Casanova e i suoi silenzi sulla doppia vita del Cardinal Legato

Giunto a Bologna nel 1772, il veneziano fuggiasco salì la cordonata del Palazzo Apostolico, oggi Palazzo D’Accursio. Con Antonio Branciforte Colonna si erano ben conosciuti vent’anni prima a Parigi, quando il Principe di Scordia non era ancora prete ma solo alto funzionario papale. Lassù si erano dati molto da fare in avventure e il religioso voleva l’impegno di Casanova di non parlare mai di quelle bisbocce. In cambio avrebbe garantito la sua protezione. Il letterato promise totale discrezione

di Angelo Rambaldi, “Bologna al Centro – L’Officina delle Idee”


Giacomo Casanova nel 1772, a 47 anni, giunse per la terza volta nella capitale del nord dello Stato della Chiesa. Prese un appartamento nella casa ancor oggi esistente all’angolo tra le vie Galliera e Volturno, a quei tempi Via di mezzo San Martino.

Era già chiaro che avesse fortuna fuori dall’Italia ma molto poca nel nostro Paese. Casanova, che scriveva in francese, è considerato oggi fra i più grandi narratori europei. A Parigi la Biblioteca Nazionale custodisce i manoscritti autografi dei grandi della cultura: tra questi la copia originale e firmata della Storia della mia vita. Casanova è in compagnia di Voltaire e Pascal, per dire.

L’astio verso il veneziano e il ‘700 in generale in Italia nasce nell’800 dal nazionalismo patriottico: «…codesta vecchia Italia è sepolta da un pezzo, ma non sarebbe non so qual più tra scempiaggine rimpiangerne o, come dicono, riabilitare qualche rea memoria. L’Italia presente, purificata e trasfigurata nello splendore e dell’eroismo e del sacrificio, e quella vecchia Italia paese di imbecilli di accattoni di citaristi di cantanti e di ballerini». Chi parla così del ‘700 e di Casanova è Giosuè Carducci: premio Nobel, Poeta e letterato, non sempre buon Maestro.

Questa linea continua. Su La Repubblica è apparsa un’intervista al regista Salvatores che dà qualche anteprima al suo film Casanova: dirò solo che sgradevolmente non ha contatti con la realtà storica. Se Casanova, avvocato, fosse vivo querelerebbe Salvatores. Anche Fellini non ne capì nulla. Il più vero Casanova è quello di Marcello Mastroianni nel “Mondo nuovo” (1982) di Ettore Scola.

Ma torniamo alle due torri. Così il veneziano, nelle memorie, presenta il suo soggiorno: «…del resto, non esiste in Italia una città in cui si possa vivere con maggior libertà che a Bologna…». Qui fece amicizia con un abate che, nell’attuale via Marsala, gestiva una libreria. Un giorno l’abate gli segnalò due volumetti. Ne parlammo il 5 settembre 2020 (Casanova a Bologna contestò due docenti in difesa delle donne), qui ricordiamo la querelle contro due docenti universitari scaturita dal gesto di un religioso: il libraio si disse convinto che Casanova ne avrebbe riso. Nella Bologna papalina gli abati potevano aver miglior cognizione di giudizi su temi, come vedremo femminili, di due professori. Di cui Casanova, come al solito a corto di quattrini, decise di confutare le tesi. L’opuscolo si chiamò, significativamente, “Lana caprina”. Qualche casanovista sostiene che sia un testo proto femminista. Ne riuscì a vendere 500 copie. Oggi è introvabile.

Giunto a Bologna Casanova andò a omaggiare il Cardinal Legato, vecchia conoscenza. Salì la cordonata fino al secondo piano del Palazzo Apostolico, oggi Palazzo D’Accursio. Antonio Branciforte Colonna Principe di Scordia così lo accolse: «O finalmente, l’aspettavo». Casanova rispose: «Come potevate aspettarmi Monsignore? Niente mi obbligava a preferire Bologna ad altri luoghi». Di rimando il Cardinale, che era un siciliano: «Bologna vale più di tutti i posti del mondo».

Si giunse così al nocciolo dell’incontro. I due si erano ben conosciuti una ventina di anni prima a Parigi, quando Branciforte Colonna non era ancora prete ma solo alto funzionario papale. Lassù si erano dati molto da fare in avventure e il Cardinale voleva l’impegno di Casanova di non parlare mai di quelle bisbocce. In cambio avrebbe garantito la sua protezione nella permanenza. Il veneziano promise totale discrezione.

Bologna fu l’ultimo palcoscenico della recita di Casanova: dopo quasi vent’anni stava per rientrare a Venezia dopo la clamorosa fuga dalle prigioni dei Piombi. Il rientro si risolse malissimo. Dovette tornare a fuggire. Girò per l’Europa, lasciando ancora segni importanti del suo talento. Morì il 4 giugno 1798. Queste le ultime parole che gli sono attribuite: «Ho vissuto da filosofo, muoio da cristiano».

Tempo fa proposi di mettere una targa dove abitò per otto mesi a Bologna. Non ebbi echi. Sempre da questa pagina rifaccio la proposta con una aggiunta in omaggio al “Cantiere”. «In questa casa abitò nel 1772 Giacomo Casanova e dal … al … Aldo Balzanelli».

In copertina: Alessandro Longhi, presunto ritratto di Casanova (1774?)


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