«Quando ne parlai su queste pagine fui travolto da insulti. Ma ci ritorno perché Lega e FdI ci martellano con un solo messaggio: la città è sporca. Non hanno tutti i torti. Ogni tag sui palazzi, ogni bottiglia abbandonata, ogni banale frasetta pseudo-poetica sui muri, ogni cicca in piazza Santo Stefano, ogni cartaccia buttata per terra, ogni discarica abusiva nelle campagne costituisce un voto in più per i neo-fascisti. Per evitarlo occorre che ciascuno di noi faccia la sua parte»
di Stefano Cavallini, cittadino
È con timore che scrivo. Quando ho affrontato questo tema (Lettera ai ventenni: «Dove ci siete voi è degrado. Che triste»), parlando dei giovani in modo volutamente provocatorio, sono stato sommerso da critiche e insulti: mi è stato detto che ero passatista, retrogrado, reazionario, che generalizzavo, paternalista. In un articolo di risposta (“Caro Stefano, non abbiamo bisogno di giovani vecchi”), peraltro apprezzabile e ottimamente scritto, sono stato accusato di volere un «ordine di fioriere e manganelli» (io che sono un anarchico).
Se ritorno sull’argomento, è perché a pochi giorni dalle elezioni la mia bacheca Facebook è invasa dai contenuti sponsorizzati dei candidati di Lega e FdI, che insistono su una sola, singola questione, su cui si basa la quasi totalità della loro campagna elettorale: Bologna è sporca e degradata.
È l’unico argomento della destra insieme al Tram. Nonostante certa sinistra lo consideri trascurabile, si tratta del tema centrale di questa campagna. Non si può dire che la destra non abbia qualche ragione. Certo, la città non è in preda al caos e devastata come la dipingono i post sponsorizzati, ma è indubbio che sussistano criticità.
Ogni tag sui palazzi, ogni bottiglia abbandonata, ogni frasetta pseudo-poetica sui muri, ogni mozzicone nelle piazze, ogni cartaccia a terra, ogni discarica abusiva nelle campagne costituisce un voto in più per la destra estrema e i neo-fascisti, che restano tali anche se ora hanno il volto mite di Battistini. Più certi giovani continuano a ripetere che il degrado è bello e desiderabile, più queste formazioni acquisteranno forza, in un limpido rapporto di causa-effetto.
Se Bologna fosse pulita, prenderebbero a fatica il 3%. Invece molte persone, esasperate dal degrado, si stanno rivolgendo alla destra. Se continuiamo di questo passo l’“ordine di fioriere e manganelli” arriverà presto, ma senza fioriere. Se non vogliamo che qualcuno ci imponga l’ordine con la forza è ovvio che dobbiamo darci noi un ordine. Non c’è altra via, ma occorre che tutti i cittadini facciano la loro parte, non si può delegare il Comune.
Ci fosse un’azione collettiva, il degrado si dissolverebbe da sé. Ciò però sarebbe possibile solo con auto-disciplina, la cui mancanza porta logicamente alla coercizione, perché una società non può esistere senza regole e struttura.
È meglio che questa struttura venga costruita dal basso, piuttosto che imposta. Il decoro non va rigettato come dispositivo di controllo, perché è un desiderio naturale: tutti aspirano a vivere in luoghi puliti e gradevoli alla vista. Occorre sì rifiutare la versione che propone la destra, gerarchica e repressiva, ma contemporaneamente porre a fondamento del nostro agire un decoro inclusivo, orizzontale, basato sul sentimento di cura e d’amore, per tentare di costruire un ordine senza potere.
Ma questo significa abbandonare per sempre l’ideologia del degrado, che ha permesso alle classi dominanti di compiere il loro capolavoro: non è più necessario per i ricchi, come nella tradizione neo-liberista, dipingere le classi meno abbienti e svantaggiate come rozze, dedite al vandalismo e a vivere nello sporco, perché si è arrivati al punto in cui le classi popolari sono state indotte a indulgere compiaciute in questa auto-rappresentazione esteriore e stereotipata, per rivendicare la loro identità e differenziarsi esteticamente dalle élite. Basta pensare alle tag. Chi vanno a colpire? Il benestante che vive in una villa sui colli, protetta da cancelli e siepi, dove una bomboletta non può arrivare, o lo studente squattrinato della zona universitaria e il lavoratore che vive nelle case popolari?
Dice bene Marta Collot, la sicurezza non si ottiene militarizzando le città, ma garantendo salute, casa, reddito e diritti per tutti. Però si raggiunge anche offrendo salubrità e un contesto esteticamente gradevole e curato ai cittadini. Bastano piccoli gesti, purché a compierli siano in tanti.
Photo credits: Roberto (CC BY-NC-ND 2.0)
Certamente ognuno può fare il suo. Non mi ritrovo in questa “tolleranza al degrado” sinceramente di cui parla l’autore. Ma una cosa deve assolutamente essere risolta: la questione piazza verdi ed aree limitrofe, compreso piazza santo stefano. Basta ! Non si può essere ostaggio di una minoranza che rovina una città.