La riflessione di Beppe Ramina sul quartiere “difficile” che poi tanto difficile non è, rilancia l’attenzione sul decentramento amministrativo. Nessuno ne parla, ma ad ottobre oltre al sindaco si rinnoveranno anche i Quartieri che spesso valgono più di un assessorato
di Aldo Balzanelli, giornalista
Qualche giorno fa su queste pagine Beppe Ramina ha scritto un appassionato ritratto del Pilastro, raccontato in prima persona. La tesi è: d’accordo, al Pilastro capitano episodi disdicevoli come la recente sparatoria tra pusher, ma il quartiere è anche tanto altro. Quindi non parliamo soltanto di telecamere di sicurezza e della nuova caserma dei Carabinieri, ma “anche” del ricco tessuto civico e associativo di un quartiere definito, non sempre a proposito, difficile.
Leggere Ramina mi ha fatto riflettere su un fatto: siamo tutti presi dallo scontro in atto per decidere chi sarà il candidato del centrosinistra per Palazzo d’Accursio e ci dimentichiamo che a ottobre non si voterà soltanto per il sindaco, ma anche per rinnovare i vertici dei Quartieri.
Dai tempi di Achille Ardigò, il papà del decentramento, ne è passato di tempo e in molti gridano al tradimento di quell’idea. Nel frattempo però i Quartieri hanno comunque assunto un ruolo importante nell’amministrazione della città, passando attraverso un travaglio che ha portato all’attuale assetto.
E allora proviamo a prendere ad esempio proprio il Pilastro, la zona considerata la più problematica della città, per provare a fare il punto sullo stato di salute delle periferie e sul rapporto che i cittadini hanno con i Quartieri.
L’agognata caserma dei Carabinieri, importante presidio anche psicologico contro degrado e malavita, sarebbe dovuta essere pronta già da qualche mese se il governo giallo-verde (quello del citofonatore) non avesse congelato i fondi del “bando periferie”, ora fortunatamente riattivati. Grazie a quel bando non sarà completata soltanto la caserma, ma saranno anche ristrutturati e rilanciati i 400 orti di via Salgari, e investiti 400 mila euro in servizi di mediazione sociale e formazione-lavoro.
Ma scorrendo i progetti realizzati o in via di realizzazione si ha la conferma della “teoria Ramina”: accanto ad attività di rigenerazione urbana sono molti i progetti di rigenerazione sociale che hanno l’obiettivo di consolidare il senso di comunità e migliorare la qualità della vita. Anche se qualche sforzo in più potrebbe essere fatto sul piano dei finanziamenti pubblici all’arcipelago di iniziative dal basso, alcune delle quali trovano o troveranno ospitalità anche nel poliambulatorio, quello che l’Ausl qualche anno fa aveva inopinatamente deciso di chiudere.
Tutto bene insomma? Certo che no. Se complessivamente il Pilastro è in gran parte un quartiere come gli altri, in qualche caso addirittura dotato di maggiori servizi, sconta tuttavia l’esistenza di alcune aree caratterizzate da un forte degrado e dall’insediamento di persone che nessuno avrebbe piacere di avere come vicini di casa. È certamente un problema di ordine pubblico, di cui devono occuparsi principalmente le forze dell’ordine, ma è anche il risultato di politiche sbagliate sviluppatesi nel corso dei decenni, che hanno dato vita a un mix sociale difficile da gestire. E che da qualche tempo l’Acer cerca di affrontare.
Vi sono sono un paio di strade dove i negozi sono tristemente sfitti perché nessuno se la sente di avviare un’attività ed è lì che probabilmente occorre concentrare gli interventi secondo le indicazioni suggerite da Ramina, lavorando con intelligenza e creatività per riequilibrare la coesione sociale ed evitare un ulteriore rischio di ghettizzazione.
Non è che non sia stato fatto nulla in questi anni. Esempi virtuosi sono la “scuola delle donne”, un progetto che coinvolge le mamme straniere che spesso non parlano l’italiano e hanno difficoltà a seguire i figli a scuola. Oppure il “tavolo” che coordina il welfare di comunità, che credo esista solo al Pilastro. Ma occorre calcare il piede sull’acceleratore , a maggior ragione ora che il Covid ha contribuito a mutare profondamente gli scenari, spingendo fasce di popolazione che prima erano in grado di vivere decorosamente verso la soglia della povertà.
È un fenomeno di cui si stanno accorgendo tutti (e non solo al Pilastro) e se ne sta accorgendo certamente il Pd che, accusato di essere il partito della Ztl, nonostante tutto qui continua a raggranellare consensi superiori alla media cittadina e che a causa della pandemia ha sofferto meno del previsto la mancanza di una sede dopo lo “sfratto” dalla Casa Gialla.
Torna dunque a essere decisivo il ruolo dei Quartieri, che grazie alla vicinanza al territorio e alla conoscenza dei problemi sono certamente la miglior leva per agire con efficacia. Ecco perché, dopo le Primarie, sarà opportuno che il centrosinistra si occupi delle candidature a quelle che sembrano “poltroncine”, ma che sono invece in grado di incidere profondamente nel territorio, sicuramente più di un consigliere comunale e probabilmente più di un assessore.
Photo credits: Lorenzov79 (CC BY-SA 4.0)
Condivido pienamente. Purtroppo il tema del decentramento e delle funzioni dei quartieri è del tutto assente nel dibattito e nel confronto sulle primarie. L’idea della trasformazione/riqualificazione dei quartieri in municipalità, della elezione diretta del sindaco metropolitano e della contestuale cancellazione istituzionale del comune di Bologna si scontra con la tradizione e con la coscienza di chi si sente cittadino di Bologna e non (per esempio) di S.Donato/S.Vitale. Tuttavia una maggiore attenzione al tema sarebbe auspicabile.
Proposta intelligente
Ma dove ricavate le informazioni sul Pilastro che qui citate?
A parte la caserma a cui accennate, a me che vivo da una decina d’anni al Pilastro non è mai arrivata alcuna informazione circa le attività di quartiere, i servizi di mediazione sociale e formazione-lavoro, le attività di rigenerazione urbana o, come qui li chiamate, “i progetti di rigenerazione sociale che hanno l’obiettivo di consolidare il senso di comunità e migliorare la qualità della vita”.
E quali sarebbero poi queste “iniziative dal basso”?
Io darei volentieri il mio contributo a queste iniziative.
Ma dove, ma quando.
Anni fa, sempre in odore di elezioni, mi fu recapitato a casa un libriccino che doveva illustrare il quartiere, ma che in realtà presentava solo numeri telefonici (sbagliati) di servizi vari ed una cartina del quartiere S. Donato che ignorava completamente il Pilastro.
Mi arrivò anche una lettera che mi invitava a partecipare come “responsabile” di un’area a scelta nella giunta di quartiere, ma quando chiesi informazioni sulle modalità, gli orari, la frequenza non ricevetti alcuna risposta.
Quest’anno invece, sempre in odore di elezioni, guardacaso, mi è arrivato a casa un gruppetto caotico di foglietti tutti tenuti assieme da un graffetta: una mappa che mi presenta il quartiere come se io fossi una turista, uno illeggibile in formato biglietto da visita, stampato in corpo 4 e uno che mi invita a portare materiale fotografico del passato, per la memoria collettiva. Questo è tutto. Ma, nell’insipienza di chi lo ha “prodotto” dovrebbe invece servire ad “invitarmi a conoscere la comunità del Pilastro”.
Ma dove, ma quando, ma cosa.
Per non parlare poi del tanto agognato, assolutamente indispensabile poliambulatorio (lo dico senza ironia) che voi qui nominate e della cui “riattivazione” apprendi per caso andando in farmacia.
Poliambulatorio che comunque nei fatti non è ancora nemmeno in grado di dirti quando potrai ritirare le analisi che hai fatto lì.
Allora io vorrei invitare tutti, politici, giornalisti, rappresentanti di quartiere e compagnia cantante a fare una comunicazione decente, per cominciare, se davvero si vuole agire concretamente. Così che le giuste informazioni arrivino direttamente agli abitanti e li coinvolgano sul serio.
Le “foto d’epoca” di un quartiere che ha solo una cinquantina d’anni sono solo baggianate. E quei foglietti raffazzonati sono solo soldi buttati.
Ma vorrei anche aggungere che in questa decina d’anni, nonostante le mie paure iniziali, io di delinquenza vera e propria non ne ho mai vista. E nemmeno brutti ceffi.
Anzi, ne ho visti forse meno che in altri quartieri in cui ho abitato. Ma chissà, forse in questo sono stata solo fortunata.
E vorrei infine dire a Ramina -che pure rispetto e stimo- che è stato fortunato allora, perchè io spesi molto più di lui, nonostante allora il quartiere vivesse ancora sotto l’ombra funesta della Uno Bianca.
Cara Giuliana, la comunicazione su servizi e iniziative – eccezione fatta per il blog del Pilastro e per la webtv ampioraggio, ottimi strumenti dai quali apprendo sempre qualcosa di nuovo, ma solo in italiano – è davvero insufficiente.
Inoltre, sappiamo che la comunicazione può e deve andare oltre il fornire informazioni, può e deve creare – come sottolinei – coinvolgimento e contribuire a costruire reti e comunità. Per essere efficace, necessiterebbe di un investimento convinto e di una prospettiva abbastanza lunga, il che non mi sembra faccia parte dei programmi di chi si candida a sindaco di Bologna.
Quanto al costo dell’appartamento: è vero, eravamo in pieno crollo dei prezzi delle abitazioni, ma il Pilastro resta la zona più a buon mercato di Bologna e hinterland.
PS: grazie a Aldo Balzanelli per avere ripreso con generosità i temi dei quali avevo scritto. Ma non mi spingerei a parlare di una “teoria Ramina”: purtroppo – o per fortuna – non ho teorie.