Scuola e green pass, il rischio che arriva dalle classi pollaio

L’inizio del nuovo anno scolastico anche a Bologna avviene in un autunno più caldo del solito. La tensione è altissima, le classi prime sono ancor più numerose del solito, in piena emergenza. Da mesi si parla di accordi per arrivare a una svolta ma il piatto piange e i buchi non sono colmati. Il costo sociale è altissimo: si parla tanto di personalizzazione della didattica ma è noto che laddove si superano i 20 alunni c’è un rapporto direttamente proporzionale con l’insuccesso scolastico

di Cristian Tracà, docente e consigliere di Quartiere


Corsi serali a rischio o con incognite davvero fortissime, prime numerosissime ancora più che negli altri anni scolastici, impossibilità di riorientare gli studenti che hanno capito di aver sbagliato indirizzo di studi, percorsi che rischiano di essere interrotti.

A pochi giorni dall’inizio ufficiale la situazione della Scuola secondaria di secondo grado a Bologna si presenta così, con famiglie arrabbiate che chiedono di poter iscrivere i propri figli nelle scuole che hanno scelto per la loro formazione e personale scolastico e dirigenti che sono molto preoccupati per la gestione di questa ennesima emergenza.

Davanti a questa situazione di incertezza non si può più tacere. Occorre una risposta politica e organizzativa immediata, chiara e diretta: è da mesi che si parla di protocolli e accordi per arrivare a una svolta nella didattica ma a dieci giorni dallo start il piatto piange e i buchi non sono colmati, con effetti abbastanza deleteri sulla programmazione didattica dei singoli docenti e delle “Funzioni Strumentali” dei vari istituti.

La panacea di tutti i mali, invocata continuamente, sembrerebbe il cosiddetto organico aggiuntivo. O almeno questo è il mantra che dal ministero giunge insistentemente: sembra però non essersi risolta la spinosa questione della scadenza al 31 dicembre dell’emergenza sanitaria e scolastica. Il personale in più potrebbe non essere più confermato dopo Natale, motivo per cui nessun dirigente se la sente di rischiare con la formazione di classi in più che potrebbero rimanere in corso d’opera senza professori. Sembra fantascienza, nevvero?

Direte voi: c’è il famoso organico di potenziamento. Era nato con le nobili intenzioni di arricchire l’offerta formativa e di dare consistenza al recupero delle lacune. Per di più è una tipologia di personale che non è presente per tutte le discipline, quindi diventa impossibile anche solo pensare di aggirare l’ostacolo delle classi pollaio con una soluzione di questo tipo.

La Scuola è abituata agli autunni caldi ma questa volta si rischia una tensione insostenibile, se consideriamo che permane la grossissima perplessità sul futuro dell’epidemia. Il green pass, con tutte le complessità sanitarie e giuridiche che sta creando, non può reggere davanti al rischio concreto di classi stipate all’interno dei soliti edifici scolastici di sempre.

L’unico miglioramento organizzativo tangibile è arrivato dalla velocizzazione e dalla digitalizzazione dei processi di reclutamento e assegnazione, per il resto dopo due anni scolastici molto pesanti la sensazione del tris è dietro l’angolo. E, permettetemi, dato che parliamo di persone che sono state già pesantemente ridimensionate nel loro pieno diritto allo studio, questa situazione comincia a diventare veramente insostenibile. Gli studenti e le studentesse hanno bisogno di una cura che una scuola con queste premesse difficilmente può riuscire a fornire.

Il più grande fastidio nei corridoi delle scuole e negli animi delle famiglie sta nascendo nel vedere una grande distanza tra i grandi discorsi sulla scuola del Recovery e del futuro e il disincanto che arriva dalla prassi. Grandi nomenclature burocratiche per evitare la dispersione scolastica e migliorare le performance della scuola ma di fatto inefficacia totale sul punto principale: la qualità reale e quotidiana della didattica.

Il costo sociale è altissimo: si parla tanto di personalizzazione della didattica ma chi ha un minimo di esperienza scolastica (e di buon senso) sa perfettamente che laddove si superano i 20 alunni c’è un rapporto direttamente proporzionale con l’insuccesso scolastico.

Ci sono capitoli di spesa come salute e istruzione che non possono essere oggetto di economia di scala o tagli lineari: questo l’emergenza ce l’ha ampiamente dimostrato, anche perché laddove il welfare langue si originano problemi sociali di gravità acuta che richiedono poi interventi molto più dolorosi (e se ragioniamo in termini puramente economici più costosi).

Ragionamenti banali, quasi tautologici ma siamo ancora qui ad aspettare una misura concreta che dia seguito alle tante belle parole di questi mesi.


2 pensieri riguardo “Scuola e green pass, il rischio che arriva dalle classi pollaio

  1. Bravo Cristian. Un articolo chiaro sulla situazione della scuola. Una voce da dentro che risottolinea delle tematiche che mi accolsero già quando entrai in ruolo.

  2. Purtroppo per la scuola servirebbero investimenti ingenti, parliamo di miliardi, con l’introduzione di misure messe a sistema, non qualche corso di recupero qua e là o qualche settimana di scuola aperta. Non si può sempre essere alla rincorsa dei supplenti, interagire con classi di 29 e più alunni, con strutture scolastiche vecchie e arredi ultraconsumati. Certo c’è sempre la raccolta fondi genitori che cerca di tappare i buchi e sopperire alle necessità, ma uno Stato deve investire denaro pubblico per dare maggiore qualità iniziando ad abbassare il numero di studenti per classe. La conseguenza sarebbe quella di avere meno bisogno di corsi di recupero per salvare il salvabile. Quanto arriverà alla scuola dal Pnrr è dato saperlo?

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