Lettera ai ventenni: «Dove ci siete voi è degrado. Che triste»

Un ventinovenne prima di entrare nella vita adulta si rivolge alla generazione che sta per terminare l’adolescenza dilatata e contesta le loro abitudini: non c’è nulla di ribelle, di poetico, di artistico nel pisciare e vomitare per strada, nell’imbrattare i muri con orride scritte illetterate, nello scaricare ogni forma di rifiuto per strada e nei giardini. Rivoluzionario piuttosto sarebbe studiare e conoscere la storia di questa città e costruirla bella, pulita, ordinata e solidale

di Stefano Cavallini, cittadino


Cari giovani, ho 29 anni. Anche in quest’era di post-adolescenza dilatata all’infinito non ho dubbi: la giovinezza è finita. Vi conosco poco, siete figli di un altro tempo. Ascoltate musica diversa, non avete mai visto “Ritorno al futuro” e “Indiana Jones”, non capite il dialetto. Prima di entrare nell’età adulta, vorrei lasciarvi con alcune considerazioni. Che siate di Bologna o fuorisede.

È opinione comune tra i bolognesi di una certa età che la vostra presenza in città sia deleteria. Vi ritengono responsabili del degrado che attanaglia la zona universitaria. Devo dire a malincuore: purtroppo dove ci sono i giovani c’è degrado. Buona parte della cittadinanza vi sopporta a fatica. Non fate molto per dare buona impressione: pisciate e vomitate per strada, scrivete sui muri, abbandonate bottiglie. Io ho fumato, bevuto fino a collassare, frequentato gente che tirava di coca e beveva md, fatto serate con punk e sfattoni. Come tanti ho fatto feste e mangiato in chimica hot dog con senape e panna. Però non ho mai pisciato o vomitato per strada: sempre a casa, nel mio water. Non è difficile. Se vi coglie un bisogno, entrate in un bar, in un pub. Andate direttamente al bagno, nessuno vi dirà nulla. Se proprio non ce la fate, fatela su un albero o un’aiuola.

Veniamo alle scritte sui muri. Non siete artisti. Un artista non deturperebbe il centro storico di Bologna con delle tag, tra l’altro al 90% fatte senza alcuno studio del lettering. Non siete Luca Barcellona, Pazo o Masito, non diventerete mai calligrafi: sembrate solo imbecilli. Non siete poeti. Un poeta fa ricerca e non scriverebbe le terribili banalità pop alla Guido Catalano e Gio Evan che vedo sui muri. Non siete ribelli. Credete davvero che a Jeff Bezos importi qualcosa delle vostre scritte “smash capitalism”? A subirle sono i poveracci come voi, non i ricchi che vivono sui colli dove le vostre bombolette non arrivano. Perché io, che abito in un quartiere popolare e guadagno mille euro al mese, devo vivere in un contesto degradato dai vostri scarabocchi che tolgono il diritto alla bellezza? Non ascoltate la sinistra radicale quando dice che scrivere sui muri è ribellione al sistema, che il “decoro” è espressione del potere dominante e che una città sporca è una città libera. Idiozie. “Decoro” per la gente normale significa la volontà di vivere bene e prendersi cura dell’ambiente. Atto di amore dal basso, non di potere. La vera ribellione al capitalismo sarebbe costruire una città solidale, funzionante, bella, ordinata, pulita. Le vostre scritte la frustrano.

Eccoci al bere. Bevete merda. Andate in locali senz’anima e vi danno alcool distillato con benzina. Bevete vodke improbabili, tequile infime. Non vi dirò dove ma vi assicuro che si può bere bene anche col vostro budget. Basta cicchetti: bevete birra, che è sempre accettabile; o una buona bottiglia di vino, che in gruppo potete smezzare la spesa. Non abbandonate bottiglie e cartoni della pizza in giro. Se i bidoni sono pieni, portate i rifiuti a casa. Non è un gran sacrificio.

Smettetela di dare ai “boomer” motivi per considerarvi feccia; di avere il degrado come unico orizzonte. Emancipatevi. Studiate. Agitatevi. Istruitevi. Avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Ascoltate la musica che volete, ma anche quella del passato. Dovete conoscerlo per apprezzare il presente. Imparate “La locomotiva”, “Contessa”, “Rosso colore”, perché dovete avere una coscienza di classe. Leggete molto. Mangiate bene. Imparate a cucinare qualcosa oltre alla solita pasta al tonno: scoperete anche di più.

E visto che vivete a Bologna, studiatene la storia, visitatene le chiese, i circoli arci, le bocciofile, i centri sociali. Esplorate le periferie e la provincia. Andate alla commemorazione della strage del 2 agosto. Se siete bolognesi, scoprirete che quelle sono le vostre radici. Se non lo siete, avrete imparato qualcosa della città adottiva. Bestemmiate pure, ma coltivate una spiritualità. Abbiate rispetto per gli altri e per le loro opere, per il paesaggio e per la vita, perché rappresenta una possibilità di imparare e crescere. Divertitevi, bevete, fumate, scopate, drogatevi, ma sempre con rispetto. Se vogliamo vivere meglio e che Bologna ritorni a essere un faro in Italia e nel mondo tocca a voi ricostruire quella “civicness” che si è perduta. Contiamo su di voi. Dai mo’.


7 pensieri riguardo “Lettera ai ventenni: «Dove ci siete voi è degrado. Che triste»

  1. Complimenti davvero!
    Piacerebbe il seguito : “c’è degrado e degrado” tipo Villa inferno , infiltrazioni mafiose , traffico di stupefacenti e blablabla ma questo è un altro articolo e un altra Bologna.
    Mi ritrovo completamente in questa visione che vede il cittadino impegnato succube , per quanto tollerante, di una Bologna da bere. Bello il passaggio che mette in luce il fatto che abbiamo fatto tutti le stesse cose ma con spirito diverso , civile. Bellissimo

  2. “Vi conosco poco”. Si, credo che sia proprio così. L’autore i ventenni li conosce poco, molto poco. Io invece conosco bene i miei 2 figli, entrambi ventenni, e tutti (e sono tanti) i loro amici. Non sono come li descrive l’autore. Sono persone me-ra-vi-glio-se. E La locomotiva la conoscono a memoria. Poi, invece, se l’articolo si fosse intitolato “Lettera al 5% dei ventenni”, allora ok. Però, forse, avrebbe avuto più senso sul Carlino che su CantiereBo…

  3. Ho 41 anni e non darei necessariamente tutta la colpa ai ventenni di adesso. Sebbene io sia di Modena e in questo periodo abiti all’estero, ho frequentato regolarmente Bologna sin da quando ero bambina. Secondo me l’attuale situazione è da inquadrare nell’ambito di un processo graduale che ha avuto inizio a metà degli anni Novanta, quando, non solo a Bologna, una certa sinistra (non chiedetemi esattamente quale corrente od orientamento perché non me ne intendo) ha iniziato a glorificare i graffiti e il degrado urbano in tutte le sue forme: una specie di feticcio culturale per gli scenari dark e distopici. (In versione bolognese, con i punkabbestia affiancato dai loro poveri cani e distesi storditi, tra piscio e rifiuti, sotto i portici imbrattati da brutti graffiti.) Nel decennio successivo la recessione senza fine ha poi dato vita a una cultura giovanile nuova, che ha estremizzato la moda dell’aperitivo all’aperto e nei dehors, portando alla nascita della movida per strada (essendo i locali “normali” e le discoteche ormai considerati troppo costosi nonché noiosi da molti giovani, a torto o a ragione). Negli ultimi anni, infine, i due trend si sono uniti a formare la movida distopica, vandalica e degradata che i bolognesi subiscono adesso, soprattutto nella zona universitaria. Ma il processo che ha portato alla situazione attuale è iniziato già quando ero adolescente io a metà degli anni Novanta.

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