“La forza della bellezza” secondo il cardinal Lercaro

Un’esposizione temporanea ripercorre per immagini il magistero dell’arcivescovo di Bologna ai tempi della Guerra fredda. Le opere d’arte della sua preziosa collezione, custodita dalla Raccolta a lui intitolata che ha sede in via Riva Reno, mettono in luce aspetti inediti. Dall’attenzione agli ultimi all’intuizione della società globale

di Ilaria Chia, giornalista e storica dell’arte, co-curatrice della mostra


«La forza della Bellezza. Il cardinale Giacomo Lercaro attraverso le opere della sua collezione d’arte». È la mostra, visibile alla Raccolta Lercaro in via Riva Reno, formata da un’accurata selezione di opere, tra dipinti, sculture e incisioni, quasi tutte provenienti dai depositi ed esposte al pubblico fino al 29 maggio 2022. 

Il 2021 segna un duplice anniversario: i 130 anni dalla nascita del cardinale e i 45 anni dalla sua scomparsa. Ancora oggi ci si interroga su quale sia il lascito di Lercaro. La sua eredità, di certo, è ben visibile nella vasta Raccolta, riunita a partire dal 1971, grazie agli omaggi degli artisti (Corrado Cagli, Aldo Borgonzoni, Pompilio Mandelli, Enzo Pasqualini, Ilario Rossi) e a numerose donazioni successive. Il suo nome rimane legato all’azione riformista svolta all’interno della Chiesa, in occasione di quella straordinaria occasione di apertura verso il mondo rappresentata dal Concilio Vaticano II. Mentre le pubblicazioni continuano a fiorire intorno al caso clamoroso rappresentato dalle sue dimissioni, seguite a un discorso pronunciato in favore della pace, nel 1968, fortemente critico verso l’intervento americano in Vietnam.

La mostra, curata da chi scrive insieme a Francesca Passerini e Claudio Calari, con la collaborazione di Sofia Gardi, intende puntare lo sguardo su aspetti del magistero di Giacomo Lercaro finora rimasti nell’ombra. Come l’attenzione agli ultimi e ai sofferenti. Esemplificata dal rapporto con il giornalista, poeta e filantropo francese, Raoul Follereau, che il cardinale definì «l’apostolo dei lebbrosi». Quest’ultimo fu più volte a Bologna, nel corso degli anni Sessanta, per promuovere la lotta alla lebbra, causa alla quale aveva deciso di dedicare la sua intera esistenza. Proprio il rapporto tra Lercaro e Follereau viene ricostruito, lungo il percorso della mostra e della collezione permanente, attraverso una serie di didascalie, riportanti alcune citazioni del cardinale e affiancate ad altrettante opere.

L’esposizione temporanea, che richiama le tematiche maggiori affrontate dal cardinale durante il suo ministero, si articola in tre sezioni. La prima è dedicata alla stagione del Concilio Vaticano II e alla temperie di rinnovamento che si riflette anche in campo artistico, dove l’idea di una Chiesa in apertura stimola nuove iconografie. Al centro della sala si colloca la terracotta di Cleto Tomba La cena del cardinale Lercaro (1960), mentre sulle pareti si possono ammirare La Crocifissione di Floriano Bodini e la Fuga in Egitto di Trento Longaretti.

La seconda sala offre uno sguardo sui temi della creatività, del lavoro e dell’ambiente. Le professioni intellettuali e quelle manuali sono rappresentate dalle opere di Emilio Ambron. Un’ampia sezione è poi dedicata alle incisioni di Giovanni Poggeschi, versatile illustratore del mondo rurale. Una realtà dimessa ma animata da uno sguardo profondo, capace di riconoscere il mistero Dio anche nelle creature più piccole, come rospi e farfalle.

L’ultima sezione ha come centro la carità e sviluppa l’attualissima tematica del diverso e del lontano, ma sempre figlio di Dio. Il bozzetto San Carlo Borromeo tra gli appestati unisce, in un filo lungo secoli, la carità ai tempi della peste manzoniana con la lotta condotta da Raoul Follereau contro la piaga della lebbra, richiamando la condizione di isolamento ed emarginazione che caratterizza le vittime di ogni pandemia. Proprio quest’ultima parte cerca di raccontare per immagini il cambiamento delle geografie, la modificazione dei concetti di «vicino» e di «lontano», che scavalca i confini e avvicina popolazioni lontane tra loro. Nel 1964 il sociologo Marshall McLuhan utilizza per la prima volta l’espressione «villaggio globale». Tre anni dopo Paolo VI pubblica l’enciclica Populorum progressio, denunciando i profondi squilibri economici del pianeta e ponendo l’attenzione sul «grido di angoscia» con il quale i «popoli della fame» interpellano i «popoli dell’opulenza». Lercaro è ben consapevole delle trasformazioni in atto. Lo dicono anche le opere d’arte entrate nella sua collezione. Come il dipinto Sul fiume Bongo Bongo di Corrado Cagli, regalo di compleanno fatto dall’artista all’arcivescovo.

Il percorso si conclude con una selezione di fotografie che restituiscono momenti significativi della vita del cardinale e affiancano l’olio su tela Crocefisso rosso (1963) del pittore ligure Bernardo Asplanato (1922-2019). L’opera è stata donata da Aifo (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) alla Fondazione Lercaro lo scorso 19 novembre.

In copertina: Cleto Tomba, “La cena del Cardinal Lercaro”, 1960, terracotta dipinta. Photo credits: Fondazione Lercaro


2 pensieri riguardo ““La forza della bellezza” secondo il cardinal Lercaro

  1. Complimenti per l’importante iniziativa. Giacomo Lercaro è stato una delle luci più vive di questa Città e di questo Paese.

  2. Straordinari contributo alla conoscenza di un personaggio unico nella storia delle chiesa moderna

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