Il centrodestra nella sua comfort zone

Non solo ha perso competitività ma sembra proprio non interessato a tornare a esserlo. Sono quei partiti che sembrano aver rinunciato alla competizione, è l’assenza di una classe dirigente locale integrata nella città e in grado di pesare nelle dinamiche nazionali, è il mancato collegamento con rilevanti settori sociali cittadini che passava attraverso il civismo. Evidentemente Bologna è secondaria nelle dinamiche del centrodestra e all’opposizione, sotto le Due Torri, non si sta malaccio

di Silvestro Ramunno, giornalista


Se sei contrario al tram, al cantierone, ai T-Days, alle piste ciclabili, al People Mover e ogni volta che si vota prendi un metaforico SDENG nei denti, qualche domanda dovresti fartela.

Ma quella che una volta era l’analisi o la critica dell’esistente non sembra essere di casa nel centrodestra bolognese, comodo nella comfort zone dell’opposizione. 

Matteo Lepore può essere un «pollo allevato in batteria dal Pd e telecomandato a distanza» durante la campagna elettorale, non dopo che è diventato sindaco della città con più del doppio dei voti del tuo candidato e con il consenso del 60% dei votanti, che – per inciso – sono cittadini bolognesi con una propria testa e una propria idea di mondo e di città. Continuare con quella rappresentazione vuol dire che si sta bene all’opposizione con il 30% e, di converso, gli altri continueranno a stare bene al governo con il 60%.

Giustamente tutti i riflettori sono puntati sul nuovo sindaco, Matteo Lepore, e sul centrosinistra che si è riconfermato a Bologna. Ma una riflessione andrebbe fatta anche sul centrodestra: non solo ha perso competitività negli anni ma sembra proprio non interessato a tornare a esserlo. A Bologna rappresenta l’opposizione ma non un’alternativa e non può essere solo questione del candidato Battistini (al netto di alcune proposte sullo spostamento di alcuni asset cittadini, in ritardo di 10-20 anni), che ha avuto la stessa performance percentuale di Manes Bernardini contro Merola nel 2011.

Sono i partiti di centrodestra che sembrano aver rinunciato alla competizione, è l’assenza di una classe dirigente locale integrata nella città e in grado di pesare nelle dinamiche nazionali, è il mancato collegamento del centrodestra con rilevanti settori sociali cittadini che passava attraverso il civismo. Ed è anche il transito nel centrosinistra di importanti parti di questi settori, un processo politico (politico) che può essere simboleggiato con l’elezione a senatore di Bologna, nelle file del centrosinistra, di Pier Ferdinando Casini.

Nelle elezioni locali, la riproposizione di dinamiche nazionali (centrodestra vs centrosinistra) non sempre premia. Alla contrapposizione tout court dovrebbe sostituirsi la politica, per la costruzione di un’alternativa credibile. Stupisce l’assenza di ogni riflessione in merito, se non per qualche accenno di maniera dalle parti di Forza Italia.

Si può essere contrari al tram nel 2021? Si possono inseguire le più sguaiate critiche alle piste ciclabili in un’area tra le più inquinate al mondo? La politica darebbe risposte che non stanno in un tweet. La politica guarderebbe al voto reale, a quello che hanno detto i bolognesi nelle urne, senza rifugiarsi in slogan che sembravano vecchi già nel ‘900.

Niente di tutto questo: evidentemente Bologna è secondaria nelle dinamiche del centrodestra e all’opposizione, sotto le Due Torri, non si sta malaccio.


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