La promozione di Bologna può farla la sua storia tra 500 e 700

Il sindaco futuro attinga a un patrimonio incredibile per far conoscere meglio al mondo la città: oggi volgarmente nota per le tre T, in quei tre secoli era enclave di modernità collegata all’Europa. La città del Senato e del Legato Pontificio fu culla del Federalismo. Ferrara e Modena celebrano gli Estensi, Parma si fa gloria con i Farnese, i Borbone e Maria Luigia. Noi invece oggi ignoriamo che il vice Legato Cesi commissionò la fontana del Nettuno, l’Archiginnasio e molto altro

di Angelo Rambaldi, “Bologna al Centro – L’Officina delle Idee”


Nel programma di ogni candidato sindaco ci dovrebbe essere anche la necessità di un recupero della storia e dell’identità cittadina. Qualche esempio in Regione: a Ferrara, dopo parecchi secoli, tutti parlano dei Duchi estensi che la governarono e delle opere che ne contraddistinguono l’identità. A Modena nel 1998, grazie all’allora sindaco Giuliano Barbolini, fu celebrato con grandi eventi il IV centenario di Modena, divenuta nel 1598 capitale dello Stato Estense. A Parma i Farnese e i Borbone sono oggetto di continue iniziative culturali anche perché soprattutto ai Borbone viene attribuita la pronuncia con la “r rotonda” diffusissima in città. Per non parlare della Duchessa Maria Luigia verso la quale a Parma continuano affetto e riconoscenza. Il che, sia chiaro, mica significa desiderio del passato: siamo contenti di appartenere a un’Italia unita. Ma ciò non significa dimenticare l’identità e la storia della propria città. 

Quando, su iniziativa del Comune e altre realtà, fu restaurata la magnifica statua del Nettuno, nessuno ha ricordato quale potere volle quella magnifica fontana. Fu l’allora Vice Legato Pier Donato Cesi, l’autorità che rappresentava il Sovrano, ovvero il Papa, d’intesa con il Senato che esprimeva la città. Ma la splendida impresa del Cesi non si limitò alla creazione della piazza e della nuova statua del Nettuno. In quell’occasione, con il Palazzo dei Banchi, si compì il lato orientale della Piazza Maggiore. Si eresse anche il Palazzo dell’Archiginnasio che sarebbe divenuta l’unica sede dell’Università. Come si vede un piano urbanistico mirabile che si deve all’intelligenza di un Cardinale. Ma per il Cardinal Cesi, in quell’occasione, non fu spesa una mezza parola. 

Bologna non riuscì a divenire una Città Stato, ma il compromesso fra la città e i Pontefici produsse un governo misto che fu l’invenzione del “federalismo” e dell’autonomia locale con secoli di anticipo. In età moderna, pur inserita nello Stato della Chiesa, fu città europea collegata alle classi dirigenti europee. Tanti bolognesi furono grandi intellettuali, scienziati, generali. Le prime donne in cattedra in Europa furono nell’Alma Mater. Il Senato era sì aristocratico ma riuscì a essere rappresentativo di tutta la città, dove mai avvennero sommosse. Ai professori universitari, che erano borghesi, fu data l’amministrazione di una parte della fiscalità, la Gabella Grossa, con la quale si pagarono gli stipendi e le necessità dell’Ateneo, così che l’Università era libera da condizionamenti del potere politico locale e nazionale. Nel ‘700 a Bologna si sviluppò un vivace movimento riformista che Prospero Lambertini favorì ed appoggiò sia nel periodo in cui fu Cardinale in città sia durante il suo Pontificato.

Questo periodo della storia cittadina dal secolo XVI al secolo XVIII fu oscurato dalla nuova classe dirigente post risorgimentale: non solo per il necessario superamento di un sistema giunto al termine, ma per un vero e proprio moto iconoclasta. Questa damnatio memoriae fu messa in atto dalla nuova classe dirigente sull’onda delle invettive anticlericali carducciane e provocò una censura selettiva della memoria, che per certi aspetti dura ancora. Come scrisse il professor Alfeo Giacomelli, «…la realtà provinciale e agraria della Bologna ottocentesca ha condizionato fino a questi ultimi anni l’immagine storica di Bologna, portando ad una sottovalutazione di quella che fu l’importanza reale di Bologna per tutta l’età moderna, quando la città fu parte dello Stato pontificio. La borghesia risorgimentale che si considerava in ascesa trasferì alla società delle età a lei precedenti tutti i limiti sociali e culturali che le erano propri». Ad esempio, anche il ritardo sul reale valore della pittura bolognese, fra cinque e ‘600, riscoperta non a caso spesso da critici e cultori della pittura stranieri, sta in questa rimozione.

Bologna, nonostante discutibili interventi otto novecenteschi, ci parla ancora di quel tempo. Anzi è figlia di quel tempo: basti pensare alla magnifica sfilata, nelle strade della città, dei Palazzi Senatori. Occorre recuperare la storia di quella stagione: una miniera per la cultura e il turismo. Chi farà il sindaco ha nella Bologna fra ‘500 e fine ‘700 un combustibile culturale infinito anche per la promozione turistica della città.

Photo credits: Dimitris Kamaras (CC BY 2.0)


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