Se la sinistra non riesce a scegliere neanche quando è facile

Pd e Leu continuano ad avere un atteggiamento amletico rispetto al possibile governo Draghi, mentre i partiti di centro si troverebbero bene anche in un esecutivo trainato dalla Lega. Per evitare una catastrofe distopica alle amministrative servirebbe assumersi la responsabilità delle scelte. A partire da Bologna, dove è più facile che altrove

di Andrea Femia, digital strategist cB


Quanto sta avvenendo in questi giorni esemplifica bene la caduta del consenso che lentamente si è abbattuta come una sciagura inevitabile sulla sinistra degli ultimi anni.

A partire dal governo Monti, passando per lo streaming Bersani – 5 Stelle del 2013, qualcosa si è rotto al punto tale da essere difficilmente recuperabile. Se fino a qualche tempo prima, infatti, le grandi coalizioni sembravano essere fatte per far trionfare la destra e per rendere impossibile un duraturo governo della sinistra, i partiti eredi di quella che fu l’Unione di Prodi sembravano essere davvero pronti a trovare una sintesi che non fosse solamente l’andare contro qualcuno.

L’avvento del governo Monti ha cambiato totalmente le carte in tavola, ancora una volta, distruggendo in poco meno di un anno quel vantaggio nei consensi che avrebbe permesso non solo di governare con serenità alle elezioni successive, ma soprattutto avrebbe consentito alla segreteria Bersani – e a chi gli sarebbe succeduto – di rafforzare quella linea che negli anni immediatamente antecedenti aveva permesso di spostare leggermente a sinistra l’asse delle alleanze. Sulla base di scelte e sulla base di idee.

Matteo Renzi ha approfittato di quel disagio figlio di quel “senso di responsabilità” che aveva forzato il Pd a sostenere il governo Monti. Con la sua poetica del fanciullino rottamatore è riuscito a fare esplodere una bolla di consenso che – il futuro lo avrebbe reso evidente – aveva più o meno la stessa volatilità del valore azionario di Gamestop. In quella fase, però, la politica è cambiata, il Pd è cambiato e tutta la sinistra ha provato in ogni modo a trovare forme che le garantissero la sopravvivenza, senza cercarne altre che le prospettassero un futuro.

Facendo un rapido salto nel presente, i nodi sono definitivamente venuti al pettine dopo la caduta del Conte bis. Il Pd sembra sicuro nel suo appoggio a Mario Draghi, nonostante la presenza di Berlusconi. Poi lo è un po’ meno perché forse c’è Salvini. Poi lo è ancora un po’ di meno perché non si capisce cosa fa il M5S, e perché forse – per l’ennesima volta – ciò che c’è a sinistra del Pd è pronto alla scissione dell’atomo.

Nel frattempo, però, questo tipo di incertezza nel sapere cosa fare da grandi sta costringendo gli alleati del centro a guardarsi intorno e non sembrerebbe così assurdo ipotizzare che chi fino ad oggi è sempre stato un alleato, magari soltanto alle amministrative, in futuro potrebbe ritrovarsi dall’altra parte.

Certo, qualcuno potrebbe addirittura apprezzare quest’ultimo scenario, ma non è questo il punto. Piuttosto, bisognerebbe prendere in mano le proprie responsabilità e scegliere, imporre delle linee, sapere che lì dove gli scenari sono torbidi ha sempre vinto la destra, a cui  bastano 10 minuti per organizzarsi e trovare un padrone al quale affidarsi.

Prendete Bologna. Da un anno e oltre non si fa che parlare di chi sarà il prossimo sindaco. Ancora non si sa se ci saranno le primarie, se ci saranno chi si candiderà, se non ci saranno come verrà indicato il candidato sindaco e nel caso a chi si rivolgersi per tessere le alleanze. Rimane tutto troppo complesso, anche nei luoghi nei quali alla sinistra basterebbe una linea di programma pensata in anticipo per non perdere neppure per sbaglio.

Se queste sono le premesse dei mesi futuri c’è da stare sereni.


Un pensiero riguardo “Se la sinistra non riesce a scegliere neanche quando è facile

  1. Se il rischio di perdere è zero, non c’è nessun incentivo a parlare di programma o a fare le primarie, come abbiamo chiesto.
    Semplicemente si naviga a vista (per di più c’è il covid)…

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