Il Passante e l’emergenza climatica

Dichiarare che l’infrastruttura autostradale si farà comunque, anche chiamandola ‘di nuova generazione’, equivale ad affermare che l’emergenza climatica è solo un abbellimento inserito nello Statuto Comunale per dare una verniciata di verde all’immagine pubblica della città

di Marco Palma, cittadino


La questione del Passante è la pietra angolare sulla quale misurare l’effettiva volontà politica di affrontare l’emergenza climatica. Ma, ancora una volta, e irragionevolmente, il cuore della discussione non è il ‘se fare’, bensì il ‘come fare’.

La coalizione che sostiene Matteo Lepore ha trovato un accordo sul tema. Attraverso una serie di “compensazioni” (le alberature, il finanziamento di un osservatorio, etc.) e di “soluzioni tecnologiche per l’abbattimento degli inquinanti e la ricarica dinamica dei mezzi”, l’infrastruttura autostradale dovrebbe diventare il simbolo del green deal alla bolognese.

Più che un deciso impulso alla ricerca di soluzioni per l’emergenza climatica, quello descritto sembra uno zuccherino utile a far ingoiare l’amaro boccone a quanti avevano fatto dell’opposizione al Passante una propria bandiera.

Che le soluzioni tecnologiche possano avere effetti sulle emissioni climalteranti è oggi irrilevante. Il nodo non è quello di mitigare l’impatto di un’opera; di fronte all’accelerazione del cambiamento climatico è invece urgente praticare un radicale cambio di paradigma: il riscaldamento globale, come testimoniano gli studi scientifici, non attende i tempi di adattamento di una società indisponibile a cambiare il sistema che sta mettendo l’umanità a rischio di estinzione.

È evidente che il tema non può più essere il ‘come’ costruire, bensì il ‘se’ e il ‘cosa’ costruire. Il fatto che Bologna sia oggettivamente un collo di bottiglia del traffico nazionale e internazionale non significa che le modalità con le quali si spostano persone e merci siano immodificabili per l’eternità. Anzi, quel nastro d’asfalto che i bolognesi si sono abituati a considerare parte del proprio ambiente urbano rappresenta una “servitù di passaggio” che avvelena l’aria respirata dalla comunità locale e contribuisce a non mettere in discussione una mobilità che ha conseguenze importanti sulla salute delle persone e del pianeta.

Un oggetto che funziona a energia rinnovabile è probabilmente meno inquinante di uno che brucia combustibili fossili, almeno durante il suo utilizzo; ma produrre e utilizzare quegli oggetti è ancora impattante in maniera inaccettabile. Allo stesso tempo, realizzare queste infrastrutture ha un costo, in termini di emissioni, il cui “ammortamento” non è compatibile con i pochi anni ancora disponibili per cambiare sistema ed evitare la catastrofe. Essere desiderosi di raggiungere più in fretta la riviera romagnola è comprensibile, ma dobbiamo essere consapevoli che il conto di questo desiderio lo pagheranno le prossime generazioni.

Il Comune di Bologna ha inserito l’emergenza climatica nel proprio Statuto. L’attuale amministrazione e coloro che intendono diventarne le/gli eredi affermano di voler fare della nostra città “la più progressista d’Europa”, candidandola tra quelle che guideranno la transizione climatica. Se questa è la vocazione, Bologna dovrebbe rivendicare il proprio diritto a non essere il nodo nazionale del trasporto su gomma, contribuendo a promuovere – anche attraverso un rifiuto senza se e senza ma all’allargamento del Passante autostradale – una rapida riconversione del sistema infrastrutturale e produttivo del Paese, capace di togliere dalla strada milioni di mezzi, rendendo non necessarie nuove opere stradali.

Se il cambiamento climatico è l’emergenza, le risposte devono essere emergenziali. Come è successo in altre città europee, chi amministra dovrebbe coinvolgere le/i cittadini in un percorso che, in pochissimi anni, porti la comunità locale a migliorare la propria qualità della vita grazie alla transizione climatica. E, tra le misure più urgenti, c’è la dismissione del mezzo privato motorizzato, che tra l’altro rappresenta spesso una delle cause di peggioramento della quotidianità di chi, per costrizione o abitudine, perde ogni giorno una parte significativa del proprio tempo all’interno di un abitacolo.

Il Passante condanna Bologna a legare il proprio futuro al trasporto su gomma. Perché, come è logico, l’infrastruttura risponde all’esigenza di accogliere un maggior numero di veicoli, incentivando questa forma di mobilità a scapito di altre soluzioni – non solo infrastrutturali e di mobilità – che possono contribuire alla transizione climatica e, contemporaneamente, migliorare la nostra qualità della vita.

Dichiarare che il Passante si farebbe comunque, e che in questo scenario è meglio se lo chiamiamo ‘di nuova generazione’, equivale ad affermare che l’emergenza climatica è solo un abbellimento inserito nello Statuto Comunale per dare una verniciata di verde all’immagine pubblica della città.

Il tempo delle grandi opere indispensabili è finito da un pezzo: abbiamo bisogno di aria, spazi, salute, diritti, cibo di qualità, mentre l’asfalto devasta il territorio che viviamo e compromette il nostro futuro. Ergere il Passante a “opera simbolo nazionale della transizione ecologica” può essere utile a sottoscrivere un patto di coalizione, ma è un tradimento delle aspettative di chi vivrà questa terra nei prossimi decenni.

Photo credits: Agenzia DiRE


13 pensieri riguardo “Il Passante e l’emergenza climatica

  1. Buongiorno. Concordo assolutamente con l’assetto del suo ragionamento, ma ritengo indispensabile che ad ogni NO sicuramente necessario corrisponda un contemporaneo progetto alternativo fattibile e sviluppato su cosa SI. Altrimenti a mio parere il non fare e basta o l’intento non fare, risulterebbe parimenti dannoso.

  2. Il Sindaco ha dichiarato che il Passante ‘é la mia eredità’. Sono d’accordo; il guaio é che é anche l’eredità che lasceremo ai nostri figli, nipoti e oltre. Ed é un’eredità nefasta per le conseguenze che porterà. In astratto, a parole sembra esservi un accordo universale sulla necessità di affrontare con estrema urgenza il cambiamento climatico: accordi internazionali stringenti, G20, piani UE molto ambiziosi (- 55% entro 8 anni!), Ministero della Transizione ecologica… Ma poi, all’atto pratico le decisioni vanno sempre nella direzione opposta come in questo caso, con la creazione di un cappio di asfalto mostruoso, a ridosso della città destinato a strangolare i suoi abitanti e ad aggravare piuttosto che alleviare il cambiamento climatico. Nelle nostre decisioni dovremmo cominciare a pensare avanti, alle generazioni che verranno dopo di noi, ne abbiamo la responsabilità. Come? Il Galles ad esempio ha creato una Commissioner for Future Generations che, fra le molte altre iniziative, ha chiesto di fermare l’ampliamento della M4 che porta ogni giorno i pendolari gallesi a Londra. Ecco, questa é una eredità che i nostri figli e nipoti ricorderanno positivamente, non certo il Passante.

  3. Mi piacerebbe che alcuni di quelli che continuano a sostenere un “non facciamo nulla”, frequentassero un attimo (magari non tutte le mattine, vi chiederei troppo), la viabilità di cui stiamo parlando. Se non si comincia a mettere mano dopo decenni di discussione (in gran parte inutile, mi pare, ma spero di no), saremo travolti da una ondata di rivolta, che potrebbe anche esserci nelle prossime elezioni comunali, e allora addio opere di mitigazione. C’è una corda che si sta per spezzare dopo attese di decenni, incontri, assemblee e poi si ricomincia da capo. E gli anni sono passati senza alcuna soluzione, ma tante belle parole, bruciando ore di tempo, nonchè benzina in code interminabili. Forse non ve ne rendete conto, cosa significa vivere nelle periferie e dover passare per il nodo di Bologna. Continuo a pensare che la migliore soluzione fosse quella che girava “larga”, ma è stata bocciata. Quando non si decide, poi alla fine arriva la soluzione peggiore.

    1. Il passante nord sarebbe fatto da molto tempo .Il terreno pseudo agricolo e già tutto in costruzione quindi

  4. Bologna dovrebbe avere la bravura e l’intelligenza di declinare su scala locale i macro-obiettivi indicati dai scienziati (Rapporti dell’IPCC) e dall’Accordo di Parigi. Si firma e poi ci si dimentica. Nell’Accordo di Parigi sottoscritto da 196 Stati di cui l’Italia, c’è la necessità di “rendere i flussi finanziari coerenti con un percorso che conduca a uno sviluppo a basse emissioni di gas a effetto serra e resiliente al clima”. La domanda che si pone dunque è proprio questa: I 2,2 miliardi del Passante di Bologna sono coerenti con questo percorso?

    1. Ma perchè guardare solo al passante?

      Senza viabilità, si ferma il lavoro, i redditi, la sostenibilità economica delle famiglie. Con il calesse non si va molto lontano

  5. Che poi per raggiungere più in fretta la riviera non c’è nemmeno bisogno del passante. Basta attendere gli effetti del surriscaldamento e ce l’avremo a pochi chilometri.

    1. Scusate ma quale Riviera ? Il problema sono le migliaia di persone che devono lavorare, trasportare, ecc. ecc.

      1. Caro Andrea,
        continuare a contrapporre il lavoro all’ambiente, decidendo che il secondo è sacrificabile al primo, non è molto lungimirante. Chiaro che reddito e diritti sono imprescindibili, ma se tra pochi decenni non ci sarà più un pianeta vivibile, ci sarà ben poco da lavorare. La transizione non è una passeggiata, ma va fatta. E la mobilità privata motorizzata è una delle (tante) cose su cui è urgente produrre un cambiamento radicale. Poi possiamo continuare a chiederci come ridurre la coda da affrontare domattina, ma questo è un problema nostro, non delle prossime generazioni a cui faremo pagare il conto della nostra indisponibilità a mettere in discussione il sistema devastante che abbiamo costruito e continuamo ad alimentare.

  6. Sperare che la modalita di realizzazione del passante o la sua non realizzazione csmbino il clima e irrealistico. Quello che e sicuro che tealizzare il psssante mantenendo la cjrcocazione attuale significa moltiplicare per due il problema del passante per 5- 10 anni. Fare la galleria almeno ci eviterebbe questo.

    1. Non dimentichiamo che la prospettiva è l’elettrico, quindi mi sentirei tranquillo per quanto riguarda le prossime generazioni, sul tema passante. Se non lasciamo il lavoro invece mi sentirei responsabile.
      Non è una contrapposizione, ma ci sono 30 anni di chiacchere alle spalle senza alcuna soluzione, ed ora che bene o male una l’abbiamo siamo ancora qui a pensare a come bloccare anche questa. Questa responsabilità del non decidere e del non fare come la vediamo nei confronti delle nuove generazioni ?

      1. Anche continuare a ripetere che le alternative non sono state proposte non aiuta.
        Di proposte ne sono state fatte decine, ma siccome non sono riassumibili in un unico progetto infrastrutturale e non sono quindi facili da comunicare, non si sono mai prese in considerazione (tralasciando che la volontà politica di rendere indispensabile il passante sia sempre stata prevalente e abbia supportato questo attendismo mascherandolo come colpa di chi le alternative le proponeva).
        Quindi, anche basta: le soluzioni ci sono, gli obiettivi sono già stati inseriti nel Piano della mobilità urbana (appena approvato, quindi vigente) e non sono compatibili con la realizzazione dell’opera.
        Si tratterebbe di dare reale impulso a quelle risposte lì e spiegare ai cittadini che dovranno cambiare abitudini, perché altrimenti il loro lavoro, nei prossimi anni, servirà solo a pagare i danni di bufere, siccità e inondazioni. E dovremo anche metterci altro denaro. E così addio a sanità, servizi, varii, cinema in piazza, eccetera.
        Se solo queste amministrazioni fossero coerenti con quanto approvano…

  7. Conosciamo in dettaglio l’impatto sulla salute dei cittadini che ha questa infrastruttura?
    Abbiamo a disposizione un monitoraggio puntuale sulla qualità dell’aria lungo il tracciato?
    La risposta a entrambe le domande è no e un numero crescente di cittadini sta firmando un appello per chiedere alle istituzioni di non prendere decisioni definitive su quest’opera senza disporre prima di questi dati. Un monitoraggio della qualità dell’aria con centraline fisse poste lungo il tracciato e una indagine epidemiologica per caratterizzare lo stato di salute della cittadinanza, uniti alla pubblicazione e trasparenza di tutti i dati, sono gli obiettivi della petizione online promossa dalla rete civica Aria Pesa che invito tutti a firmare e diffondere: http://chng.it/5ynXtHW862

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