Il bicentenario di Canova: il lascito del divino scultore a Bologna

Il genio del neoclassicismo morì nel 1822. Sotto le Due Torri, dove soggiornò sei volte, ospite della “Venere bruna”, la contessa Cornelia Rossi Martinetti, ebbe un ruolo importante per la restituzione alla città dei capolavori sottratti dalle truppe di Napoleone, tra cui l’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello, e per la formazione di una generazione di scultori, da Cincinnato Baruzzi a Giacomo De Maria, e pure della pittrice Carlotta Gargalli. Un’occasione da valorizzare che non possiamo perdere

di Ilaria Chia, giornalista e storica dell’arte 


Il 13 ottobre 1822 moriva a Venezia lo scultore Antonio Canova, il genio del neoclassicismo italiano. Quasi divinizzato in vita, intrattenne rapporti amichevoli con i grandi dell’epoca, da Napoleone Bonaparte a papa Pio VII Chiaramonti.

Una pagina tutta da riscoprire è il legame tra lo scultore e Bologna. Canova infatti soggiornò nella nostra città in sei occasioni diverse. Dal viaggio giovanile dell’ottobre 1779 al settembre 1822, quando era già segnato profondamente dalla malattia. Durante le soste sotto le Due Torri venne ospitato nel palazzo della contessa Cornelia Rossi Martinetti, donna colta e di grande fascino. Una delle prime «salottiere», animatrice di un cenacolo frequentato da Foscolo, Leopardi, Byron, Stendhal. Anche lo scultore rimase soggiogato dal fascino della “Venere bruna”. Al punto da arrivare a distruggere una delle proprie opere per gelosia. 

Ma, al di là del gossip, è storicamente documentato il ruolo che Canova ricoprì nel restituire alla città i capolavori asportati da Napoleone. Fu proprio lui, dopo una delicatissima missione diplomatica, a riconsegnare ai bolognesi dipinti quali l’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello. E, come riportano le cronache, l’artista non si risparmiò, aiutando gli operai ad aprire le casse contenenti le tele.

Ancora più significativa è l’impronta lasciata da Canova su un’intera generazione di scultori, da Cincinnato Baruzzi a Giacomo De Maria. Quest’ultimo realizzò i fregi sul frontone di Villa Aldini e le statue, dolenti sulle “urne confortate di pianto” alla Certosa di Bologna, che rivelano in pieno la lezione neoclassica. Lo scultore ebbe anche un’allieva bolognese, la pittrice Carlotta Gargalli, che si formò a Roma sotto la sua guida, insieme a Francesco Hayez e Tommaso Minardi. 

Di Canova la nostra città conserva opere significative. Una Maddalena penitente, esposta anche a Palazzo Fava per la mostra di Nicola Samorì, e l’Apollino, considerato per molto tempo di Cincinnato Baruzzi e attribuito al maestro veneto dai puntuali studi di Antonella Mampieri. 

Sarebbe bello che Bologna arrivasse preparata al 2022, bicentenario della scomparsa dello scultore. Predisponendo una serie di eventi e iniziative, volte a riscoprire un periodo della storia locale, finora un po’ trascurato. Un’occasione per valorizzare anche un gioiello del neoclassico come Villa Aldini, l’imponente edificio costruito in cima al colle dell’Osservanza in onore di Napoleone e mai abitato. Oggi in attesa di uno strutturale intervento di recupero.

In copertina: Antonio Canova, Maddalena penitente (1806-1813 ca.). Photo credits: Genus Bononiae


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