È il momento di scelte di campo nette: lo sviluppo deve basarsi su economia circolare, riduzione drastica delle emissioni, mobilità sostenibile di persone e merci, aumento della produzione di cibo a livello locale, sviluppo di reti di distribuzione al dettaglio di vicinato, incremento delle aree verdi, rispetto e ricostruzione del paesaggio, sviluppo di nuove forme di turismo. Sono questi gli argomenti per una nuova forma di urbanesimo. Una nuova forma di intendere le città, di creare città a misura di uomo
di Una Città con Te, associazione presieduta da Cristina Ceretti
Come associazione Una Città con Te vogliamo portare il nostro contributo al dibattito pubblico sui temi ambientali che Cantiere Bologna sta ospitando, proponendo alcune riflessioni e proposte contenute in un documento, da qualche giorno scaricabile sul nostro sito www.unacittaconte.org.
Il documento nasce dal dialogo con altre realtà cittadine impegnate sui temi ambientali ed è per noi un punto di partenza: lo riteniamo aperto alle idee di chi vorrà fare proposte e confrontarsi con noi.
Per questo vogliamo condividere sulla vostra testata l’introduzione al nostro documento, nella quale pensiamo di aver descritto la nostra visione di città per un futuro possibile e per una svolta ecologica della politica.
La questione ambientale non è più rimandabile.
Abbiamo toccato con mano, in questi mesi che hanno cambiato radicalmente le relazioni sociali, economiche e geopolitiche, quanto le emissioni in atmosfera prodotte dall’essere umano e la conseguente qualità dell’aria, la riduzione della biodiversità e il cambiamento climatico possano mettere a rischio la nostra esistenza sul pianeta.
Occorre cercare nuovi modelli di sviluppo, puntare sul miglioramento della qualità della vita piuttosto che sull’aumento del Pil ottenuto a discapito del territorio, dell’ambiente e dei diritti di chi il territorio e l’ambiente li vive.
Si tratta di cercare un nuovo equilibrio, nuove maniere per fare economia “buona”, nuove forme di sviluppo più sostenibili, circolari, a basso impatto. Uno sviluppo che deve basarsi su una equità geografica e intergenerazionale, tenendo in considerazione la tutela del Bene Comune – il Diritto a vivere in luoghi in cui si possa respirare e alimentarsi bene e in cui si garantisca il diritto alla bellezza – perché anche questa fa parte del Bene Comune.
I nuovi paradigmi di sviluppo devono basarsi su economia circolare, una riduzione drastica delle emissioni, la mobilità sostenibile delle persone e delle merci, l’aumento della produzione di cibo a livello locale, lo sviluppo di reti di distribuzione al dettaglio di vicinato, l’incremento qualitativo e quantitativo delle aree verdi urbane e periurbane, il rispetto e la ricostruzione del paesaggio urbano, periurbano e delle campagne, lo sviluppo di nuove forme di turismo. Sono questi gli argomenti per una nuova forma di urbanesimo. Una nuova forma di intendere le città, di creare città a misura di uomo.
Una “rivoluzione” che può anche essere una immane operazione economica: si può fare crescere l’economia anche aumentando la qualità della vita dei cittadini. Occorre innescare un processo virtuoso di rilancio dell’economia con parametri di sostenibilità.
Un nuovo paradigma in cui lo sviluppo di pratiche sostenibili e circolari dei processi produttivi e distributivi, di modelli di risparmio energetico, la costruzione di un nuovo paesaggio urbano in cui la natura “entri” nella città, creino ricchezza e nuova occupazione, una occupazione qualificata e tutelata.
Il cambiamento nel modo di produrre, muoversi e consumare (istanza al centro delle rivendicazioni del movimento Fridays for Future) non è più rimandabile ma deve diventare accessibile e desiderabile dalla maggior parte della popolazione, deve trovare ampio spazio nelle politiche, e deve trasformarsi in una componente centrale nella formazione del consenso. Non possiamo più pensare che le tematiche ambientali rimangano in secondo piano.
Dalla frattura storica della pandemia Covid-19 potremo uscire in due modi, tra loro alternativi: o continuando a sostenere un’economia predatoria delle risorse, dove un ristretto numero di persone beneficia di una crescita la cui curva si sta appiattendo costantemente, sostenendo un modello che negli anni ha plasmato a tal punto l’immaginario collettivo da rendere difficile immaginare un sistema diverso; oppure, come auspichiamo, con una svolta vera che metta la sostenibilità al centro dell’economia e dello sviluppo territoriale. È il momento di scelte di campo nette.