Nell’anno più difficile Sanremo ha alzato il livello

Dalla vicenda Patrick Zaki alla chiusura forzata dei locali. Alzi la mano chi si immaginava che dall’Ariston avremmo avuto dei momenti di televisione così alta da farci – quasi – completamente ricredere sul livello qualitativo dello show più importante dell’anno

di Andrea Femia, digital strategist cB


Di norma, quando avvengono delle cose che non fanno parte di ciò che ti aspetti, c’è quell’attimo di sbigottimento in cui ti riservi di pensare a ciò che ti si para davanti. Venendo fuori da un anno simile, le possibilità di rimanere sorpresi per qualcosa che avviene su uno schermo è di per sé un fatto rilevante, considerando che l’abuso di pixel fa ormai parte della nostra dieta quotidiana.

Sicuramente i colpi di scena fanno parte della dieta del pixel. Dal peggior prodotto su Netflix fino alla migliore intervista di Pierluigi Bersani, è previsto che si stia davanti a un monitor perché ci si aspetta che qualcosa di particolare succederà. Quel particolare, però, sembra ormai di averlo visto e rivisto così tante volte che lo sbigottimento rimane più che altro un esercizio di stile. Una fictio sensitiva che concediamo a noi stessi.

Questo preambolo per dire che poi, all’improvviso, il prodotto statico per eccellenza, la monarchia assoluta dello Status Quo, per qualche strana ragione, ti costringe a fare i conti con qualcosa di inaspettato. Una sorprendente evoluzione ha colpito il Festival di Sanremo. Può darsi che sia dipeso dalla costrizione che la pandemia ha indotto circa il mutare dei comportamenti. Può darsi che dipenda dal fatto che da quando la musica si consuma quasi esclusivamente online non è più chiarissimo quale sia il pubblico di riferimento al quale rivolgersi e che continuare a sottovalutare gli under  85 potrebbe non rivelarsi una scelta molto saggia in termini di investimento per le case discografiche, anche a costo di perdere qualche punto di share. Può darsi che dipenda da una serie di fattori infiniti che non siamo in grado di raccogliere, quest’anno, in ognuna delle serate dell’evento televisivo dell’anno, c’è stato almeno uno di quei momenti in cui la sorpresa l’ha fatta da padrona.

Mi piace concentrarmi su due eventi particolari. Il primo arriva nella prima serata. Siamo circa a metà della prima batteria degli artisti in gara, Amadeus va ad occupare il centro del palco per leggere una nota che in maniera breve e concisa ricorda a più di dieci milioni di italiani quello che sta succedendo a Patrick Zaki. Lo fa in un modo delicato e, senza dubbio, non falso. Non avrebbe bisogno di quei pochi secondi per fare minutaggio, ci pensano gli infiniti intermezzi di Fiorello per riempire 5 ore di diretta. Sono pochi secondi, non aiutano a farsi belli agli occhi di nessuno. Semplicemente, dal palco dell’Ariston, si ricorda che c’è uno studente dell’ateneo bolognese che da un anno vive quello che è – di fatto – una delle peggiori trasgressioni dei diritti umani che si possano concepire. Pensate a tutto il tempo che abbiamo passato in casa, nel frattempo c’è stato il coprifuoco, nel frattempo ci sono state le zone a colori, nel frattempo hanno riaperto e richiuso bar e ristoranti; nel frattempo Patrick Zaki è SEMPRE stato in carcere senza che la sua situazione giuridica sia in alcun modo definita.

Un gesto semplice ma capace – per un attimo – di riportare la luce su ciò che da troppo tempo è finito lontano dalle agende mediatiche.

Il secondo momento che mi piace citare è arrivato nella serata di giovedì. I ragazzi de Lo Stato Sociale si avviano a concludere la loro performance. Suonano Non è per sempre degli Afterhours. Chi sta davanti alla televisione si chiede che fine abbiano fatto Emanuela Fanelli e Francesco Pannofino, annunciati come ospiti del gruppo. Arrivano alla fine, in coda alla canzone. Prestano le loro voci alla causa e alla speranza di tutti quei locali, club, cinema, luoghi nei quali la cultura si fa e si diffonde, per migliorare ed arricchire le vite delle persone che quei luoghi li frequentano. Affinché il numero di vite vissute possa moltiplicarsi.

Quei luoghi sono chiusi da tantissimo tempo. Decine di migliaia di persone sono ferme da un anno; la musica dal vivo sembra un lontano ricordo. È stato bello ricordare – anche solo per un attimo – che non sarà per sempre.

Photo credits: RAI-Radiotelevisione Italiana


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