Il boom di Lepore, la scarsa affluenza, le periferie tornate rosse, il flop della Lega, ma soprattutto il successo dei giovani nelle liste
di Aldo Balzanelli, giornalista
Tutto scontato? No, l’unica cosa scontata era il nome di chi sarebbe diventato il nuovo sindaco di Bologna, per il resto le urne hanno riservato parecchie sorprese.
La prima è il risultato elettorale di Matteo Lepore: oltre le aspettative sia pur ottimistiche dei sondaggi, la migliore performance, in percentuale e in valore assoluto, ottenuta da un sindaco in tempi recenti, oltre 2000 “preferenze personali”, lo scarto cioè tra voti al sindaco e alla coalizione. Certo, con una bassa percentuale di votanti, ma di questo parleremo più avanti. Il risultato è il prodotto di una candidatura partita per tempo, senza attendere le ritualità del Pd, poi rafforzata dalle Primarie, fondata su un progetto di coalizione molto larga e su una campagna elettorale condotta battendo a tappeto il territorio e mettendo a frutto le relazioni coltivate nei dieci anni di assessorato a Palazzo d’Accursio.
La seconda sorpresa è la bassa percentuale di votanti, la più bassa di sempre se si escludono le regionali del Bonaccini I. Un dato certamente che deve far riflettere, ma da non drammatizzare, perché lo scarso appeal del candidato del centrodestra, insieme al ponte di San Petronio, hanno spinto molti a disertare i seggi. Ha giocato insomma senz’altro un ruolo la crescente disaffezione alla politica, ma ha pesato soprattutto la debolezza della sfida che un centrodestra confuso e diviso ha saputo lanciare al centrosinistra.
Qualche dato per capirci. Alle Regionali del 2014 a Bologna votarono 118mila elettori. Pochissimi, meno del 40%. C’era stato il mini-scandalo dei “rimborsi facili”, ma soprattutto a sinistra nessuno pensava che Alan Fabbri e la Lega potessero farcela a conquistare l’Emilia, a destra nessuno ci sperava. Quindi in tanti rimasero a casa. Tutta un’altra storia lo scorso anno quando, di fronte alla sfida di Salvini, furono invece 212 mila i bolognesi ad andare alle urne, il 70%. Gli elettori di centrosinistra per “fermare i barbari”, quelli di centrodestra per tentare il colpaccio.
Si vede dunque che la partecipazione al voto è influenzata in modo significativo dalla qualità del confronto. In questa tornata sotto le Due Torri non c’era gara. Un po’ per il fatto che il candidato sostenuto dal centrodestra non era molto conosciuto, molto per il fatto che Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, profondamente divisi, hanno condotto una campagna elettorale decisamente sotto tono. Qualcuno ha avuto notizie in queste settimane di Lucia Borgonzoni, che è pur sempre la principale esponente del Carroccio in città?
Detto questo la questione meriterà comunque una riflessione più approfondita. Anche perché è verosimile che una quota significativa dell’astensionismo sia da ricercare nell’elettorato cinquestelle che è rimasto a casa penalizzando la lista di Bugani, confinata al 3 e rotti per cento.
La terza sorpresa è la “riconquista” delle periferie da parte del centrosinistra. Qualche commentatore frettoloso aveva definito il Pd e la sinistra “partiti della Ztl”, lasciando intendere che le periferie sarebbero state terra di conquista di Salvini e Meloni. Il voto ha smentito questa tesi, confermando peraltro che le “citofonate” non fruttano consensi elettorali. La coalizione di Lepore ha registrato risultati superiori alla media proprio nei quartieri periferici, Corticella e Barca intorno al 66% tanto per fare due esempi, con il Pd al 43 % rispetto a una media cttadina del 36,5. E qualche riconoscimento, in proposito, va attribuito anche al segretario Luigi Tosiani.
La quarta sorpresa è la debacle della Lega Nord, passata dai 35 mila voti delle Regionali dello scorso anno agli 11 mila di oggi, dal 18,45 al 7,74%. Senza prendere in considerazione le Europee del 2019 (oltre 40 mila voti), anche il confronto con le scorse amministrative (17.376 voti pari al 10,26%) è impietoso. Evidentemente le ripetute scoppiettanti sortite bolognesi del leader Matteo Salvini e la cronica assenza in consiglio comunale di Lucia Borgonzoni non hanno portato bene.
L’ultima sorpresa è quella certamente più positiva. Il voto del 3 e 4 ottobre rappresenta un vero e proprio passaggio di testimone tra generazioni alla guida della città. Il nuovo sindaco è poco più che quarantenne, in generale l’età media dei consiglieri si è abbassata, ma soprattutto i record di preferenze appartengono a due “ragazzi”: Emily Clancy (3541) e Mattia Santori (2586). E persino a destra si guarda ai giovani, con Stefano Cavedagna, ex Forza Italia passato a Fratelli d’Italia, che conquista 1489 preferenze.
P.S. La sinistra-sinistra resta fuori dal consiglio comunale. Ha voluto giocarsela con ben tre liste, una delle quali paradossalmente si chiamava “Sinistra unita”. In tre hanno raccolto 6000 voti, un po’ più del 4%, comunque più di Verdi, Forza Italia e Cinque stelle. Insieme avrebbero avuto un rappresentante a palazzo. Chissà se la prossima volta ci ragioneranno un po’ su o se continueranno a consolarsi, come Marta Collot, con la “soddisfazione per il buon risultato”.
Ottimo intervento ; forse con un po’di ottimismo Aldo Bacchiocchi
Ottima analisi, soprattutto le ragioni di un astensionismo che preoccupa sempre, ma che trova semplici chiavi di lettura in una tornata elettorale dal risultato scontato .
Una delle ragioni dell’ alto astensionismo può essere anche, oltre al ‘ ponte ‘ e disaffezione politica, nella pandemia da covid che nn abbiamo sconfitto del tutto. Purtroppo. Forse alcune persone hanno paura ad entrare in luoghi chiusi, pur con tutte le misure di sicurezza previste.
Grazie della bella analisi
Eugenia Borghi