Organizzati da sei diverse sigle, oggi sono un servizio alternativo, ma vero e concreto alla grande distribuzione per l’approvvigionamento della spesa quotidiana o settimanale. Una realtà vivace e organizzata, ad alto spessore umano e con nessuna intermediazione
di Giorgio Pirazzoli, coordinatore del Mercato Ritrovato
Molti cittadini bolognesi, nativi o d’adozione, amano frequentare i mercati contadini della nostra città, ma pochi sanno che ne esistono ben venti, diffusi su tutto il territorio urbano, in centro come in periferia, sviluppatisi negli ultimi venti anni.
Organizzati da sei diverse sigle contadine (Campi Aperti, Coldiretti, Eta Beta, Mercato Ritrovato, Produttori Agricoli di Borgo Panigale, Produttori Agricoli Emiliani) e turnati su tutti e sette i giorni della settimana e su tutti i sei quartieri, i mercati contadini di Bologna oggi sono un servizio alternativo, ma vero e concreto alla grande distribuzione per l’approvvigionamento della spesa quotidiana o settimanale. Una piccola distribuzione contadina organizzata, ad alto spessore umano e con nessuna intermediazione.
Inspiegabilmente chiusi durante il lockdown 2020 pur essendo luoghi di vendita alimentare, dalla loro successiva riapertura ci siamo resi conto di quanto i mercati contadini siano diventati luoghi insostituibili in cui trovare un cibo agricolo di prossimità. Nei mercati contadini si trova infatti una qualità difficilmente raggiungibile da altri modelli distributivi, proprio per quella formula così peculiare e così ben replicata, da diventare caratteristica e tipica della nostra città.
Diversi poi sono stati i mercati che hanno organizzato per i propri soci produttori opportunità di vendita anche online a partire da questo periodo, puntando esclusivamente sulla qualità del proprio prodotto, con consegne etiche pagate il giusto prezzo direttamente dai cittadini a lavoratori pienamente retribuiti, e trovando l’interesse di nuovi pubblici.
Nell’era del covidocene tanti cittadini in più sono alla ricerca di un luogo aperto e dunque più sano dei supermercati per fare compere, e anche per questo si sono fatti tentare dai mercati contadini, scoprendo una alternativa possibile e un mondo di altre virtù: prodotti più freschi poiché a km zero e raccolti dal campo poche ora prima di essere messi sul banco; prodotti di piccola scala fatti con cura artigianale da agricoltori locali; prodotti che nel loro trasporto inquinano meno della grande distribuzione e dunque pieni di gusto, ma pure di etica.
Le attività all’aperto saranno le protagoniste di questa nuova stagione che ci apprestiamo a vivere, e spero che potremo fruire al meglio delle tante funzioni che operano i mercati contadini nella nostra città: presidio del territorio urbano e al contempo presidio del territorio rurale metropolitano, luoghi di socialità diurna a basso impatto ecologico ed acustico, luoghi di incontro e di diffusione culturale, centralità civiche, luoghi in cui convivono diverse fasce d’età e prendono vita rapporti tra generazioni, spazi per promuovere e sostenere l’economia locale.
Per definizione la piazza è il luogo dove si fa il mercato, e dunque lo spazio dove si anima un mercato diventa per reciprocità una piazza. Nella nostra città da sempre “centro-centrica” anche su un livello metropolitano (Piazza Maggiore è “la piazza” di riferimento sia per chi abita in Saragozza, che per chi sta a San Donnino o a Casalecchio) abbiamo bisogno di promuovere nuove centralità nei suoi quartieri, nuovi luoghi identitari e di incontro, utili a diradare la concentrazione antropica: e se i mercati contadini diventassero le nuove piazze – o forse lo sono già – della nostra città metropolitana?