L’apertura che tutti invocano dovrebbe significare aprirsi alla discussione, alle idee, al confronto con chi non ritiene di iscriversi a un partito, ma magari ha delle cose da dire, da proporre. E non basta dire “venite nei circoli”, occorre inventare strumenti di reale disponibilità e di cessione di sovranità che rendano concreta la partecipazione degli “esterni”. Invece sta andando in scena la consueta contrapposizione tra cordate
di Aldo Balzanelli, giornalista
Alzi la mano chi è in grado di dire, escluso l’inner circle del Pd, cosa c’è nelle due mozioni contrapposte per la segreteria provinciale del partito. In cosa siano differenti le ricette, per rilanciare un partito in stato comatoso dal punto di vista organizzativo, che si confrontano (a distanza) in riunioni che spesso non raggiungono in termini numerici neppure i membri della segreteria provinciale.
Già, perché sapete quanti sono i membri della segreteria provinciale, cioè di quello che dovrebbe essere l’organo esecutivo? Ventotto (a Modena sono 14, a Parma 16). Non si può certo dire che si tratti di un organismo snello, di rapida convocazione e consultazione. E che dire della direzione? 141 membri (a Reggio Emilia, tanto per fare un esempio, sono 58). Sembra il comitato centrale di Kim Jong-un, il dittatore nordcoreano, anche se nel nostro caso i dirigenti applaudono il segretario decisamente in modo meno compatto. Ma non finisce qui. Sono 114 i membri dell’assemblea cittadina e addirittura 450, se non ho sbagliato a contare, quelli dell’assemblea provinciale.
Si dirà: bene, più persone si coinvolgono negli organismi dirigenti e maggiore è la democrazia interna. In realtà è uno specchietto per le allodole perché organismi così affollati sono sostanzialmente inutili e inutilizzabili: basta vedere che ruolo hanno avuto nella scelta del candidato sindaco a Palazzo d’Accursio. Numeri così alti sono soltanto il segno della necessità di accontentare tutte le richieste delle diverse componenti, ma anche le aspirazioni delle singole persone. Oltre a dare la garanzia al gruppo dirigente che le cose importanti si possono continuare a decidere altrove e poi farle ratificare negli organismi di partito.
Si diceva delle due mozioni. Quella di Federica Mazzoni è più articolata. In 17 pagine però passa soprattutto in rassegna i temi nazionali, dedicando meno spazio alle questioni organizzative locali per rilanciare iscritti e partecipazione. Ribadisce la necessaria apertura alla società civile e anche a chi dissente dalla linea ufficiale, ma stenta a indicare strumenti concreti per realizzare queste sacrosante idee. Dario Mantovani invece punta tutto sulla valorizzazione dell’area metropolitana, tradizionalmente trascurata da un atteggiamento bolognacentrico, che ha contribuito ad aprire praterie elettorali al centrodestra, e sul rilancio dei circoli, bocciando, a differenza di Mazzoni, il ritorno al finanziamento pubblico dei partiti.
C’è stato o c’è un confronto tra le due mozioni? No, perché i due “contendenti” si rincorrono a colpi di interviste ma evitano di incontrarsi e scontrarsi adducendo ora questa ora quella scusa. Chissà se hanno riflettuto sul fatto che forse qualche esterno al Pd si potrebbe avvicinare a un circolo se fosse attratto da un confronto vero e non da una messa cantata. Aprirsi alla società civile dovrebbe significare anche questo.
Il confronto Lepore/Conti durante le Primarie, e soprattutto dopo le Primarie, è andato in questa direzione, smentendo (e io ero tra quelli) chi si aspettava che dopo il risultato Isabella Conti avrebbe capeggiato la fronda.
Intendiamoci, io non credo che, a differenza di quanto accade con le Primarie per i candidati sindaco, il Pd debba affidare ai simpatizzanti la scelta del segretario. Un partito ha tutti i diritti di sceglierselo al suo interno, facendo decidere gli iscritti. Altrimenti non si capisce a cosa dovrebbe servire la tessera. L’apertura che tutti invocano, ma nessuno per ora indica come articolare a livello locale (Letta lo ha fatto con le Agorà), dovrebbe significare però aprirsi alla discussione, alle idee, al confronto con chi non ritiene di iscriversi a un partito ma magari ha delle cose da dire, da proporre. E non basta dire “venite nei circoli”: occorre inventare strumenti di reale disponibilità e di cessione di sovranità che rendano concreta la partecipazione degli “esterni”.
L’elezione del nuovo segretario provinciale poteva essere l’occasione per cominciare a farlo, ma non è stata sfruttata. Anche perché, ancora una volta, il confronto non verte in realtà su temi concreti, ma sullo scontro tra due cordate (i nomi che ricorrono sono sempre gli stessi) le cui ruggini vengono da lontano e ripropongono a ogni occasione una ritualità di conflitti che nulla hanno a che fare con il futuro del Pd. La gente ha voglia di confronto, ma di confronto vero. Altrimenti ci si trova, come sta accadendo, a illustrare allo zoccolo duro dei militanti idee che non usciranno da quelle mura.
Sarebbe grave se il Pd si accontentasse di eleggere una segretaria donna (bene) che peraltro ha un altro incarico importante (è presidente del Quartiere Navile) e le affiancasse di nuovo una pletora di dirigenti inutili che consentano a qualcuno di dire con orgoglio “sono nella direzione o nella segreteria” senza tener conto che si tratta di un partito sceso nella sua roccaforte a 7.000 iscritti, con circoli (salvo qualche eccezione) semideserti. E che quando propone la segretaria di uno di questi circoli tra i più vivaci (Mery De Martino al Pratello) per la città metropolitana, la boccia senza scrupoli solo perché ha la “colpa” di aver chiesto apertura e trasparenza.
No, non si tratta di “un episodio increscioso”, come ha commentato la prossima segretaria del Pd Federica Mazzoni. È la fotografia di cos’è oggi il Pd di Bologna, che se non cambia è destinato all’estinzione.
Photo credits: Partito Democratico di Bologna
Devono prendere ordini da Roma (che a sua volta ha il compito di attuare un’agenda decisa altrove). Non possono non prendere ordini da Roma per ogni cosa rilevante. Han creato colossi autocefali dai quali ora i poteri locali sono fortemente condizionali (sia cooperative che robe come Hera -totalmente pubblica solo alcune decine di anni fa).
Per quale motivo in un contesto simile una persona intelligente e dotata dovrebbe vedere il PD come un ambito interessante in cui mettere a frutto i propri talenti? Chi resta?