L’imbarazzante dibattito sulla scampanellata social di Salvini

Uno degli episodi che certamente portarono alla sconfitta il centrodestra fu la famosissima citofonata al Pilastro di cui l’ex ministro dell’interno si rese protagonista. Oggi, a seguito di alcune novità nelle indagini, si torna incredibilmente a discutere il valore di quel gesto irrimediabilmente sbagliato

di Andrea Femia, digital strategist cB


Di tutte le cose per le quali va incolpata la pandemia, c’è sicuramente l’aver messo in secondo piano la batosta presa da Matteo Salvini nella tornata elettorale che ha visto prevalere nettamente Stefano Bonaccini un anno fa. Se è vero che se ne parlò a sufficienza nelle immediate vicinanze del voto, è altrettanto vero che dopo meno di un mese il mondo era paralizzato dalla paura di un virus che avrebbe messo per molto tempo le tematiche politiche in secondo piano.

Uno degli episodi che certamente portarono alla sconfitta il centrodestra fu la famosissima citofonata al Pilastro di cui l’ex ministro si rese protagonista. In breve, per chi non dovesse ricordare, Matteo Salvini approfittò delle segnalazioni di alcuni cittadini del luogo che, legittimamente preoccupati da alcuni comportamenti che destavano loro sospetti, immaginarono che chiedere all’ex ministro degli interni un intervento improvvisato fosse una soluzione intelligente.

D’altro canto, Matteo Salvini veniva da un anno di governo in cui le divise di carabinieri, polizia, pompieri e guardia di finanza (nonostante i 49 milioni) erano per lui l’ovvio outfit da folla e telecamere.

Ciò rende del tutto comprensibile il pensiero di una donna che – preoccupata di quanto accade nel proprio quartiere – chiede a una persona che ha personificato mediaticamente il potere di quelle divise di risolvere il suo problema. Di renderla più sicura.

C’è un piccolo problema di metodo e di merito, però. Se la cittadina fosse andata dalle vere forze dell’ordine dicendo “guardi, lì a quel piano c’è qualcuno che spaccia”, le forze dell’ordine non sarebbero andate a citofonare al potenziale spacciatore. Avrebbero preso in considerazione la preoccupazione della signora e messo a confronto i dati in loro possesso cercando – nel caso in cui lo avessero ritenuto necessario – di acquisirne di ulteriori. Questo perché quando studi per entrare nelle forze dell’ordine ti chiariscono una serie di passaggi sul come affrontare determinati tipi di situazioni spinose.

Quando ti riferisci a una persona che quelle cose non le ha studiate, succede che fa una cosa così tanto sbagliata che le preoccupazioni della donna, che pure in futuro si sarebbero dimostrate fondate, sono state in quel momento totalmente ridicolizzate.

Il problema che lamentava quella persona preoccupata è stato trasformato in un’occasione per mettere su un teatrino ridicolo, che ha affossato le possibilità per Salvini di vincere le elezioni.

Tutto questo è successo per un motivo molto semplice. Farsi giustizia da sé, per giunta facendo una citofonata che invade la privacy di chi fino a prova contraria è innocente, è una cosa oggettivamente sbagliata. Non è un comportamento “probabilmente giustificabile”. Non è un’azione che si possa ritenere “potenzialmente corretta”. In qualunque caso si svolga un’azione del genere, quell’atto è sbagliato.

Lo è per due ordini di ragioni: se la persona è innocente, si delineano dei confini che portano quella persona ad essere considerata colpevole sulla base di alcuni sospetti di chi si è confidato con te, che hai il potere mediatico di distruggere la vita di un uomo che doveva essere lasciato in pace.  E questa distorsione è inaccettabile. Se la persona è colpevole, invece, non si sta facendo nient’altro che rendere più complesse le procedure che potrebbero portare alla verità.

Chiunque stia provando a giustificare a posteriori il comportamento di Salvini, sbaglia in maniera oggettiva. Non tutto è sempre opinabile. Comportarsi in modo contrario a norme di tale portata dovrebbe sgomberare il campo da ogni dubbio.


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