Lama: donne ancora penalizzate e costrette al doppio lavoro

Non ha rinnovato la tessera del Pd dopo il referendum del 2016 e su Bologna dice: “Per dieci anni abbiamo avuto una guida stabile al governo della città e ora serve un consenso ampio mentre invece c’è ancora molta incertezza. E poi ci vuole un confronto aperto”

di Barbara Beghelli, giornalista


“Sono giornate un po’ particolari”, pondera la consigliera comunale Rossella Lama, subentrata oramai un anno fa al posto dell’attuale assessore alla mobilità, essendo che era la prima dei non eletti Pd: “Inizia una nuova stagione governativa con Draghi e il Paese è decisamente in attesa: situazione molto difficile, che non può prescindere dal sostegno delle Camere”, dice mentre i mercati finanziari danno risposta positiva al cambio di premier. E mentre l’avvocato Conte fa le valigie da Palazzo Chigi, la consigliera che fu responsabile delle Donne e delle politiche sulle differenze di genere dal 2007 al 2012 per il Partito Democratico di Bologna nonché presidente di commissione nel mandato 2011-16, si racconta.

Cinquantacinque anni, consulente nel settore delle risorse umane e della formazione, precisa subito: “Io non sono più iscritta ad alcun partito dal 2017″. Non ho rinnovato la tessera Pd dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, sono stata dentro il movimento per il no, quindi non condividendo più la linea e mi è sembrato coerente lasciare il partito. Ma ero iscritta dal 1994, quindi la cosa non è stata indolore. D’altra parte non mi sentivo più rappresentata: la rottamazione aveva contribuito a impoverire tutto”.

Quindi attualmente come è collocata?

“Sono nel centrosinistra, in Consiglio siedo in maggioranza”.

E si ricandida?

“Non è una cosa che ho pensato, auspico però che venga presto data una data delle elezioni, che giugno è vicino. La situazione va affrontata”.

Perché si è bloccata la questione delle primarie?

“Per più motivi: l’incertezza della data del voto, ci sono più candidati che hanno esplicitato la loro disponibilità, infine c’è bisogno di un metodo: per dieci anni abbiamo avuto una guida stabile al governo della città e ora serve un consenso ampio mentre invece c’è ancora molta incertezza. E poi ci vuole un confronto aperto…”.

Il 21 gennaio si è celebrato il Centenario rosso, cosa ha lasciato in eredità alla sinistra il Pci?

“Era un partito di massa fondato nel 1921 la cui storia a un certo punto si è conclusa, 30 anni fa. Ha avuto il suo lider maximo in Berlinguer, che ne ha delineato il percorso, anche nel rapporto tra il partito e il Paese. Purtroppo il terrorismo lacerò tanto, portando le forze politiche in difesa delle istituzioni democratiche e da allora niente è stato più come prima”.

Mi parla delle donne di sinistra?  Com’erano, come sono?

“Il Pci le ha portate con sé nella lotta per la Liberazione ed erano tante: Nilde Iotti, Teresa Noce, Elettra Pollastrini e potrei andare avanti con tanti altri nomi, ma quello che conta è che c’era grande motivazione, grandi ideali, grandi battaglie a cui il Pci ha contribuito: la tutela economica e fisica delle lavoratrici madri, un nuovo diritto di famiglia, la creazione del servizio sanitario nazionale, la legge 194/1978 (norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), la legge 180/1978 detta legge Basaglia, il tutto a cominciare dai gruppi di difesa della donna del 1943. Rivendicazioni concrete e tra tutte la libertà e la pace. Successivamente il delitto d’onore non fu più riconosciuto nel diritto penale (1981), dal 1996 la violenza sessuale divenne reato contro la persona e non contro la moralità pubblica, e dal 2012 c’è piena parità giuridica tra i figli nati dentro e fuori dal matrimonio. Fino ad arrivare all’oggi: legge 8 marzo/2000 o istituzione degli asili nido e scuole dell’infanzia e ultime in ordine di tempo la medicina di genere, la legge sulle unioni civili, sugli orfani domestici, sugli stranieri non accompagnati, sul femmnicidio”.

Le donne oggi sono ben rappresentate?

“C’è stata una grande crescita della partecipazione e delle elette  e comunque le classi dirigenti si esprimono anche in altri campi. La preoccupazione è che hanno meno possibilità di partecipare alla vita sociale, viste le condizioni lavorative. Hanno meno risorse, meno tempo e devono fare tutto: accudire la famiglia, lavorare dentro e fuori casa, e quindi il tempo per la politica è risicato se non impossibile”.

Il ruolo degli eletti è importante.

“Fondamentale, anche quello dei consiglieri di quartiere ma bisogna riscoprire la relazione tra istituzioni e cittadini. Così aumenta anche la sicurezza e la forza della politica”.


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