Scienza e pubblico: «Caro Merola, fatti un social network tuo» (2)

Parodiamo Crozza per rispondere, in due puntate, al Sindaco che ci ha chiesto di riflettere sull’uso dei social media per comunicare sui temi scientifici. È indubbio che chi ha ruoli pubblici debba contare su chi ha le competenze per decifrare i fatti. Nella seconda parte il dubbio cruciale su come divulgare le decisioni: piuttosto che affidarsi a piattaforme possedute da magnati miliardari sarebbe meglio che le amministrazioni congegnassero strumenti propri di confronto

Parte II – Con i fatti gli esperti posso aiutare il confronto delle opinioni

di Simonetta Tunesi, consulente strategica ambientale


E veniamo ora alla questione del come gli esperti possano essere utili al processo decisionale, al confronto con i cittadini sulle scelte effettuate e alla comunicazione verso la cittadinanza, che poi è il senso della domanda di Virginio Merola.

1. I cittadini possono chiedere spiegazioni e manifestare critiche

Nella democrazia conflittuale e partecipata i cittadini hanno il diritto di chiedere conto a decisori politici e amministratori delle loro scelte: prima che siano compiute e anche dopo, per verificarne l’efficacia.

Chi pone queste domande spesso non è un esperto e la società civile va presa per quel che è: le opinioni espresse da ognuno di noi provengono da lontano, portano con sé ogni nostra esperienza di vita e, soprattutto, le idee del gruppo culturale e sociale a cui decidiamo di appartenere. Questo implica che opinioni e richieste di chiarimento non sono mai neutrali.

Tuttavia, devono ugualmente trovare il modo e il luogo per essere espresse e ascoltate. Perché, se il coinvolgimento è ciò che garantisce che la decisione presa sia legittima rispetto alla comunità interpellata, al contempo «la deliberazione politica e l’argomentare costituiscono un processo di educazione e formazione e presuppongono un uditorio relativamente ragionevole e un certo grado d’istruzione e cultura da parte del pubblico. Nel percorso i cittadini allargano il punto di vista oltre la visione limitata dei propri affari privati» (B. Manin et al., On Legitimacy and Political Deliberation) e l’amministrazione è portata a riflettere di nuovo sul perché delle proprie scelte.

2. Integrare amministrazione e scienza per formulare e motivare le scelte

Uno dei primi atti del Presidente Biden è stata la nomina dei Consiglieri per la Scienza e la Tecnologia e l’elevazione a Ministero di questo ruolo, affidato in Gran Bretagna a scienziati prominenti, nell’Unione Europea pure, in Paesi Europei anche. E noi? Va, beh! Noi formiamo una commissione o affidiamo consulenze trimestrali.

Il ruolo che la scienza e la tecnologia hanno sulla nostra vita, il finanziamento della ricerca con soldi di un pubblico che poi ne perde il controllo e i guadagni (internet, vaccini, …), la complessità delle scelte che riguardano cose come la protezione ambientale o la salute pubblica sono solo alcuni degli elementi che ci fanno capire perché istituzioni e amministrazioni debbano rendere conto ai cittadini delle proprie scelte. Poiché la complessità delle scelte rende il processo decisionale difficile e articolato, le amministrazioni temono di non riuscire a spiegare le scelte e a volte preferiscono prenderle senza attorcigliarsi in confronti che, gli ultimi anni dimostrano, sfuggono facilmente di mano.

Il settore pubblico dovrebbe poter beneficiare di un rapporto stabile con esperti che fanno ricerca, conoscono il territorio, spiegano come funziona il mondo, inventano prodotti e servizi utili a migliorare la qualità collettiva della vita e a proteggere i beni comuni. Questo potenzierebbe la capacità pubblica di pensare soluzioni, di motivarle e di difenderle.

Come rilevava il Sindaco Merola, le amministrazioni devono essere inoltre messe nelle condizioni di dotarsi di figure professionali adatte ai tempi, con formazione scientifica in grado di sostenere e orientare le scelte dei decisori politici verso una città compatibile con la salvaguardia ambientale.

E ora pongo una domanda che tiene insieme gli argomenti che ho toccato. I social media sono aziende private, rette da magnati che hanno agende proprie: siamo davvero convinti che siano il modo giusto con cui far avvenire il confronto? Oppure sarebbe meglio che la nostra Amministrazione si dotasse di strumenti innovativi propri con cui facilitare e regolare le modalità del confronto? Naturalmente mantenendo la sana abitudine di fare ben più divertenti assemblee pubbliche.


Rispondi