Bologna e l’opportunità delle Primarie

Lo scontro riguarda quella riflessione che non è mai avvenuta e che alla fine ha prodotto gli schieramenti di oggi. Ma questo riguarda le dinamiche interne al Pd e quelle relative ai due bonsai nati sotto la ex quercia, «Liberi e Uguali» e «Italia Viva». Ma almeno la città può esprimere un giudizio sul governo della giunta uscente (di cui uno dei due candidati è assessore) restando nel recinto del centro-sinistra

di Pier Giorgio Ardeni, economista dello sviluppo


Se c’è una cosa che va riconosciuta a queste Primarie – che il Pd bolognese fino all’ultimo pareva non volere – è che hanno portato alla luce uno scontro che sarebbe rimasto lì a covare e dato alla città un’opportunità.

Lo scontro riguarda quel congresso che non c’è mai stato, quella riflessione che non è mai avvenuta e che alla fine ha prodotto gli schieramenti di oggi (e pure poca riflessione). Ma questo riguarda le dinamiche interne al Pd e quelle relative ai due bonsai nati sotto la ex quercia (ogni ex segretario ne fa nascere uno), «Liberi e Uguali» e «Italia Viva». 

L’opportunità che è stata data alla città, invece, riguarda tutti, ed è quella di esprimere un giudizio sul governo della giunta uscente (di cui uno dei due candidati è assessore) restando nel recinto del centro-sinistra.

Se si va a votare alle Primarie, insomma, si può esprimere un voto a favore o contro la giunta uscente senza correre il rischio di consegnare il Comune alla destra. L’assessore candidato – sostenuto ufficialmente dal Pd bolognese, con «endorsement» del segretario nazionale – rappresenta la continuità, necessariamente, anche se egli si vuole, comprensibilmente, distinguere. La candidata antagonista, attualmente sindaca del più grosso comune limitrofo, si pone invece come elemento di novità. E siccome sono entrambi di «sinistra», le accuse circa le appartenenze appaiono un poco deboli. 

L’assessore candidato è stato membro di una giunta che era partita con buona lena, con un sindaco che era cresciuto «sul territorio», come si dice, come presidente del quartiere Savena. Poi, però, il passo si è fatto lento. Assessori dimessi all’improvviso, funzionari invitati a cambiare ruolo o rimossi, le giunte del sindaco uscente hanno avuto una certa variabilità. Un popolare assessore alla viabilità non è stato confermato nonostante i voti (troppo sostenuto dalla «lobby della bicicletta»), quello alla cultura messo alla porta, un capo dei vigili dimesso dopo solenni promesse (il quale ha poi fatto causa, vincendola). L’immagine del governo del Comune si è appannata parecchio, fino a farsi opaca. Molte cose buone si possono dire (pensiamo al bilancio, al lavoro, finanche alla scuola, alle pari opportunità). Ma se ne possono dire anche di meno buone. 

La viabilità bolognese resta un enigma. Non solo ma, quel che è peggio, è che Bologna è una delle città d’Italia dove gli automobilisti trascorrono più tempo in auto. Perché? Perché le strade non sono scorrevoli, i semafori eterni e non sincronizzati, i sensi unici cervellotici, troppe auto in circolazione, soprattutto dentro le mura. Una seria politica ambientale dovrebbe ridurle di tre quarti, decuplicando il numero dei (piccoli) mezzi pubblici. 

È stato installato un «utilissimo» people mover, invece di fare in modo di utilizzare una ferrovia esistente. Si sono lasciati crescere centri commerciali enormi, e ci voleva la pandemia per farci apprezzare i negozi sotto casa quando i grandi supermercati non portavano la spesa a domicilio (per inettitudine, non avendo saputo adattare il loro sistema di ordinazioni online).

Bologna, però, è diventata un «tagliere a cielo aperto» e oggi, con la scusa delle riaperture, il dehors impazza. Torneranno anche i turisti, attirati dalla «cultura». Invece di imparare da altre realtà europee, si è lasciato che la città venisse data in affitto su Airbnb, lasciando che la «gentrificazione» espellesse gli studenti. Poi, certo, si sono desiderati i portici «patrimonio dell’umanità» ed è giusto, forse, come dice il buon Danilo Masotti, che Bologna resti, per gli stranieri, nient’altro che una città «between Florence and Venice».

Il fatto è che Bologna, lo smalto, lo ha perso da molto tempo. Aveva una scuola musicale, una scuola di cinema, una artistica, una sua vita culturale e intellettuale. Oggi, di queste, in Comune non se ne ha traccia, si vive di «vetrine». Perché c’è stata una classe di governo che non vi si è più rapportata.

Dopo la debacle del 1999, con Silvia Bartolini mandata nell’arena, il Pd di allora (il suo ceto dirigente) non ha saputo proporre niente di meglio che lo sceriffo venuto da lontano (e rimastovi), il Delbono che è subito inciampato, lasciando che in città arrivasse un commissario prefettizio a cui, addirittura, il Pd non ha saputo far di meglio che chiedere di candidarsi, tanto erano pronti i suoi dirigenti (e il povero Cevenini messo da parte).

Le Primarie sono un’opportunità per interrompere questa selezione del ceto dirigente. La sinistra cittadina, che ha votato per Bonaccini ma soprattutto quella che ha votato Schlein, avrà modo di riflettere, se dare una scossa e cambiare registro o continuare.

Photo credits: Gaia V


4 pensieri riguardo “Bologna e l’opportunità delle Primarie

  1. Ottima analisi il problema dal punto di vista dello elettore di sinistra e che se da una parte non vuole votare Leporano perché espressione della giunta uscente dalla altra non ritiene che Conti sia credibile dato il sostegno ei vari Tonelli, Galletti e C.. quindi alla fine e alle primarie proprio non ci va

  2. Come la mettiamo col dato di fatto che un pezzo consistente della giunta uscente supporta la sfidante? Credo che questa evidenza infici tutto il ragionamento dell’autore di questo articolo.

  3. C’è bisogno di novità, di competenza, di indirizzi politici aperti ad un orizzonte ampio e inclusivo, non solo a sinistra. Esmpio: Isabella Conti

  4. CantiereBologna ha l’aria di essere un sito di informazione e dibattito qualificato. Che senso ha utilizzare i commenti per inserire spot elettorali?

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