Una comunità politica deve essere una comunità territoriale e a Bologna da tempo così non è. Si è andati a una progressiva diminuzione del numero e del ruolo dei Quartieri. Una deriva che influisce sulla qualità della vita dei cittadini e sulle scelte urbanistiche, spesso discutibili e poco lineari rispetto alla storia dei singoli territori
di Angelo Rambaldi, Bologna al Centro – l’Officina delle Idee
In amicizia e a rischio di ripetermi, vorrei fare alcune osservazioni in merito all’anemia del dibattito sui Quartieri – recentemente denunciata anche da Aldo Balzanelli – soprattutto pensando alla campagna per le Primarie del centro-sinistra appena conclusa. Aggiungendo, dato che ci sono, una considerazione su un orribile “intombamento” mascherato da modernismo.
Comincio dalla fine: il prossimo mandato amministrativo deve essere un mandato di completo cambiamento e “resurrezione” dei Quartieri. A Bologna il lascito del libro bianco di Dossetti e di Achille Ardigò è stato completamente tradito. La legge sulle Città Metropolitane va rivista, ma in quasi tutte le altre città che hanno i Quartieri (oltre alle Città Metropolitane, quelle che hanno più di 200mila abitanti) si è andati verso veri e propri Quartieri-Municipio con un ruolo non gregario ma anche progettuale e di condivisione non subalterna verso il Municipio principale.
A mio parere, il tanto pubblicizzato “ bilancio partecipato” null’altro è che un cadeau che la Giunta ha “concesso” ai vari Quartieri e che non incide sulla reale compartecipazione del governo della città. Brutalmente, come “parametro” (e in questi anni lo abbiamo visto) conta più il braccio destro o sinistro di un Assessore che il Consiglio di un Quartiere, compreso il presidente.
Una comunità politica deve essere una comunità territoriale e a Bologna da tempo così non è. Si è andati a una progressiva diminuzione del numero dei Quartieri, che oggi sono sei con una media di oltre 60mila abitanti ognuno. Troppo grandi per una città di nemmeno 400mila. Ma quello che è più grave sono i confini tracciati con un gesso, confini che hanno ignorato l’identità storica delle periferie, che esisteva ed esiste, arrivando a perpetrare l’assurdo di un centro storico diviso fra Quartieri diversi. Il centro storico deve essere un Quartiere unico. Aggiungo che pure tutta l’area collinare dovrebbe essere un unico Quartiere, anche se con una popolazione decisamente modesta.
Come dicevano i latini in cauda venenum, questo stato dei Quartieri è dovuto a precise responsabilità politiche. Ma voglio guardare avanti, chiunque divenga sindaco deva cambiare radicalmente l’atteggiamento e le scelte politiche fatte fino ad oggi. Non basta intitolare strade e fare convegni su Ardigò, se non se ne rispetta il lascito politico.
Qualche giorno fa, affacciandomi da via Don Minzoni sul Parco del Cavaticcio e la vasta area della depressione, quasi valliva, dove anticamente si trovava il Porto Canale di Bologna, ho rivisto la conca di cemento che ha intombato (mai termine fu più giusto) l’ultimo tratto del canale prima che uscisse dal limite della città antica. Quell’area ricorda uno dei tanti scempi che fu fatto in nome delle “magnifiche sorti progressive”. Fino al primo dopoguerra, infatti, pur in condizioni malmesse e bisognevole di non impossibili restauri, al fianco del canale erano rimasti vari fabbricati, tra cui l’elegante palazzina che conteneva, diciamo così, la “capitaneria” del porto canale.
Ma quel complesso, pur in maniera parziale, invadeva la parte finale del rettifilo via Irnerio – via del Mille – Piazza dei Martiri e via Don Minzoni. Sarebbe bastata una leggera modifica del rettifilo, ma non ci fu nulla da fare, nella seconda metà degli anni ’20 fu tutto distrutto e si salvò sul lato opposto soltanto l’antica “salara”. La bella Madonna che era sulla facciata dell’edificio della “capitaneria” fu spostata al termine della cordonata di Palazzo D’Accursio e rimase scoperto l’ultimo tratto del canale.
In tempi più recenti furono messi in opera vari interventi, a mio parere infelici, e tuttavia il canale rimase scoperto. Oggi invece una copertura di cemento copre il canale e così è nato uno spazio al fondo della conca. Probabilmente il canale stava tra i piedi di chi pensa che i “diritti” della “movida” abbiano sempre la precedenza. Che tristezza.
Photo credits: Fabio Di Francesco (CC BY-SA 4.0)
Concordo. La progettualità sull’evoluzione istituzionale dei Quartieri è totalmente assente.