Il Recovery sia occasione per garantire la parità donne/uomini

Nella ricerca sulla percezione della qualità della vita in Città metropolitana erano le bolognesi, già nel corso del 2019 a manifestare gli indici più alti di aumento di sfiducia, di aumento di insicurezza e di aumento di malessere e di disagio perché protagoniste di un maggiore svantaggio in ambito economico, nello spazio della soddisfazione della propria vita e nell’ambito del lavoro pagato. Un incontro per parlarne

di Simona Lembi, consigliera comunale


Half Of It è nata per chiedere alla Commissione europea e al Consiglio europeo di rispettare l’articolo 23 della Carta europea dei diritti fondamentali in cui si afferma che “la parità tra donne e uomini deve essere garantita in tutti i settori, compreso l’impiego, il lavoro e la retribuzione“. Chiede  che il principio della parità di genere sia fissato e garantito anche nell’uso dei fondi Recovery, come già definito per le giuste misure sull’innovazione digitale e per la transizione ambientale.

Che sia una cosa urgente, è sotto agli occhi di tutti; che sia urgente anche il fatto che per ‘mettere a terra’ quei finanziamenti, sia necessario coinvolgere le donne, non lo è affatto.

I dati relativi alla crescita esponenziale della disoccupazione e al fatto che questa crisi picchi soprattutto sulle donne, sono noti da (troppo) tempo. Solo pochi giorni fa Linda Laura Sabatini metteva in evidenza come, guardando  ad un anno intero, rispetto al 2019, la caduta occupazionale sia stata di 444 mila unità, il 70% delle quali, donne. Lo specchio di questa tendenza sull’Emilia Romagna è enorme: sempre Istat ci ha detto che dei 67.000 posti di lavoro andati perduti nella prima metà del 2020, 52.000 erano occupati da donne: il 75% del totale.

L’ispettorato del lavoro ha aggiunto sale sulla ferita, mettendo in evidenza non solo un dato numerico (il 70% dei genitori che si sono dimessi dal lavoro nei primi 3 anni di vita dei figli nel 2020 sono state mamme), ma anche qualitativo: quando non riescono a conciliare il lavoro pagato con quello non pagato (6 volte su 10), le mamme si dimettono perché impiegate in lavori poveri di nome e di fatto. Ogni donna sente la beffa delle parole scelte dal titolo di quella ricerca: le dimissioni volontarie.

Non dimentichiamo il fatto che la crisi abbia, prevalentemente, amplificato, velocizzato e inferocito fenomeni già in atto: nella ricerca sulla percezione della qualità della vita in Città metropolitana erano le bolognesi, già (!) nel corso del 2019 a manifestare gli indici più alti di aumento di sfiducia, di aumento di insicurezza e di aumento di malessere e di disagio perché protagoniste di un maggiore svantaggio in ambito economico, nello spazio della soddisfazione della propria vita e nell’ambito del lavoro pagato.

Abbiamo ora una occasione enorme per reagire alla crisi e muovere quindi passi decisi in quelli che sono appena i primi effetti economici e sociali seguiti alla crisi sanitaria Covid-19: si chiama Recovery Fund, l’occasione di ridisegnare le nostre economie, è stato detto, 200 miliardi di euro.

Nelle 167 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021, fissato in 3 principi, 6 missioni e 48 cluster, l’accordo pare raggiunto certamente sulla parte formale: le tre priorità (digitalizzazione e innovazione; transizione economica; inclusione sociale), come pure le tre priorità trasversali (parità di genere, giovani, sviluppo del mezzogiorno).

Nella sostanza, invece, come si fa, magicamente, a trasformare un paese che dal 2006 è riuscito a programmare al massimo il 50% di fondi europei, (per riuscire a spenderne appena la metà), in uno in grado di affrontare questa sfida, di riuscire cioè ad impegnare  tutti i fondi e di ridisegnare le nostre economie in un modo che sia equo e giusto al tempo stesso?

Come si fa, se non si fissano obiettivi ex ante ed ex post nella progettazione, a garantire che quei finanziamenti assicurino la parità?

Come si fa, a mettere in evidenza il fatto che al pari del giusti investimenti nelle infrastrutture materiali (gli investimenti nell’edilizia, solo per fare un esempio)  sia necessario un analogo investimento nelle infrastrutture sociali (sanità, scuola e servizi)?

Come è possibile, infine, affrontare la questione del riconoscimento del lavoro di cura in un modo che non sia relegare le donne a tornare tra le mura domestiche?

Di tutto questo discuteremo Lunedì prossimo 8 febbraio alle ore 18, insieme con Alessandra Geese (la parlamentare tedesca fondatrice di Half Of It), le principali esponenti di una campagna simile  che in Italia ha preso il nome di Il Giusto Mezzo ed esponenti di Comuni, Provincie, Città Metropolitane. Di seguito il link per iscriversi al webinar e seguire la diretta (http://bit.ly/3cwS1Yi).

Una occasione preziosa per dare nuovo stimolo alla gestione del fondo Recovery nel senso auspicato fin dall’inizio: un suo utilizzo giusto ed equo, capace di ridisegnare le nostre economie, affrontando le questioni della vita quotidiana di uomini e donne.


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