Cantierebologna, un Hyde Park immaginario

Ci siamo immaginati come uno “Speakers’ Corner” virtuale: offriamo a chiunque un predellino informatico da cui arricchire il dibattito. È ovvio che non tutti i nostri corrispondenti sono Hemingway. Ma non è forse questo il sale della democrazia? Se qualcuno ha idee diverse dal casalingo di via dell’Arcoveggio che ha detto la propria opinione su temi complicati, invece che criticarci in privato rediga un articolo con le proprie corrette notizie. Saremo ben lieti di pubblicarle. Siamo qui per questo

di Giampiero Moscato, direttore cB


A un giornale, è ovvio, arrivano le lettere al giornale. O al suo direttore. Questo capita anche a “Cantiere Bologna”. C’è chi ci scrive per commentare ciò che si è pubblicato. Chi manda articoli chiedendo di essere ospitati nelle nostre pagine. Molti suggeriscono di cosa dovremmo occuparci e ci invitano a fare interviste a questo o a quella. Tanti – purtroppo – sostengono che certe cose sarebbe stato meglio non avessero spazio nel nostro sito.

Già in questa corrispondenza c’è qualcosa di strano: troppe lettere non tengono conto di un fatto essenziale. Noi non siamo un giornale nel senso classico del termine. Per i mezzi: quasi inesistenti. Per il personale: non ne abbiamo, siamo pochi volontari che fanno altro nella vita e dedicano un po’ del loro tempo ad assemblare la nostra rivista. Siamo solo un luogo di discussione e di incontro tra persone che per la quasi totalità non sono giornalisti, non lavorano insieme, non si conoscono di persona, non fanno riunioni per decidere una linea editoriale e di cosa ci si deve occupare oggi, in tempo reale. Questo lo fanno i quotidiani tradizionali, ben più potenti, importanti, strutturati.

Noi non siamo il Resto del Carlino, la Repubblica, il Corriere di Bologna. E non possiamo essere – anche se qualcuno, quando ci critica o ci suggerisce modi di trattare gli argomenti, sembra pensarlo – nemmeno Limes, né il Mulino, la Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Micromega, the British medical journal, Asimmetrie, The Economist.

Ma in realtà è la seconda “stranezza” nei rapporti che alcuni di voi hanno con noi a spingermi a questa riflessione. Verso le 8 del mattino, quando arriva in posta elettronica la nostra newsletter quotidiana, cominciano ad arrivarmi messaggi privati, nelle varie forme che l’elettronica permette, di persone con cui ci sono legami stretti e che commentano, quasi sempre in maniera tranciante, qualcosa che è appena uscito su cantierebologna.com.

Non mi disturba affatto la critica, che anzi è bene accetta. Solo che a troppi sembra sfuggire la natura intrinseca della nostra pubblicazione. Non siamo una redazione classica. Siamo un luogo di incontro. Sollecitiamo la gente che ha un’idea per la Bologna e per la Regione del futuro a scriverci perché possa essere comunicata non a noi personalmente ma alla nostra comunità: che è fatta di lettori e di scrittori insieme.

Ci siamo immaginati come un Hyde Park Speakers’ Corner virtuale: offriamo, a chiunque abbia il garbo di esprimere in maniera corretta e rispettosa un pensiero utile alla comunità, un predellino informatico dal quale arricchire con la propria oratoria, quale che sia, il dibattito pubblico. Anziché in un giardino di Londra lo abbiamo costruito nel World Wide Web, anche se il nostro www si limita alla narrazione del capoluogo di regione.

È ovvio che non tutti i nostri corrispondenti sono Hemingway, Einstein, Buzzati, Carnelutti, De Gasperi, Pasteur, Sabin, Ungaretti, Marx, Montale, Vasari, Kelsen, Fermi o Bonito Oliva. Certamente alcuni temi vengono affrontati con la più popolare sapienza del comune cittadino, senza i picchi dei Premi Nobel. Ma non è forse questo il sale della democrazia? Non è dare voce alle opinioni? E le opinioni non sono fatte proprio per essere contraddette e magari corrette? Non è dal dibattito civile e rispettoso che cresce la qualità dell’opinione pubblica?

Se qualcuno ha idee diverse dal casalingo di via dell’Arcoveggio che ha detto la propria opinione sul Passante di mezzo, sul tram, sul Covid o sull’arte, non scriva in privato ai fondatori e ai gestori del Cantiere. Soprattutto non ci chieda di evitare di pubblicare certi pezzi perché offendono la sua “scienza”: siamo nati per una ragione opposta a questa idea di giornalismo settario.

Piuttosto allestisca un commento ragionato o rediga un articolo con le proprie evidentemente più qualificate e corrette notizie. Saremo ben lieti di pubblicare un contributo utile alla discussione. Siamo qui per questo.

Molti, per fortuna, lo hanno capito. Lo facciano anche i nostri Hemingway del whatsapp mattutino.


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