Nella sanità si vince con prevenzione e prossimità

Pubblichiamo il sesto contributo dal nostro opuscolo, “Alcune Idee del Futuro che vogliamo”. La pandemia ha fatto emergere la necessità di ridisegnare strutturalmente i Servizi e di intervenire prioritariamente nel rafforzamento della rete dei servizi territoriali di promozione della salute e di prevenzione delle malattie. Serve un nuovo paradigma

di Giovanni De Plato, psichiatra e Maurizio Marangolo, oncologo


Il Servizio sanitario nazionale (Ssn), quello regionale (Ssr) dell’Emilia-Romagna e metropolitano (Ssm) della Città di Bologna vanno ridisegnati e riqualificati sulle evidenze emerse durante le fasi della pandemia di Sars-Cov2, della nuova era dell’Antropocene e delle tecnoscienze.

Il Piano nazionale di ripartenza e resilienza (Pnrr) è una valida occasione per dare nuova vita alla Medicina universalistica organizzando servizi di promozione della salute e di prevenzione delle malattie, superando il modello settoriale ospedale-centrico e della sanità curativa. La salute è un bene globale che va garantito a tutti per tutto l’arco della vita, come ha reso evidente la pandemia.

Il Ssn ha dato un determinante contributo a elevare in Italia la speranza di vita alla nascita delle persone a circa 83 anni. La spesa sanitaria, assistenza gratuita e garantita a tutti, è stata circa del 6,5% del Pil contro il 7,8% della media europea. Nonostante i meriti acquisiti, il Ssn nell’ultimo decennio è stato fortemente penalizzato dai governi con una pesante riduzione del finanziamento.

Le conseguenze sono state lo spostamento a favore del privato e delle assicurazioni e la spesa a carico del cittadino col peggioramento degli standard di salute. Si calcola che la speranza di vita e gli anni in salute della terza e quarta età siano in progressivo calo. In questo contesto sanitario la pandemia ha accelerato e aggravato, le criticità anche dei migliori Ssr e Ssm.

L’Emilia-Romagna e la Città metropolitana di Bologna registrano la mancanza o l’insufficienza d’infrastrutture, tecnologie, personale. Anche qui emerge la necessità di ridisegnare strutturalmente i Servizi e di intervenire prioritariamente nel rafforzamento della rete dei servizi territoriali di promozione della salute e di prevenzione delle malattie.

Il nuovo paradigma

Se il quadro sanitario, economico e sociale del Paese a livello nazionale e locale è in crisi, la ripartenza nella sanità pubblica richiede una riorganizzazione dei servizi (ospedale-territorio) e la resilienza impone l’adozione di un nuovo paradigma. Le infezioni da Sars-Cov-2 e le sue varianti possono essere debellate solo garantendo la salute globale, su base locale.

Il nuovo paradigma (promozione, prevenzione e sussidiarietà) dovrebbe permettere di riconoscere la centralità della persona, della famiglia e della comunità. A questo fine chi governa il Servizio sanitario dovrebbe favorire il passaggio dal modello biomedico della ‘medicina di attesa’ a quello bio-psico-socio-ambientale della ‘medicina d’iniziativa’. La prevenzione e la promozione sono approcci fondamentali, ed economicamente convenienti a medio e lungo termine, a patto che si strutturi un modello integrato di reti dei servizi (ospedale-territorio) e di globalità dell’assistenza (socio sanitaria).

La medicina di prossimità

Il primo passo da compiere è la valorizzazione del Distretto delle Ausl inteso come unità territoriale di programmi comunali interaziendali (Ausl-Asp), interdipartimentali (Ospedale-territorio), interistituzionali (pubblico-privato profit e non profit), così come a suo tempo deliberato dalla Regione Emilia-Romagna. La mancata o insufficiente applicazione a tutto oggi della delibera regionale, impone una radicale ristrutturazione organizzativa e gestionale al fine di estendere e rafforzare il modello universalistico, utilizzando le maggiori risorse del Pnrr. Per far ciò bisognerà:

• Riconoscere la diretta partecipazione del sindaco, in qualità di autorità sanitaria, nella organizzazione e gestione del Distretto, partecipando alle attività di committenza, controllo e validazione.

• Potenziare e qualificare la direzione del Distretto dotandola di adeguate risorse finanziarie, tecniche e professionali in grado di permettere il governo del sistema.

• Costruire una rete informatica e puntare alla digitalizzazione del sistema, collegando tutti i servizi a partire dagli ambulatori dei Medici di medicina generale (Mmg) e Pediatri di libera scelta (Pls) operanti nella Casa di comunità, quale primo presidio e punto di raccordo con la medicina ospedaliera (alta specializzazione) e la medicina specialistica (prestazioni territoriali).

• Fornire in ogni punto della rete un accesso e una assistenza continui sulle 24 h.

Le Case (della salute) di comunità

Strettamente legato alla valorizzazione del Distretto sono l’implementazione delle Case della comunità e degli Ospedali di Prossimità. Il recente Pnrr fissa i seguenti obiettivi: potenziare la prevenzione e l’assistenza territoriale; migliorare la capacità di integrare servizi ospedalieri, servizi sanitari locali e servizi sociali; garantire la continuità assistenziale con approcci multi professionali e multidisciplinari; definire percorsi integrati dal domicilio all’ospedale e viceversa; rafforzare la capacità di far fronte agli impatti sulla salute dei rischi ambientali e climatici in una visione unitaria, rappresentare un punto anche di aggregazione e inclusione sociale in particolare nelle zone più periferiche dei distretti.

Tali obiettivi corrono il rischio di essere realizzati senza un chiaro progetto di qualità e uniformità. La stessa regione Emilia-Romagna, che per prima aveva istituite le Case della salute realizzandone a oggi 124 su 483 in Italia, ha seguito un criterio localistico, dove ha prevalso la continuità del modello di attesa e di polo ambulatoriale, non innovando la medicina con la prevenzione e con l’istituzione delle reti integrate a livello territoriale (assistenza domiciliare).

La centralità della medicina di prossimità e dell’assistenza domiciliare

Con il Pnrr emerge con forza un aspetto che deve essere affrontato con determinazione: il cambiamento del rapporto di lavoro del Medico di Medicina Generale (Mmg), Pediatra di Libera scelta (Pls) e del Servizio Sanitario nazionale, a partire da quello regionale e comunale.

L’operazione non è da considerarsi né rivoluzionaria né tanto meno innovativa in quanto già prevista dall’articolo 25 della legge 833/78 che recita: “…l’assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino”. Il passaggio dei Mmg e Pls dal rapporto convenzionale a quello di dipendenza dovrà essere affrontato come uno dei cardini della nuova sanità pubblica, trovando le opportune modalità di rapida transizione da un modello all’altro.

Telemedicina

Un ultimo aspetto, cui si è fatto cenno all’inizio, da approfondire è il rapporto salute-economia reso stringente dalla pandemia. La Sanità Digitale nelle sue diverse articolazioni è un importante fattore incrementale della produzione industriale, tecnologica e dell’occupazione professionale.

La digitalizzazione dalla telemedicina, fino al teleconsulto e al tele monitoraggio, permette di ottenere un preciso follow-up a domicilio dei pazienti, cui parametri vengono trasmessi ad una centrale che provvede ad inoltrarli a chi di competenza. Nei casi più gravi, la centrale direttamente allerta i sistemi di emergenza, tipo 118. Deve essere comunque chiaro che le tecnologie sono un valido strumento ma non sostituiscono in alcun modo la relazione diretta e privilegiata medico-paziente.


Un pensiero riguardo “Nella sanità si vince con prevenzione e prossimità

  1. E’ mia opinione che la gestione della pandemia ha evidenziato ancora di più l’inefficacia di avere il Servizio Sanitario gestito a livello regionale e la suddivisione in ASL/ATS/ULSS/AUSL (e tutte le altre denominazioni esistenti) in aree di competenza non facilmente identificabili, creando disorientamento tra i cittadini. Così come non è comprensibile perché una ricetta dell’Emilia Romagna non sia utilizzabile, se non a pagamento, in Toscana o che i dati del Fascicolo Elettronico di una regione non siano consultabili o trasferibili nel FSE di un’altra regione. Conclusione: fallimento della realizzazione del “federalismo” sanitario, quindi ristabilire un unico Servizio Sanitario Nazionale e/o attivare una completa interconnessione tra i servizi sanitari esistenti.

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