Tutti lo citano, lo cercano per tutto e lui da sempre rifiuta di essere un tuttologo, ben prima dei divi a tempo e gettone sfornati dalle tv, di quelli milionari dei social che lui non conosce ma rispetta. Ma menomale che c’è
di Marco Marozzi, giornalista
L’ultimo per ora è stato Stefano Bonaccini. “Citando Guccini, la notte sta per finire, ma il giorno non è ancora arrivato”. Sul Corriere di Bologna, intervista di Olivio Romanini. Noooo, pardon, l’ultimo vero, l’ultimissimo (per ora, per ora) è Fabio Fazio: “Nella Giornata nazionale in memoria delle vittime del covid ricordiamo le parole di Francesco Guccini: ‘Dopo il coronavirus non saremo migliori. Gli uomini non imparano, dimenticano’”. Sito di Che tempo che fa, sarà sicuramente rilanciato chissà quante volte.
Lui se ne sta a Pavana e continua quel che fa ormai da decenni. Il saggio involontario, parla poco, quando lo fa si stupisce dell’accoglienza oracolare, le sue frasi vengono riprese dopo anni e riciclate. Vangelo globalizzato per tutte le fedi. “Mah, strambo diventare vecchi”. Guccini è l’ultimo Grande Saggio italiano. Lo cercano per tutto e lui da sempre rifiuta di essere un tuttologo, ben prima dei divi a tempo e gettone sfornati dalle tv, di quelli milionari dei social che lui non conosce ma rispetta.
Il covid lo salva dai pellegrinaggi sull’Appennino, non dalle telefonate, dagli streamer rincorrenti. Letta? Il Papa? Il Pd con la Lega? Draghi? L’Inferno? Il Paradiso? Il covid? Fra audiolibri, telefonate, televisione, Guccini fa “la vita di sempre”, cioè dalla primavera 2020, epoca d’epidemia, recluso saggio che pubblicizza la vaccinazione.
Purtroppo e per fortuna è molto colto, di tutto sa, rifiuta ruolo e omologazione. Il prezzemolo è solo un condimento; alle tv di Berlusconi non c’è mai andato, per contenuti prima ancora che per idee somministrate, Maestrone è una laurea honoris causa da decenni. Quelli di una certa età lo amano oltre la politica, i giovani lo ascoltano, fascisti e ciellini compresi, lo leggono per voglia di eterna poesia. Il suo successo e il suo ritrarsi gentile, senza chiudersi, con fessure involontarie e ogni tanto aperture scelte, è una bella lezione per vip e politici. Sapienza montanara accompagnata da quella marina della moglie Raffaella.
Bonaccini sta a Castelfranco in via Bonaccini , “caduto per la libertà”, paese del nonno materno di Guccini, “Prandi della Ca’ Rossa, non ci sono mai stato, forse una volta”, e amen se la sua citazione gucciniana è un’elaborazione ben cosciente del profeta Isaia: ”La notte sta per finire, ma l’alba non è ancora spuntata”. Aridatece i democristiani che sapevano le fonti prime? Ma no, Guccini è Carducci, Pascoli, Eco….sa di greco e di latino, “Shomèr ma Mi-llailah?”, canzone del 1983, cita “Sentinella, a che punto è la notte?”, ebraico parafrasato in tanti titoli, aforismi.
Monsignor Matteo Zuppi arrivò a Bologna raccontando di voler conoscere l’autore de “Il pensionato”, cantore del “piacere assurdo” per “la sua antica cortesia”, quando “a vent’anni si è stupidi davvero”. Sono diventati amici, andati insieme ad Auschwitz e con i fedeli bolognesi dal Papa. Guccini è una riscoperta continua e mai cercata. Rideva quando per “Eskimo” lo consideravano un sessantottino. “Venivo da soldato, avevo freddo”. Il suo “non sono mai stato comunista” è diventato un mood esistenziale. È il cantore non delle parole e della cose perdute, ma di quello che resta oltre “L’Ultima Thule”. L’Ultimo Saggio serve eccome. Sapendo, come il Cicerone del suo amico Ivano Dionigi, “Obbedire al tempo”, “Seguire il demone”, “Conoscere se stessi”, “Non eccedere”.
Photo credits: Bruno (CC BY-SA 2.0)