Bologna memorabilia: le immagini del tempo che fu

Racconti del passato attraverso cartoline e fotografie in bianco e nero. Immagini suggestive e nostalgiche di una città del passato, ma che rimane nel ricordo di chi l’ha vissuta e di chi vuole ripercorrerne la storia. Fausto Malpensa, collezionista, ripercorre su una pagina Facebook con migliaia di follower le nostre origini tramite scatti, monete, burattini e, soprattutto, una grande passione storica

di Francesca Bombarda, giornalista


Le meraviglie di Bologna. O meglio, di una Bologna che non c’è più. Sono i fotoconfronti col passato di Fausto Malpensa. Ma anche le sue monetine e i suoi burattini.

Nella vita è un operaio, ma da più di quarant’anni, oggi ne ha 54, colleziona oggetti storici ricercati minuziosamente tra mercatini dell’antiquariato e negozi. «Sono un collezionista, non uno storico. Ma per fare questo devo comunque informarmi tanto e studiare. Non colleziono solo cartoline, ma anche altri oggetti del passato che parlano della storia della città: monetine, libri, figurine del Bologna calcio, burattini. Sono talmente tante cose che ricordarmele tutte è difficile», racconta.

Una passione che, negli ultimi anni, ha cominciato a trasmettere anche sui social. Sul gruppo Facebook che, non a caso, è intitolato “Meraviglie di Bologna”, Malpensa pubblica almeno due o tre volte alla settimana i suoi ricordi che raccolgono ogni volta tantissimi commenti: tantissimi follower restano incantati riscoprendo aspetti che non conoscono del luogo in cui sono nati e cresciuti. «Mi piace, attraverso le mie foto e le mie cartoline, cercare di riscoprire una storia che non c’è più. Una storia che però bisogna conoscere: io imparo dai libri, ne ho tantissimi. Mi piace trasmettere quello che ho imparato agli altri, magari anche a chi è arrivato da poco», dice Malpensa. Più di cento “mi piace” per ogni post con commenti che esprimono gratitudine o stupore. Ma a volte anche rabbia per edifici e strutture che hanno modificato lo spirito di una città sotto l’egida del modernismo.

E poi le grandi guerre, il riassetto urbano che è andato di pari passo con l’evoluzione. Fenomeni che hanno portato ad abbattere monumenti che hanno fatto la storia di Bologna, come le stesse mura, di cui sono rimaste solo dieci delle dodici porte. Sono queste, infatti, le grandi protagoniste dei fotoconfronti di Malpensa.

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Uno dei “fotoconfronti col passato” della collezione

In ordine sparso, senza quindi attribuire una sequenza di importanza, c’è, per esempio, Porta San Donato nell’ottobre del 1944: «Nelle foto si vede la “Sperrzone”, la zona sbarrata sorvegliata dai gendarmi tedeschi e dalle brigate nere, dove controllavano i permessi di circolazione e i carichi dei veicoli. Questo succedeva in tutte le porte e agli accessi all’interno dei viali di circonvallazione», scrive il collezionista. E poi Porta Galliera in bianco e nero, appena dopo l’ingresso nella città dalla stazione, a paragone con una fotografia attuale a colori: «L’esterno di Porta Galliera nel primo decennio del ‘900 e nei giorni nostri. Era presente ancora il ponte sul fossato e i vecchi edifici, prima della sistemazione di piazza XX Settembre e la copertura del canale, poi riaperto davanti alla porta nei restauri all’inizio del 2000».

Quei ponti sul fossato sono uno dei punti forti dei racconti e degli studi di Malpensa che con i suoi confronti fotografici si concentra più che altro sui «luoghi periferici, quelli un po’ più nascosti che magari non tutti conoscono o ricordano». Oltre le mura, infatti, c’è un mondo. Un mondo che soprattutto oggi viene spesso dimenticato. «Un tempo c’erano campi, orti, canali», narra il collezionista. Una persona che ha a cuore la sua città perché «alla Bologna di oggi mancano tante cose del passato. E io, anche se non sono uno storico di professione, ma mi sento di esserlo dal punto di vista della mia passione, sono nostalgico di quei luoghi che almeno fino agli anni ’50 erano parte integrante della città». 

Alcuni rimangono lo stesso luoghi fondamentali, come la stazione centrale. Subito la memoria più recente riporta al 1980, all’attentato di quel sabato 2 agosto, quando alle 10.25 esplose un ordigno a tempo che provocò la morte di 85 persone. Come racconta Malpensa, la stazione fu costruita molto tempo prima, già nel 1871 dall’ingegner Gaetano Ratti e poi «ampliata nel 1926 e ulteriormente sistemata dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale fu gravemente danneggiata dai bombardamenti perdendo la torre dell’orologio». Bombardamenti che hanno avuto come seguito la volontà di costruire una città medievale, poi in stile parigino. Poi ancora la necessità di ridurre le Torri da cinque a due (le Due Torri oggi simbolo di Bologna) per far spazio a via Rizzoli e Strada Maggiore, all’epoca via Mazzini, come specifica nei suoi racconti Malpensa.

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Stazione centrale di Bologna. Collezione Fausto Malpensa

E non a caso c’è chi su Facebook chiede «se esista una planimetria della città ancora prima del 1900 per confrontarla con quella di oggi… sarebbe molto interessante». Ecco perché quello di Malpensa è diventato un passatempo “sano” nel mondo digitale: «Più che collezionismo in senso stretto è un modo per far rivivere una memoria che rimane anche se Bologna è cambiata», come ammesso da lui stesso.

Così, per trovare le storie più antiche, non solo colleziona da oltre quarant’anni diversi oggetti, ma gira anche tantissimi mercatini specialistici del settore e a volte organizza mostre o esposizioni. Uno dei suoi lavori più conosciuti, oltre che più importanti, è quello sui Giardini Margherita. Tra Porta Castiglione e Porta Santo Stefano, dove esisteva dal 1300 uno dei primi conventi di Clarisse della città, già nel 1879 si decise di intitolare il parco odierno alla Regina Margherita, divenendo presto “i Giardini dei Bolognesi”.

In realtà Malpensa non ha un luogo preferito, anche se è molto affezionato ai canali dove «una volta si navigava». E infatti, una delle sue cartoline racconta questa storia: «Le acque provenienti da Porta Galliera, ossia il torrente Aposa e i canali Reno e Savena, confluiscono nel canale Navile al sostegno della Bova, tra via Bovi Campeggi e il ponte della ferrovia, fuori Porta Lame. Sono così ricongiunte tutte le acque bolognesi e questo ha favorito nei secoli la navigazione fino ai primi decenni del ‘900. Le due fotocartoline sono degli anni ’20».

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Il sostegno della Bova

Ma, con i suoi studi, Malpensa ha voluto indagare anche sul passato del suo cognome, bolognese doc: «Il mio cognome può sembrare milanese: non è vero, l’origine e la radice sono emiliani», specifica il collezionista. Una persona che, mossa dal suo interesse, custodisce questi ricordi «in album, cassetti, scaffali dove tutto è diviso per tematiche. Solo per piazza Maggiore e il Nettuno avrò duecento foto, ognuna riprende un’angolazione diversa e dettagli differenti. Dietro la mia passione, infatti, c’è un grande lavoro. Ho una casa senza buchi vuoti, è piena di stampe, quadri e immagini», dice ricordando l’importante studio dietro la sua mania, alimentata da una ricerca costante: «Quando vado ai mercatini cerco sempre oggetti che possano essere aggiunti alle mie collezioni. Mi sposto anche fuori Bologna, per la regione. E, di mercatini, ne faccio anche. Qualche domenica al mese ho dei banchi perché cerco di vendere oggetti che non mi interessano più o che non riguardano strettamente Bologna».

Di collezionisti, in Italia ma anche a Bologna, ce ne sono tanti, anche se il settore non è così conosciuto. Una cosa che a Malpensa, però, non piace, è che «di solito i collezionisti sono molto gelosi. Al contrario io cerco sempre di condividere tutto quello che ho, come faccio per esempio pubblicando su Facebook i miei fotoconfronti. Non tengo le cose per me come fanno molti altri, anche perché cosa ci guadagnerei? Ci ho investito e speso dei soldi, perché non condividerli con la gente?», si chiede. Al bolognese, insomma, piace far vedere ai suoi concittadini, vecchi e nuovi, cosa fa, come cerca le fonti giuste nei testi giusti: «Non smetto mai di studiare. Ma proprio questo alimenta questa passione che mi porta indietro del tempo».

Fare un elenco dei luoghi storici o delle immagini collezionate sarebbe riduttivo. Tra quelle più suggestive, che oltre a una grande passione ripercorrono alcuni momenti salienti della storia felsinea, Malpensa ha condiviso sia il Nettuno sia uno scatto color seppia del Portico dei Servi: due luoghi oggi cari a tutti, bolognesi e non, agli abitanti del centro ma anche agli studenti fuori sede che si recano all’Università.

Del Portico e della Basilica di Santa Maria dei Servi Malpensa ha postato una cartolina che, in realtà, mostra un luogo non troppo diverso da quello del primo ventennio del ‘900. Forse, a cambiare, sono solo le generazioni, quelle più giovani che sotto quel portico oggi festeggiano le lauree. Verso Piazza Maggiore, però, dettagli che forse non torneranno più: «Il Nettuno con l’antica cancellata e il mercato nella seconda metà dell’800, cancellata installata nel 1604 come protezione e rimossa nel 1888».

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Il Portico dei Servi

Senza dimenticarsi di una delle vie più frequentate, soprattutto da chi ama lo shopping. È via Indipendenza, di cui Malpensa ha condiviso una cartolina che la ritrae agli inizi del ‘900, confrontata con una foto attuale della strada vista dalla Montagnola: «A destra si nota il porticato dopo via Milazzo sopraelevato con edifici simili al palazzo Giordani di piazza XX Settembre. A sinistra si vede palazzo Maccaferri del 1899, dove un tempo c’era al suo interno l’Eden Kursaal, primo Cafè Chantant a Bologna».

E così molti altri luoghi, molte altre storie e ricordi di una Bologna tramandata nel tempo. Chissà che rileggere una storia che non c’è più, anche attraverso semplici fotografie in bianco e nero, non permetta di pensare a una Bologna migliore per il futuro. È impossibile che torni come una volta, soprattutto dal punto di vista strutturale, del progresso e dell’evoluzione, fenomeni che non si possono fermare. Bologna è sempre bella, così come il suo centro storico che è insuperabile. Ma la Bologna di oggi può imparare tanto dalla città che non c’è più e dalle sue origini più nascoste. 

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Il Nettuno (seconda metà del XIX secolo)

L’articolo di Francesca Bombarda è stato realizzato per Quindici, la rivista quindicinale del Master in giornalismo dell’Università di Bologna


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