Giovani immigrati, tra realtà e aspettative

Abbiamo perso già troppe occasioni per riconoscere la cittadinanza italiana alle giovani generazioni nate o arrivate in Italia, soprattutto in seguito alla frequentazione scolastica. È ora di fare di più

di Annamaria Margutti, delega immigrazione Cdlm Cgil Bologna


Tra incertezza e progettualità a breve termine – lavoro, welfare e futuro per gli Under 40 a Bologna è il titolo dell’ultima ricerca dell’Ires Cgil Emilia-Romagna sulla situazione della giovane generazione bolognese dai 19 ai 40 anni, presentata da Daniela Freddi il 9 giugno alla Cdlm di Bologna. La ricerca ha messo in relazione la condizione materiale che attiene principalmente al lavoro, reddito e welfare, con le scelte individuali e le aspettative (qui il rapporto completo).

Risultano di estremo interesse le scelte effettuate rapportate alle fasce d’età, genere e cittadinanza, tutte rivolte a perseguire e mantenere la propria autonomia rispetto alla famiglia di origine, nonostante i problemi derivanti dalla precarietà. La scelta di una vita autonoma viene solo rallentata da coloro che rientrano nelle fasce di maggiore precarietà a causa del lavoro, spesso part-time involontario e tale da non garantire una professione e/o un reddito soddisfacenti e in linea con le proprie aspettative. 

Li preoccupa il dato della pandemia non tanto per la salute, quanto soprattutto per le conseguenze sulla situazione economica individuale, familiare e sul lavoro. In questa condizione di grande incertezza le fasce di età più giovani, delle donne e degli immigrati, mantengono le proprie aspettative, ad esempio rispetto al lavoro, auspicando che sia in linea con i propri interessi. 

La ricerca ritrae l’immagine di una generazione coraggiosa e fortemente impegnata che ci fa ben sperare, ci consegna il compito di rappresentarne i diritti con rinnovata energia, contro il luogo comune che la vorrebbe senza aspirazioni, rassegnata, a casa dei genitori con il reddito di cittadinanza e senza più ricercare il lavoro. Tra le persone che hanno risposto al sondaggio, l’82,3% era cittadino bolognese e il 17,7%  era composto da giovani cittadini immigrati. 

Vorrei qui richiamare l’attenzione sulle condizioni di lavoro, di orario e di reddito dei cittadini immigrati nella fascia di età 19-24 anni, in particolare immigrati extra Ue, che evidenziano una maggiore precarietà nel lavoro, mansioni poco qualificate e un basso reddito (dai 500 ai mille euro al mese) e in sintesi una forte penalizzazione anche rispetto ai titoli di studio conseguiti. 

Occorre chiedersi se e come lo status di cittadino extra Ue ha condizionato la ricerca del lavoro, la scelta del percorso di studi, il conseguimento del titolo di studio e l’accesso al welfare; così come è importante chiedersi come viene percepita l’impossibilità di diventare cittadini italiani se non dopo i 18 anni e oltre. Queste e altre considerazioni saranno oggetto di una prossima indagine che l’Ires Emilia-Romagna ha già nella sua agenda.

Una cosa è certa: la legge sulla cittadinanza è ancora quella del 5 febbraio 1992 e stabilisce che i figli dei cittadini immigrati acquisiscano la cittadinanza iure sanguinis, cioè se nascono o sono adottati da cittadini italiani. Le parziali modifiche riguardo ai tempi necessari per il rilascio e ai requisiti necessari inerenti, come ad esempio la conoscenza della lingua italiana, non hanno intaccato una legge che dovrebbe essere radicalmente riformata. Paradossalmente la legge prevede tempi più lunghi per chi è nato nel nostro Paese rispetto a chi arriva da un Paese extra Ue per stabilirvisi (dieci anni di residenza in Italia) o per matrimonio (due anni dal matrimonio, un anno se vi sono dei figli).

La verità è che abbiamo perso già troppe occasioni per riconoscere la cittadinanza italiana alle giovani generazioni nate o arrivate in Italia, soprattutto in seguito alla frequentazione scolastica. È ora di fare di più.

A tal proposito segnalo una lettera che pochi giorni fa è stata inviata al Presidente del Consiglio da mamme e papà d’origine straniera, a partire dall’Unione donne latino-americane in Italia (cfr. Vladimiro Polchi, la Repubblica del 12/06/2021). Chiedono una cosa sola: una nuova legge di cittadinanza per i loro figli, una risorsa per il Paese.

Dopo aver richiamato il dato di contribuzione al sistema pensionistico italiano, scrivono anche che hanno portato in Italia la cosa più cara – i loro figli – e denunciano la mancanza di una norma che tuteli il diritto di cittadinanza per chi è nato o cresciuto in Italia, “una modifica fondamentale per lo sviluppo del Paese intero”.

Photo credits: Luca Sartoni (CC BY-SA 2.0)


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