Benvenuti a Maurilia anzi a Bologna, se Calvino non si arrabbia/Seconda parte

Dicevamo, gli interrogativi sul tavolo sono molti. A cominciare dagli effetti della pandemia, passando per le grandi opere e arrivando al potenziale esplosivo conflitto fra tecnologia, economia e ambiente. Infine, che tipo di cultura ha in mente chi si candida? E quale ruolo intende darle nel futuro della città?

di Gabriele Via, poeta


Che significato avranno dunque queste elezioni? Siamo in Italia. Il dibattito politico è osceno, vergognoso, meschino, menzognero e di bassissimo livello. Ormai questo lo sappiamo e siamo rassegnati. È chiaro che, anche se si tratta di elezioni amministrative, il governo sarà comunque giudicato. Anche perché, tramite le amministrazioni locali, in questo stato di emergenza più che mai è stato il Governo stesso che davvero si è posto dietro la porta di casa di ognuno di noi. 

Altrettanto chiaro è che se vincerà chi fa parte del governo sarà una vittoria del governo; se dovrà verificarsi il contrario allora una parte chiederà la testa del governo e l’altra minimizzerà dicendo che si è solo trattato di elezioni locali. In ogni caso vinceranno tutti e tutti diranno che è tutta una schifezza e che nulla mai cambierà. 

Sarà poi anche il grande appuntamento di tutto l’elettorato che aveva in qualche modo creduto (dato credito) alla speranza rappresentata dal Movimento (anche solo il nome “Movimento”, anti casta per eccellenza) che poi si è fatto fagocitare vergognosamente da Roma, esattamente come Bossi una generazione prima. 

E infine la questione delle questioni: quasi due anni di stato di emergenza. E siccome questa emergenza è stata solo l’ultima delle emergenze (se pure la più eclatante) potrà darsi che in questo voto si scaricheranno tante più frustrazioni, rabbie, delusioni ben oltre la gestione della pandemia in sé e ben oltre lo specifico del profilo locale del voto. Qualcosa di epocale aleggia sulle urne di ottobre. E davanti al molto c’è sempre il nulla in agguato e una montagna gravida del solito topolino.

Tutto ciò detto: ecco poi Bologna. 

Caro direttore, nel tuo bell’articolo ci sono due assenze che urlano, e quell’urlo getta un’ombra davvero inquietante sui giorni che ci separano dal voto. Per quanto due articoli precedenti le chiamassero in ballo, senza esaurirne la problematicità, il tuo articolo non nomina mai le Sardine e, addirittura relega il nome di Prodi a un buffo slogan gridato in piazza nel 1999.  Punto. 

Ma noi tutti sappiamo bene che proprio Prodi è stato al centro di una strana e surreale polemica allorquando, poche ore prima del voto per le primarie del centrosinistra che avrebbe poi visto Matteo Lepore vincere su una incontenibile Isabella Conti che io pubblicamente avevo subito sostenuto mentre tutto il Pd leporiano, seguendo l’esempio del suo leader, la “insultava” in maniera abietta e compiaciuta, specie le donne – evocò il sangue per le strade. Parole simili da parte del professor Prodi io non le avevo mai sentite. Evidentemente abbiamo però scelto la linea del tanto rumore per nulla.

Perché dunque Sardine e Prodi sono assenti dal tuo pezzo che pure parla della necessità di votare in massa per Lepore?

Come immaginerai ci sono molte altre domande che si potrebbero fare e che farei, ma che il tuo taglio che stabilisce che è tempo di passare subito all’incasso e poi si vedrà, le impedirebbe per sua stessa impostazione.

Sono invece convinto che molti con me vorrebbero sapere da subito diverse cose: a partire da come impegnarsi già ora su questioni cruciali come il potenziale esplosivo conflitto fra tecnologia economia e ambiente. Non solo aspetti decisivi per una visione davvero all’altezza della situazione, ma luogo di altissima temperatura e decisivo rischio per una serie di eredità che già bruciano sul tavolo: il passante, Fico e quel tristissimo trenino che sferraglia tra la stazione e l’aeroporto come una vecchia giostrina scassata, un giorno di autunno, sul mare ormai senza turisti, e per il quale giochino il Comune paga una società privata perché le performance non sono a livello delle previsioni. 

E ancora: vorrei tanto che Lepore e Conti si impegnassero prima del voto a dirci chiaramente cosa faranno dopo: tipo sindaco e vicesindaco; e se faranno il tridente, se giocheranno a zona, e chi farà il poliziotto buono e chi quello cattivo. La vaselina l’abbiamo già. Tranquilli.

E quindi, ancora ultima, la cultura, che non si esaurisce con l’Università, il sistema dei musei, il Comunale e gli altri teatri, la Musica e la Cineteca. La cultura significa forse qualcosa di altro e di più ancora, qualcosa che non abbiamo più avuto il coraggio di pensare e considerare: talmente vittime del complesso del primo della classe, ossequiosi per manifesta superiorità verso il monocratico magnifico esempio di noi sappiamo chi e ugualmente così segretamente consapevoli di essere per sempre e irrevocabilmente orfani di Roberto Roversi, Umberto Eco e Andrea Emiliani. 

Ma che quando un genio come Mario Cucinella si espone con una provocazione visionaria come la parete verde verticale per San Petronio, nessuno coglie l’occasione (io per Cantiere per la verità ci ho provato ma evidentemente sono davvero l’ultimo dei cretini in una città di premi Nobel) e anche il più troglodita tra i trogloditi non perde occasione per tirargli addosso merda, e anche di scarsa qualità, ovviamente. Perché questa è Bologna, caro direttore. Mi correggo: perché questa è Maurilia, caro direttore.

Photo credits: Luca Sartoni (CC BY-SA 2.0)


3 pensieri riguardo “Benvenuti a Maurilia anzi a Bologna, se Calvino non si arrabbia/Seconda parte

  1. Sarà il generale agosto, sarà la complessiva non esaltante performance della politica bolognese, ma, tra primarie e candidati oggetto di veti incrociati, il dibattito politico non è decollato e ormai temo che settembre difficilmente possa segnare la svolta. Via usa una prosa accattivante ma conferma che, sic stantibus rebus, è Impossibile essere ragazzi del coro.

  2. A proposito del …
    [cito dal testo di Gabriele Via]potenziale esplosivo conflitto fra tecnologia, economia e ambiente.

    vorrei suggerire di sostituire “potenziale esplosivo” con “tragico”.

    Vorrei inoltre che l’ex dirigente politico Aldo Bacchiocchi, nel suo La città extra moenia sognata da Fanti e Lercaro è incompiuta, mostrasse di essere consapevole del potenziale ruolo che Bologna avrebbe potuto avere per prevenire il rischio di quel tragico conflitto, a partire dagli anni ’80.

    Oggi, ai piedi delle Dolomiti bellunesi [patrimonio Unesco come i portici di Bologna], si installano microchip nelle montature degli occhiali Luxottica, per fare evolvere l’acquisizione di dati necessari all’intelligenza artificiale di un “cervellone” del CINECA a Casalecchio, o in via Stalingrado.

    La politica bolognese quindi dovrebbe sentire come necessaria, oggi più che mai, l’apertura di una via culturale verso una meta cognitiva irraggiungibile individualmente e, soprattutto, non disponendo di strumenti adeguatamente gestiti.

    Si tratterebbe, in altre parole, reperibili in rete come citazione di Edgar Morin, di rendersi consapevoli che …“la cultura è un sistema che fa comunicare – dialettizzandoli – un’esperienza esistenziale, quindi individuale, e un sapere costituito, o strutturale, per forza condiviso.”.

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