIATA, in porta San Mamolo, chiesa salvata e complesso conventuale dei frati  minori francescani oggi in parte interessato da restauri. Ospita un distaccamento dei carabinieri e l’arsenale militare.
  • CONVENTO DI SAN FRANCESCO nella Piazza omonima. Chiesa soppressa nel 1796 e utilizzata al tempo come magazzino militare, poi riaperta e restaurata. Il convento in parte ancora esistente, ma la parte maggiore è adibita a uffici statali.
  • SAN NABORRE E FELICE, via dell’Abbadia,  prima gestito da monaci benedettini e poi da suore francescane , infine a lungo Ospedale militare. Oggi abbandonato.
  • SAN GIACOMO MAGGIORE di Piazza Rossini. Convento Agostiniano, oggi in gran parte occupato dal Conservatorio Musicale. 
  • SANTA CRISTINA via della Fondazza, soppressi chiesa e convento, in questi ultimi decenni tutto il complesso monumentale è stato magnificamente restaurato e dato a nuova vita dalla Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna.
  • SAN MATTIA di via Sant’Isaia. Chiesa e convento delle suore Domenicane. Chiesa soppressa, oggi in parziale restauro. Convento utilizzato a uso scolastico.
  • SAN BARTOLOMEO di Strada Maggiore. Gestito dai Padri Teatini, la chiesa non fu mai chiusa, ma il convento che dava su via San Vitale fu distrutto.
  • SAN DOMENICO, Piazza San Domenico. Chiesa mai chiusa, buona parte del restante convento è ancora oggi dei monaci domenicani. Una piccola parte è oggi la sede di un comando dei Carabinieri.
  • SAN MARTINO MAGGIORE piazza San Martino. Chiesa mai chiusa, vastissimo convento soppresso per vari usi, oggi in parte tornato ai carmelitani. 
  • SANTA MARIA MADDALENA suore di Santa Caterina. Chiesa mai chiusa, ex convento oggi adibito a vari usi.
  • SAN PROCOLO originariamente dei monaci Benedettini Cassinesi, la chiesa non fu soppressa. Il convento ebbe vari usi fra cui quello di Ospedale di maternità, oggi dopo essere stato restaurato è sede di uffici giudiziari.
  • SAN SALVATORE magnifico e grandioso convento dei Canonici  Renani, trasformato in caserma e sede di uffici militari, strutturalmente ancora solido ma in uno stato bisognevole d’interventi.
  • SAN BERNARDO in via degli Arienti, prima sede dei Frati milites, detti Frati Gaudenti, poi dei Cistercensi e pure, per un periodo, degli Olivetani di San Michele in Bosco. La chiesa fu trasformata in casa di abitazione, ma è ancora in buono stato il chiostro. 
  • SAN GIOVANNI IN MONTE, altro esempio di convento magnificamente restaurato e oggi sede universitaria. Dopo le soppressioni napoleoniche fu a lungo carcere, ma la chiesa non fu mai soppressa.
  • SANTA MARIA DEI SERVI, la chiesa fu a lungo soppressa insieme al convento. Riaperta la chiesa, il convento da tempo è sede di un Comando del Carabinieri che ne ha curato anche un parziale restauro.
  • SAN  MICHELE IN BOSCO, con le soppressioni la chiesa si salvò mentre il convento, dopo essere stato spogliato di ogni cosa, fu trasformato in carcere. Parzialmente restaurato al ritorno del Legati Pontifici, fu abbandonato fino a quando, grazie al lascito di Francesco Rizzoli, fu trasformato in moderno ospedale Ortopedico (l’Istituto Rizzoli). La trasformazione avvenne con il rispetto, anzi il restauro della parte monumentale.
  • SAN LEONARDO E SANT’ORSOLA, vicolo Bolognetti, grande convento di monache, oggi utilizzato da uffici amministrativi e centri sociali, bel chiostro e bell’interno.
  • SANTA LUCIA di via Castiglione. Oggi Aula Magna dell’Ateneo restaurata dall’Università, la vasta area conventuale ha mantenuto la vocazione scolastica iniziale datale dai Gesuiti.
  • SANT’IGNAZIO di via  Belle Arti, complesso conventuale dei gesuiti cui, assurdamente, fu tagliata la cupola della chiesa. Oggi è sede di musei e accademia.
  • SAN GIOVANNI BATTISTA DEI CELESTINI. La chiesa non fu mai soppressa e il convento ebbe varie destinazioni, fino a divenire scuola d’ingegneria dell’Università. Oggi è Archivio di Stato.
  • CONVENTO DELLE SUORE CAPPUCCINE CONVERTITE di via Lame. Con il suo magnifico portico è uno dei pochi edifici scampati dalla “rigenerazione” post bellica di via Lame.

Il mio è un elenco parziale degli edifici conventuali sopravvissuti alle varie “rigenerazioni “, un enorme patrimonio storico e artistico che meriterebbero maggiore attenzione.

In copertina: L’ingresso, nel 1805, di Napoleone a Bologna in un’illustrazione ottocentesca (Archivio Comunale di Bologna)


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