Bologna non perda l’occasione della crisi dei partiti

Invece di essere la città dove il maggiore partito della sinistra consuma la sua fine nell’indecisione, potrebbe divenire il centro di un progetto di riforma dei partiti e di fondazione di un’alleanza tra tutti quei progressisti che vogliono essere protagonisti nell’associarsi liberamente. Il candidato a sindaco potrebbe essere espresso rapidamente se si seguissero le regole della democrazia interna al Pd e alle altre organizzazioni e si sapessero valorizzare le personalità

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Con il voto favorevole del Parlamento il governo istituzionale di Draghi opera una svolta che segna in politica il fatto che «nulla sarà come prima». Si apre una nuova era per il governo della cosa pubblica, non solo per le gravi crisi indotte dalla pandemia. Quanto per l’insipienza dei partiti sia di maggioranza sia di opposizione a saper dare una risposta credibile alle emergenze del Paese e alla necessità di una sua rinascita, nonostante il Recovery Fund, finanziato dalla Ue. 

Per Bologna la crisi dei partiti si presenta come un’occasione da non perdere. Invece di essere la città dove il maggiore partito della sinistra, il Pd, consuma la sua fine nell’indecisione, potrebbe divenire il centro di un progetto di riforma dei partiti e di fondazione di un’organica alleanza tra i movimenti, le associazioni, i civici, cioè di tutte quelle forze di progressisti che, richiamandosi all’art. 49 della Costituzione, vogliono essere protagonisti nell’associarsi «liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale», come della politica locale.

Bologna potrebbe ritornare alle sperimentazioni del passato facendosi interprete del nuovo che avanza anche in politica senza lasciarsi logorare dai vuoti riti correntizi. Con il governo di unità nazionale gli attuali partiti della sinistra sono stati delegittimati e per rinascere avrebbero bisogno di darsi un’anima pulsante di pluralismo, di apertura al confronto e di ricerca dell’unità con chi ha altre radici ed è portatore di valori diversi ma sempre finalizzati a costruire insieme il bene comune.

Quell’anima dovrebbe permettere di relazionarsi con gli ultimi e i meno abbienti della città aprendone le porte, allargandone le piazze, tingendola di verde, creando una comunità inclusiva e rispettosa delle diversità. È sperabile che i dirigenti dei partiti del centro-sinistra bolognese abbiano capito l’indicazione data dal presidente Sergio Mattarella: «Un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica» e che di conseguenza non debba escludere uno/una leader della società civile.

Il richiamo presidenziale si rivolge anche a quelle regioni o comuni che dovranno votare in primavera o in autunno per rinnovare i loro Consigli di amministrazione. Bologna per essere capitale europea merita un sindaco “di alto profilo”, che ne faccia una metropoli delle conoscenze, delle tecnologie, dell’innovazione. Sapendo che le riforme nazionali e locali le chiedono l’Europa e le impongono l’emergenza sanitaria e la crisi economica.

Tra le tante riforme necessarie a far ripartire il Paese e le città, il governo istituzionale ne indica una prioritaria rispetto alle altre: la riforma dei partiti e delle loro politiche. La messa in quarantena degli attuali partiti finirà quando smetteranno di essere cacofonici, in mano agli oligarchi e sapranno ispirarsi a un’altra idea della politica e a darsi una rappresentanza espressa dal territorio.

Il candidato a sindaco di Bologna potrebbe essere espresso rapidamente se si seguissero le regole della democrazia interna al Pd e alle altre organizzazioni, e si sapessero valorizzare le personalità della società bolognese. La capacità di uscire dalle secche in cui si è incagliato nell’indicare il candidato a sindaco della Città metropolitana richiede al centro-sinistra di dotarsi di quell’intelligenza politica necessaria per entrare nella nuova fase del mondo interconnesso, mettendo fine alla misera presunzione dei dirigenti del “tocca a me”.

A questo fine i veri protagonisti del cambiamento devono divenire i giovani e le donne, finora prevalentemente disconosciuti e ignorati. Sono i soggetti che potrebbero costituire quella leva capace di ribaltare il consunto apparato dei partiti e aprire davvero il nuovo scenario del pluralismo e della cooperazione, fondati sulle differenze non solo di genere ma di generazione, culture, valori, ideologie e di coraggio.


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