Asp, il Comune si riprenderà parte del welfare

Il cambio al vertice dell’azienda prelude a grandi novità nella gestione dei servizi sociali

di Aldo Balzanelli, giornalista


La decisione di Palazzo d’Accursio di azzerare il vertice dell’Asp può essere letta come il desiderio del nuovo sindaco di affidare a un fedelissimo (o a una fedelissima?) la società a stragrande maggioranza comunale che gestisce gran parte del welfare cittadino. Lepore infatti avrebbe chiesto a tutti i vertici delle partecipate del Comune di mettere a disposizione i propri incarichi e nel caso dell’Asp avrebbe “semplicemente accettato le dimissioni”.

Il piccolo terremoto non sembrava nell’aria, dato che solo un mese fa la dirigenza dell’Asp aveva presentato in pompa magna il proprio bilancio di metà mandato, annunciando nel contempo le scelte strategiche per i prossimi anni. Scelte che evidentemente ora dovranno essere riviste dato che la giubilazione del vertice rappresenta un segnale inequivocabile del fatto che grandi novità sono in arrivo in un settore che negli ultimi anni ha vissuto parecchie rivoluzioni organizzative.

L’ipotesi alla quale si sta lavorando è che alcuni settori oggi gestiti da Asp tornino presto sotto la diretta gestione di Palazzo d’Accursio. Un ritorno in qualche modo al passato, ma per raccapezzarsi occorre fare un po’ di storia. Tra il 2016 e il 2017 il Comune, dopo aver unificato in un’unica Asp “Città di Bologna” le vecchie Opere Pie (Giovanni XXIII, Poveri Vergognosi e Irides), decide di metter mano al welfare del quale fino a quel momento si occupano in troppi. I servizi territoriali per minori, famiglie, adulti e anziani sono gestiti dai Quartieri. Quelli per i disabili dall’Ausl, mentre di immigrati e senza fissa dimora si occupa l’Asp. Il pronto intervento sociale infine dipende dal Comune.

Palazzo d’Accursio decide di dar vita a un servizio sociale territoriale unitario, anche per superare le diversità di intervento che avevano caratterizzato l’attività dei Quartieri, che restano sede degli “sportelli sociali” ma senza più autonomia finanziaria e gestionale. In questo quadro la giunta decide anche di trasferire ad Asp una quota consistente delle attività di welfare: i servizi in materia di emarginazione, adulta e minorile, richiedenti asilo, nomadi e pronto intervento. In cifre questo significa 40 dei 70 milioni del bilancio sociale.

Evidentemente il sindaco e l’assessore Rizzo Nervo non hanno condiviso il bilancio positivo illustrato all’inizio di dicembre dai vertici dell’Asp e hanno deciso di cambiare i cavalli che devono trainare una parte importante del welfare sotto le Due Torri.

Ma non è solo una questione di nomi. L’ipotesi alla quale si sta lavorando a Palazzo d’Accursio, anche se non sembra ancora aver convinto tutti, prevede che all’Asp restino in carico i servizi per gli anziani, la mission storica delle ex Ipab, insieme ovviamente alla gestione del patrimonio, immobili e terreni, che è di tutto rispetto. Tornerebbero invece in gestione diretta del Comune gli interventi in favore dell’emarginazione, i servizi alle famiglie, tutto quello che ha a che fare con l’immigrazione, richiedenti asilo, minori stranieri non accompagnati ecc.

Si tratta, come dicevo, di un’ipotesi complessa che tuttavia è destinata a rivoluzionare non poco il settore. Per non parlare delle implicazioni sindacali legate al personale. Forse sarebbe opportuno a questo punto cogliere l’occasione per riflettere anche sulla governance dell’Asp che attualmente è monocratica. Il ruolo politico è affidato a un amministratore unico e quello tecnico a un direttore generale. L’assemblea dei soci è poco significativa visto che le quote proprietarie sono per il 97% del Comune, per il 2% della Città Metropolitana e per l’1% della Fondazione Carisbo.

Forse, come sta suggerendo qualcuno, sarebbe opportuno prevedere una governance un po’ più articolata con, per esempio, un consiglio di amministrazione, snello ma incisivo.


2 pensieri riguardo “Asp, il Comune si riprenderà parte del welfare

  1. L’ASP non è solo del Comune che però non sembra ricordarsene.. Riusciamo a sapere come funziona e se sono vere le voci di politici dipendenti o affittuari e quali risposte la struttura da alle richieste di aiuto? Riusciamo ad avere un quadro reale e a capire perchè da anni la gestione è continuamente messa in discussione?

  2. Ho l’impressione che si ritorni a fare confusione tra politica e gestione. I gravi fatti di Bibbiano sembrano non aver insegnato che tocca alla politica fare committenza, programmazione e controllo. Le Aziende dei servizi sociali alle persone, alle famiglie e alla comunita’ sono state istituite come braccio operativo del Comune e dotate di un proprio statuto, previsto e approvato secondo la legge regionale in applicazione di quella nazionale.Il concetto di azienda implica una direzione manageriale con autonomia organizzativa e gestionale delle linee programmatiche fissate dell’amministrazione che ne verifica a fine hanno la capacità’ di realizzazione sulla base del gradimento degli utenti e dei cittadini. Ritornare a mettere in capo al comune e ai quartieri la gestione di una parte dei servizi sociali e’ un errore grave di una concezione burocratica e non di competenza tecnica.
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