La piattaforma del centro-sinistra – articolata attorno a «20 idee programmatiche» – appare come un elenco di buoni propositi, con pochi colpi d’ala, assente qualunque notazione di criticità, nel solco del «buon governo» bolognese e con qualche concessione per scontentare nessuno. Avrà pure un’alta qualità della vita, ma anche la ricca Bologna ha i suoi problemi: si chiamano demografia, disuguaglianze, ambiente. Su questi si misurerà la capacità di cambiamento del governo locale
di Pier Giorgio Ardeni, economista dello sviluppo
Demografia. Disuguaglianze. Ambiente: tre sfide sulle quali si deciderà il futuro prossimo della città.
La demografia. La città, è vero, è rimasta «attraente», soprattutto per giovani e immigrati (nazionali e stranieri). Ma sono stati soprattutto l’università (per i primi) e il tessuto produttivo diffuso in provincia e dintorni (per i secondi) a fare da traino. Non certo gli affitti, la disponibilità di case popolari, i salari competitivi.
È vero che negli ultimi anni il tasso migratorio è rimasto positivo. Ma se guardiamo alle classi di età, vediamo che dal 2011 i residenti con meno di 14 anni sono aumentati di 2.700 unità, quelli tra i 15 e i 29 anni di 5.200 unità e quelli tra i 45 e i 64 anni di 9.600 unità (per la metà stranieri), mentre sono diminuiti di ben 6.500 unità gli adulti tra i 30 e i 44 anni e di 5mila unità quelli tra 65 e 79 anni (gli ultraottantenni sono cresciuti di meno di 2mila unità). In altre parole, sono cresciuti i giovani ma se ne sono andati i giovani adulti (la fascia più «promettente» della forza lavoro), non trovando evidentemente una collocazione soddisfacente (mentre gli adulti meno giovani, i collocati, sono rimasti).
L’attrattività di Bologna, allora, va forse ridimensionata. Per quanto il programma enfatizzi le prospettive del Tecnopolo, della data valley e della città della conoscenza, sarà una sfida non facile per crescere ed evitare il declino demografico.
Delle disuguaglianze, si è già detto. Bologna non è diversa dal resto del Paese, con una distanza crescente tra chi ha e chi non ha. Mentre i giovani negli ultimi anni hanno visto diminuire il loro reddito medio e mediano, gli over 65 lo hanno visto aumentare. Sono soprattutto le donne (e tra loro le straniere), le madri single e le famiglie numerose a soffrire di più. Se per gli under 44 andarsene è la soluzione, forse la città dovrà estendere il safety net perché sia davvero inclusiva e progressista.
Sul tema ormai scottante dell’ambiente, il programma sembra avere più buone parole che soluzioni concrete, laddove ormai, invece, è sulla transizione ecologica che dovranno essere fatte scelte coraggiose e innovative. Sono le città come Bologna, proprio perché ricca e con un tessuto produttivo vivo, che dovrebbero dare l’esempio e tracciare la rotta.
Eppure, il programma appare timido e finanche contraddittorio. Bologna aveva già adottato in aprile il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (Paesc), ma il programma non ne fa cenno. Esso elenca una serie di obiettivi ma il fatto è che Bologna e la Città Metropolitana in molti casi sono indietro sulla strada dello «sviluppo sostenibile».
Come riporta l’Agenda dello sviluppo sostenibile della Città Metropolitana (si veda anche Cantiere Bologna, 30 luglio 2021), Bologna segna valori preoccupanti – e peggiori di molte altre città – degli indicatori sull’inquinamento, sull’emissione di gas climalteranti, sul consumo di suolo e finanche sul verde. Il rapporto Ispra sul consumo di suolo riporta che ancora nel 2020 nel territorio di Bologna si è continuato a destinare nuove superfici a scopi residenziali o economici.
Si punta ancora alle grandi infrastrutture per risolvere i problemi del traffico con più superficie stradale piuttosto che incentivando le alternative. Certo, si vogliono potenziare tram e ferrovie locali (ma quella per Portomaggiore resta a un binario), ampliando anche il parco elettrico dei mezzi pubblici. Si vuole ridurre la velocità media – per tutelare traffico pedonale e ciclistico – ma non si pensa all’inquinamento. Le principali arterie sono comunque attraversate non solo da auto ma da mezzi di trasporto grandi e piccoli, per i quali non si indicano alternative né sulla logistica né sui rifornimenti. E il «compromesso» raggiunto sul Passante si fermerà ai dettagli tecnologici, senza andare ad alterare lo schema di fondo. Uno schema contraddittorio, come hanno messo in luce sia Paolo Galletti (CB, 20 sett 2021) che Ferdinando Cotugno (Domani, 25 sett 2021). La città, come è stato notato, è diventata più calda e meno vivibile nei mesi estivi anche per la mancanza di verde e corsi idrici, in quella che un tempo era una «città delle acque».
Chi vuole che questa diventi «la città più progressista» a partire dai temi dell’ambiente dovrà forse prepararsi a puntare i piedi, anche a costo di far saltare l’intesa, perché davvero «non c’è più tempo» per rimandare le scelte impegnative. Il mandato che Lepore riceverà potrà rappresentare una svolta se saprà adottare logiche nuove, coinvolgendo intelligenze ed esperienze, con il consenso di buona parte della cittadinanza. Viceversa, andrà ad annoverare il «nuovo corso» bolognese tra i molti esperimenti falliti perché privi di slancio ideale e propositivo, messo in piedi solo per dare continuità ad un «modello di sviluppo» consolidato ma conservatore, che non si fida di avventurarsi lungo percorsi nuovi, il cui solo scopo è la propria sopravvivenza.
Photo credits: Sean Rowe (CC BY-NC-ND 2.0)
Articolo totalmente condivisibile